Il 16 marzo 1978 in via Fani si consumava il sanguinoso agguato con il conseguente rapimento di Aldo Moro messo in atto dalle Brigate rosse
Giovedì 16 marzo 1978 il rapimento di Aldo Moro
Quella giornata, di 43 anni fa, era già politicamente storica. Per la prima volta, dal 1947, il PCI avrebbe concorso alla maggioranza parlamentare, sostenendo il nuovo esecutivo. Aldo Moro l’artefice della complessa manovra.
Aldo Moro poco prima delle 9:00 scese di casa, con il suo pacco di giornali e salì in auto, una Fiat 130 berlina non blindata, con a bordo Oreste Leonardi, maresciallo dei carabinieri ed uomo fidato della sua scorta.
Dopo qualche minuto dalla partenza in via Fani, l’auto di Aldo Moro e quella della scorta furono bloccate e bersagliate da una gragnuola di proiettili. In pochi secondi vennero uccisi cinque uomini della scorta e iniziò il sequestro di Aldo Moro.
Le vittime
In via Fani rimanevano, nelle auto crivellate dai proiettili, cadaveri in un bagno di sangue.
Le vittime furono:
- appuntato dei carabinieri Domenico Ricci (42 anni);
- il responsabile della sicurezza, maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi (52 anni);
- la guardia di P.S. Giulio Rivera (24 anni);
- la guardia di P.S. Raffaele Iozzino, 24 anni;
- il vicebrigadiere di Pubblica sicurezza Francesco Zizzi (30 anni) gravemente ferito, ma ancora in vita.
I primi soccorsi
Alle 9:03 arrivarono le prime telefonate al 113 che informavano di una sparatoria in via Fani.
Una pattuglia della polizia si recò in loco allontanando la folla radunatasi e prendendo notizie circa l’accaduto.
Secondo le informazioni ottenute all’epoca, i sequestratori si erano allontanati con una Fiat 128 bianca con targa Roma M53995; i poliziotti della pattuglia diramarono anche l’informazione che i terroristi sarebbero stati quattro e avrebbero indossato divise da marinai o da poliziotti.
Dopo pochi minuti si avviarono le ricerche con collaborazione di tutte le forze dell’ordine, si riunirono a via Fani tantissimi funzionari e dirigenti.
Roma si riempì di controlli e posti di blocco in pochissimo tempo.
La notizia che gelò l’Italia
La nazione alle 9:25 seppe dell’accaduto, tramite i vari mezzi di comunicazione di massa, il GR2 fu il primo a comunicare la notizia. Cesare Palandri disse:
“drammatica notizia che ha dell’incredibile e che, anche se non ha trovato finora una conferma ufficiale, purtroppo sembra sia vera: il presidente della Democrazia Cristiana, l’on. Aldo Moro, è stato rapito poco fa a Roma da un commando di terroristi.
L’inaudito, ripetiamo, incredibile episodio è avvenuto davanti all’abitazione del parlamentare nella zona della Camilluccia”.
L’agenzia ANSA, che quel giorno era in sciopero, ricevette una telefonata anonima.
Vennero interrotte le manifestazioni sindacali e diramati i comunicati dei Brigatisti:
“portato l’attacco al cuore dello stato, l’onorevole Moro è solo l’inizio”.
I brigatisti
I quattro brigatisti che uccisero le guardie del corpo di Aldo Moro nell’agguato di via Fani erano: Valerio Morucci, Raffaele Fiore, Prospero Gallinari, Franco Bonisoli.
All’epoca le Brigate rosse diffusero la Risoluzione strategica in cui delineavano la loro strategia di “distruzione delle forze del nemico”, passando dalla fase della propaganda armata a quella della guerra civile dispiegata, e lo scopo della cosiddetta “campagna di primavera” diveniva l’attacco alla Democrazia Cristiana, il partito-Stato. In sostanza era la strategia della tensione che avrebbe connotato l’arco di tempo dalla fine degli anni ’60 al 1980.
Il brigatista Mario Moretti affermò, poi, che fin dall’inizio Moro, per la sua statura politica, fu il vero obiettivo delle Brigate Rosse a Roma, per quanto erano previsti molti altri attentati.
