Aniello Califano, il poeta “viveur”

La nascita del capolavoro ’O surdato nnammurato e l’episodio del sogno premonitore

Il mondo va avanti, “progredisce”. Qualcuno parla persino di evoluzione di questa specie umana che, per la verità, si fa fatica ad immaginare migliore; almeno rispetto al sistema valoriale che l’animava fino a qualche decennio fa.
Eppure, nonostante l’evidente dicotomia che intercorre tra una concezione positivistica dell’umanità contemporanea ed una – forse – più realistica, non priva di qualche nota di pessimismo, in questo contesto Napoli resta la perfetta metafora della via di mezzo; che nulla ha da spartire con la celebre concezione dell’in medio stat virtus; ma che invece rappresenta un esempio di civiltà che prova ad andare avanti, senza distaccarsi dalla tradizione che ne delinea la sua profonda essenza.

Anche nel calcio tutto questo trova una sua espressione; sarebbe possibile immaginare lo Stadio Diego Armando Maradona – un tempo San Paolo – senza i cori di “ultima generazione”. Ma, soprattutto, l’immancabile ’O surdato nnammurato (classico intramontabile napoletano, come ‘O sole mio), dopo una vittoria del Napoli? Ecco, modernità e tradizione si fondono.
La canzone in questione diventa, quindi, un paradigma del senso di appartenenza di questo popolo che si manifesta anche nel calcio. Celebre in ogni angolo del mondo, ‘O surdato nnammurato è scritta dal grande poeta Aniello Califano, la cui vicenda umana è costellata di successi e avventure.

Il poeta nella Napoli della Bella Époque

Nato a Sorrento nel 1870, il padre era proprietario di una ricca azienda agricola, la madre una nobile sorrentina.
A soli diciotto anni, Califano si trasferisce a Napoli per studiare, ma l’ambiente del Café Chantant e il fascino di quelle meravigliose cantanti “rapiscono” il giovane Aniello e lo allontanano dall’Università.

In realtà la vicenda artistica e poetica di Califano non nasce in relazione all’ambiente della Napoli della Bella Époque; ma la sua avventura di poeta comincia in un vicoletto alle spalle di Piazza Carità, chiamato “‘ncopp’ ê chianche“, nella zona delle macellerie, quindi. Lo studente sorrentino debutta nel mondo della canzone con ‘A surrentina, Voglio Sisca’ Chiarastella, inaugurando così una serie di successi importanti, quali Serenata a Surriento, Tiempe belle, ‘O mare ‘e Margellina e su tutti, ovviamente, ’O surdato nnammurato.
La famiglia abita a San Lorenzo di Pagani e il padre, appurata la condotta di viveur del figlio, si precipita a Napoli, nel tentativo di ricondurre Aniello all’Università. Non ci riesce. Soltanto qualche anno dopo il poeta dà ascolto al genitore e proprio a San Lorenzo di Pagani finalmente trova moglie, dalla quale ha tre figli.

Il sogno premonitore di Aniello Califano

C’è un episodio singolarissimo nell’esistenza di Califano: una notte il Califano sogna il padre, scomparso da poco, che gli rivela che avrebbe avuto soltanto due o tre anni di vita; per cui sarebbe stato opportuno l’agognato ritorno in famiglia, dopo l’ennesima reiterazione di condotte libertine. Mistero dei sogni, Aniello Califano muore tre anni dopo, forse di vaiolo contratto a Roma, dove il poeta si era recato per offrire all’allora Presidente degli Stati Uniti d’America, Thomas Wilson, una sua raccolta di poesie. Nonostante lo straripante successo di ‘O surdato nnammurato, è proprio nei versi della sopraccitata Tiempe belle che l’elegia della sua poesia esprime quella melanconia distintiva della grande Canzone Napoletana che, essendo uno straordinario fenomeno sociale, oltre che strettamente musicale, racconta i cambiamenti del tempo; in un’ottica di nostalgia verso un’epoca che giunge al crepuscolo:

Tiempe bbelle na vota,

tiempe bbelle addò state?

Vuje ce avita lassato,

ma pecché nun turnate…?!

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