La candidatura al Nobel per la Pace
Dalai Lama, Madre Teresa di Calcutta, Obama e Trump: cosa mai possono avere in comune? Il premio Nobel per la pace, o almeno la candidatura ad esso. Tybring-Gjedde, membro del Parlamento norvegese, ha proposto l’attuale presidente americano Donald Trump per tale onorificenza. Il parlamentare di estrema destra ha espresso la sua ammirazione nei confronti di Trump per il suo ruolo nella normalizzazione dei rapporti tra gli Emirati Arabi Uniti (EAU) e Israele. «For his merit, I think he has done more trying to create peace between nations than most other Peace Prize nominees», ha detto a Fox News. Donald, dunque, sembrerebbe aver fatto più di molti altri per creare la pace nel mondo, secondo il suo sostenitore. E come ha reagito lui? Con un semplice «Thank you!» postato sul suo profilo Twitter. Non bisogna dimenticare che questa non è la prima volta che il nome del magnate a stelle strisce compare tra le proposte di candidatura per il Nobel per la pace. Nel 2018 sempre Tybrin-Gjedde aveva proposto per la prima volta Trump per il suo impegno nel tentativo di riconciliare Nord e Sud Korea.
Gli altri presidenti americani Nobel per la pace
Non sarebbe certo la prima volta che la candidatura ricada su un presidente americano e che magari vincesse il Premio Nobel. Era successo nel 2009 con Barack Obama per il suo sforzo nel rafforzare la pace e la diplomazia internazionali (“for his extraordinary efforts to strengthen international diplomacy and cooperation between peoples” https://www.nobelprize.org/prizes/peace/2009/summary/). Lo stesso avvenne per Al Gore, 45° presidente a stelle e strisce, vincitore del Nobel per la difesa dell’ambiente.
Proprio in merito alla vittoria del premio da parte di Obama, nel 2013 Trump si indignò con i suoi followers chiedendo che gli fosse tolto. Ma non finì lì: nel 2019 rincarò la dose dicendo che il suo predecessore aveva ricevuto un tale onore e non sapeva nemmeno per cosa. Polemica, invidia o “accusa” fondata?
Perché è stato candidato proprio Trump?
Ma da cosa scaturisce la candidatura di Donald Trump al Premio Nobel per la pace? Il 13 agosto proprio lui aveva annunciato la normalizzazione dei rapporti tra gli Emirati Arabi Uniti e Israele. Si era fatto principale intermediario tra i due “contendenti”. «Su richiesta del presidente Donald Trump, col sostegno degli Emirati Arabi, Israele sospenderà la dichiarazione di sovranità sulle aree indicate nel piano di pace Usa e concentrerà i suoi sforzi sull’espansione dei suoi legami con altri Paesi nel mondo arabo e musulmano» ha scritto il presidente americano su Twitter. La trattativa, infatti, ha visto come punto centrale la questione della sovranità di Israele su una parte della Cisgiordania: con questi accordi non ci sarà nessuna annessione. Questa normalizzazione implica, dunque, che un altro paese, dopo Egitto e Giordania, riconosca lo stato di Israele.
La trattativa
La trattativa vede coinvolti il principe ereditario di Abu Dhabi, Mohamed bin Zayed, il premier Benjamin Netanyahu e Jared Kushner, consigliere di Trump ma anche marito di sua figlia Ivanka. Ed infatti la firma degli accordi potrebbe avvenire a breve proprio alla Casa Bianca. Il ruolo della famiglia Trump non è dunque di poco conto: la loro presenza si è fatta molto sentire. Per i due paesi medio-orientali sostanzialmente cambia poco: la svolta decisiva di questo accordo potrebbe aversi nel momento in cui altri seguissero l’esempio degli Emirati Arabi Uniti, ma questo risultato sembra essere ancora lontano nel tempo. Ciò che è certo è che l’amministrazione Trump assume un ruolo importante: non dà più inizio ai conflitti ma cerca di risolverli, fa sentire la sua presenza in un accordo che sulla carta non riguarda la propria nazione. Trump non solo punta all’egemonia economica del suo paese ma anche a una crescente importanza nella politica estera degli altri.
La vittoria di Donald Trump è lampante e ciò che ne risulta è una candidatura a uno dei premi più importanti al mondo: il Nobel per la pace.