Per Astra Zeneca, rifletto su certi aspetti che ultimi accadimenti hanno evidenziato, sotto molteplici contesti. Nessuno, credo, è tenutario della verità assoluta, ma, ai nostri giorni, l’attendibilità di fatti e affermazioni dovrebbe essere il risultato di conoscenze reciproche e opinioni, rapportabili ai rispettivi punti di vista. Al cospetto di chi ritiene di essere il solo ed unico depositario di obiettività, coerenza, autenticità e realtà, è abbastanza verosimile pensare di essere incappati in una persona presuntuosa, pervasa da pregiudizi.
Pregiudizi – nella migliore delle ipotesi – finalizzati a offuscare tutto ciò che non è in linea con le preclusioni che ne ottenebrano la visione dell’oggettività. È come se l’intelletto si muovesse in una nebbia, talmente fitta da impedire valutazioni diverse dalle proprie.
È un dato di fatto: chi è pervaso da pregiudizi esclude ed elimina chiunque non ne condivide pareri e convinzioni.
Nascono, così, l’insolenza e l’arroganza che sono le nemiche giurate del confronto e del dibattito seppellendone, definitivamente, ogni possibilità di equilibrio, ma evidenziando solo contrasti e impedimenti.
Eppure, differenze e diversità dovrebbero essere una fonte di arricchimento e sviluppo, se gestite con sensata opportunità.
Astra Zeneca. Una voce o un lamento?
Così, mentre considero ed osservo resto, nonostante il tempo, ancora meravigliato dall’incedere di dubbie sicumere.
Ad un tratto mi è parso di sentire una specie di invocazione. Ero solo e ho continuato a pensare.
Ad un certo punto, però, davvero la voce: “Sono in giro a chiedere asilo”.
Mi sono voltato. Una donna, dai lineamenti decisi e dal portamento sicuro. una figura assolutamente determinata, elegante e sobria. Le vesti, tuttavia, erano stracciate, lise, bisunte, ma ancora facevano trasparire e intendere l’ottima qualità con la pregevole fattura che ne denotavano lo stile, la classe e la costumatezza di un tempo. L’ho guardata perplesso e lei:” Ero…sarei…forse sono ancora la giustizia”.
Ed è sparita.