La principale causa
L’afefobia o aptofobia (dal greco ἄπτω “toccare” e φόβος “paura”) è una fobia che consiste nel provare repulsione nei confronti del contatto fisico (sia dato sia ricevuto).
Il contatto con l’altro viene infatti visto dal soggetto, inconsciamente, come invasione della propria privacy e della “zona intima di sicurezza”.
Al di fuori, spesso potrebbe sembrare semplice timidezza ma, in realtà, nella maggior parte dei casi le origini sono da ricollegarsi a cause di tutt’altra natura.
La prima è la mancanza di affetto, volontaria o involontaria, durante l’infanzia da parte di uno o entrambi i genitori. Il contatto fisico da parte dei genitori, come sottolineano i pediatri, ha un ruolo davvero importante nei primi mesi di vita del bambino. Coccole, abbracci e carezze sono essenziali per uno sviluppo sano, affinché il bambino viva in modo positivo il proprio corpo e cresca sentendosi amato, protetto e fiducioso nei confronti di se stesso e degli altri.
Chi dunque, cresce privo delle manifestazioni più naturali di affetto è più probabile che inizi a soffrire di afefobia, proprio a causa di questa trascuratezza emotiva. Non essendo infatti avvezzo a determinati tipi di effusioni, rischia di provarne addirittura paura o repulsione durante la crescita e in età adulta.
Al contrario, in altri casi, il distacco fisico può avere come origine una difesa del singolo nei confronti della eccessiva invasione da parte dei genitori nella propria vita. Si ha necessità in questo caso di prendersi psicologicamente e “fisicamente” i propri spazi.
È innanzitutto un problema di fiducia
La seconda causa più ricorrente dell’afefobia, è una possibile aggressione, talvolta sessuale, subita da bambini e mai metabolizzata. Questa, potrebbe portare ad una somatizzazione del problema in età adulta. Ciò comporta una repulsione del contatto soprattutto con le persone del sesso opposto. I dolorosi ricordi fanno sì che il soggetto costruisca mura difensive molto solide tra sé e “i possibili partner”, giudicati “nemici” da cui proteggersi.
Ma è bene sottolineare che questi spazi di autonomia e queste mura difensive sono costruite non senza fatica e dolore. Non svelarsi all’altro sembra essere l’unico modo per sopravvivere e non essere danneggiati. Ma, in realtà l’unica, cosa che chi soffre davvero vorrebbe, è trovare qualcuno che sfondi quelle mura e tenda una mano in segno di aiuto.
La paura del tocco è proprio questo d’altronde: un problema di fiducia!
I sintomi dell’afefobia
Ma quali sono i sintomi dell’afefobia?
Il sociologo canadese Michel Dorais riferisce a tal proposito:
La persona avverte il tocco come eccessivo, o addirittura, doloroso; nei confronti di qualcuno del sesso opposto o in generale verso gli altri. La persona è indotta a credere che l’altro voglia costantemente toccarlo o violentarlo, per questo motivo non è molto incline ai rapporti inter-personali, arrivando ad evitare gli incontri e quindi il contatto fisico in generale.
Le sensazioni di chi viene toccato controvoglia, sono davvero intense: voglia di urlare, dolore allo stomaco, nodo in gola, reale dolore fisico, spesso tendenza all’autolesionismo. La somatizzazione dell’ansia psicologica, può avvenire anche attraverso la manifestazione di malattie della pelle come ad esempio: dermatite atopica, orticaria, pruriti, eruzioni cutanee.
Possono verificarsi anche: tachicardia, problemi di respirazione e attacchi di panico.
Rifiutare di essere toccati significa soprattutto rifiutare di entrare in contatto con il prossimo e con se stessi, con gli episodi del passato e con ciò che il corpo potrebbe svelare. Proprio per questo, per difendersi da ogni tipo di pericolo, il soggetto tende ad attuare un meccanismo di conservazione detto “evitamento”. Si evitano cioè tutte le situazioni di contatto e incontro con altre persone. Infatti nella maggior parte dei casi, l’afefobia sfocia nell’agorafobia, cioè la paura dei luoghi aperti e affollati.
L’aiuto della psicoterapia
Va da sé che sono innumerevoli le limitazioni che il soggetto si autoimpone in ogni ambito della propria vita: sfera privata, lavorativa e sessuale. Limitazioni che a lungo andare potrebbero portare al completo isolamento del soggetto e allo sviluppo di disturbi psichici molto gravi.
Sicuramente la psicoterapia può essere un valido aiuto, perché permette di individuare ed elaborare situazioni traumatiche e di riacquistare a poco a poco la fiducia nei confronti del prossimo, razionalizzando le proprie paure.
Afefobia e pandemia
Dopo più di un anno di distanziamento a causa della pandemia, tornare alla normalità è e sarà molto difficile. Siamo stati costretti a vivere in isolamento, senza poter accedere ai più comuni luoghi di aggregazione (musei, cinema, fiere, chiese) e a lavorare in smart-working.
Inevitabilmente è stata insidiata nelle nostre vite la paura di essere toccati e di toccare: persino le persone che amiamo. L’ipocondria, la paura di essere contaminati assale tuttora la maggior parte delle persone. Quando tutto questo sarà finito, sicuramente ci sarà una fetta di popolazione a cui riuscirà più facile tornare alla vita di prima; ma a quante persone rimarrà la paura di essere toccati?