Prigionia e ritrovamento di Aldo Moro
Moro venne tenuto prigioniero per 55 lunghissimi giorni. Il suo cadavere verrà ritrovato nel portabagagli di una Renault 4 solo il 9 maggio in via Caetani, poco distante dalle sedi del PCI e quella della Democrazia Cristiana.
Gela tutt’oggi il sangue, la diretta (ancora disponibile su Rai Play), dove Bruno Vespa riceve dei fogli (allora detti “veline”) di carta con i comunicati stampa e annuncia che il corpo ritrovato è proprio quello di Moro.
Una storia recente
Oggi come non mai, questa è una storia talmente recente che spesso i programmi scolastici non riescono a ricoprire con la dovuta importanza; ecco perché ho raccolto i ricordi delle persone comuni che c’erano e che hanno descritto le loro sensazioni.
Cosa provava l’Italia?
C’era chi, come lo scrittore Giorgio Di Costanzo, lavorava per 200.000 lire al mese e si è accorto di quanto accaduto solo a fine turno, quando le strade erano quasi deserte.
Salvatore Ronga (Regista e persona di cultura) racconta:
io sono tornato da scuola, erano tutti agitati in casa, spaventati. Per giorni e giorni al telegiornale non si parlava d’altro, fino a che non è stato scoperto il corpo nel bagagliaio dell’auto. Ricordo soprattutto questo tempo di attesa, lunghissimo.
Ilaria Maltiniti ricorda così:
avevo 7 anni e all’epoca il tg faceva vedere tutto, il corpo dell’autista morto, poi quello di Moro nel portabagagli. Cosa provai? Lo stesso orrore che provarono tutti gli italiani; il rapimento di Moro fu una notizia sconvolgente, quelli erano gli anni del terrorismo, dei delitti di Stato, le immagini in bianco e nero rendono benissimo. L’Italia era a cavallo tra luce ed oscurità.
Luisa Di Scala mi ha confessato che avevano tutti paura, anche se lontani dai fatti, la paura era la sensazione predominante.
Elsa Di Iorio dice che aveva pochi mesi, ma ha dei vaghi ricordi delle voci dei Tg che ininterrottamente ripetevano il nome Aldo Moro; ricorda le atmosfere di tensione in casa ad ogni tg di quel periodo. Poi dopo molti anni ha capito cosa era davvero successo.
L’armatore e politico Salvatore Lauro mi ha raccontato così i suoi ricordi:
avevo 17 anni, ero dal barbiere, in piazza Trieste e Trento ad Ischia, quando venne annunciata la notizia alla radio.
Rimanemmo tutti sconvolti.
All’epoca ero solo un ragazzo, anche se mi iniziavo ad interessare di politica, con gli anni poi la vicenda mi si è ripresenta lavorando alla commissione parlamentare d’inchiesta sul Dossier Mitrokhin, dove ho approfondito la vicenda interessandomi finanche alla discussione circa le sedute spiritiche di Prodi.
Il ricordo del presidente Mattarella
Mattarella ha ricordato così l’accaduto:
“ci separano quarantatré anni dal disumano assassinio in Roma, ad opera dei terroristi delle Brigate rosse, di Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino. Difensori dello Stato di diritto, della libertà e della democrazia della Repubblica, pagarono con la vita il mandato loro affidato di proteggere Aldo Moro, statista insigne, presidente della Democrazia Cristiana, il cui calvario sarebbe durato sino al successivo 9 maggio quando il suo corpo venne fatto ritrovare in via Caetani. Una data, quella del 16 marzo 1978, incancellabile nella coscienza del popolo italiano”.
“Lo sprezzo per la vita delle persone, nel folle delirio brigatista, lo sgomento per un attacco che puntava a destabilizzare la vita democratica italiana rimangono una ferita ed un monito per la storia della nostra comunità. Sono vite strappate agli affetti familiari da una violenza sanguinaria, sono lacerazioni insanabili. Alle vittime va un pensiero commosso e ai familiari la solidarietà più intensa, che il trascorrere degli anni non ha mai indebolito”.