Tra il 2 e il 3 maggio 1815 fu combattuta la Battaglia di Tolentino, culmine del primo tentativo di unificazione dell’Italia, partito dal Sud
Siamo abituati a pensare all’Unificazione Italiana come ad un movimento che, partito dal Nord, si è propagato per tutto la Penisola.
In questa visione, il Meridione sarebbe stato sostanzialmente passivo, ad esclusione di pochi nuclei di patrioti.
Il primo tentativo di unificazione dell’Italia è partito dal Sud, durante il periodo napoleonico e il suo momento culminante fu la Battaglia di Tolentino.
Un evento poco noto ma particolarmente significativo. Scopriamone di più nel prosieguo dell’articolo.
Come scoppiò la guerra austro-napoletana?
Il Regno di Napoli dichiarò formalmente la guerra all’Impero Austriaco il 15 marzo 1815, cinque giorni prima che Napoleone Bonaparte entrasse trionfalmente a Parigi, dando così inizio al suo ultimo tentativo di dominare la Francia, e l’Europa, con i suoi Cento Giorni.
Gioacchino Murat (Sovrano di Napoli dal 1º agosto 1808) optò per il conflitto armato perché il Congresso di Vienna, dove si stava decidendo la sistemazione dell’Europa post napoleonica, non era intenzionata a mantenerlo sul trono.
Ad occuparsi delle manovre anti murattiane era Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, all’epoca il rappresentante francese presso l’assise diplomatica più importante del XIX Secolo.
Comprato da Ferdinando IV di Borbone con il conferimento del Ducato di Dino, e vari emolumenti, il potente diplomatico portò il Congresso ad orientarsi verso una Restaurazione dei Borbone (che si trovavano a regnare sulla sola Sicilia, grazie alla potenza navale britannica).
Murat si sentiva sempre più insicuro e visto che il suo antico compagno d’arme, Napoleone, era riuscito a sbarcare incolume il 1º marzo nei pressi di Cannes, decise che il momento era giunto per un fait accompli.
Riunificare l’Italia dal Meridione
La meta era segnata: tentare la Riunificazione dell’Italia partendo dal Sud. Il Regno di Napoli, non tenendo conto delle isole, era lo Stato Italiano con le dimensioni maggiori e con la popolazione più ampia.
Con queste premesse e con il prestigio militare di Murat, perché l’esercito partenopeo avrebbe dovuto fallire?
I nemici erano numerosi, in pratica tutta l’Europa della Restaurazione ma Gioacchino Murat non era tipo da arrendersi facilmente.
Il Proclama di Rimini
Dopo una rapida avanzata, le truppe napoletane, guidate dal loro sovrano, raggiunsero Rimini.
Proprio in questa città, il 30 marzo fu promulgato il celebre Proclama di Rimini, con il quale si chiamavano a raccolta i patrioti italiani per scacciare tutti insieme lo straniero invasore.
Documento di grande valore morale e storico, attestante i sentimenti unitari di tanti valorosi italiani.
L’episodio decisivo di Occhiobello
Se fino a quel momento l’avanzata era stata fulminea, una prima battuta di arresto avvenne con lo scontro occorso ad Occhiobello, tra l’8 e il 9 aprile.
I napoletani persero circa 2000 soldati e la possibilità di attraversare con successo il Po.
Inoltre, anche la Gran Bretagna era scesa in guerra contro l’odiato figlio della Rivoluzione Francese.
Napoli era in guerra su tutti i fronti. Murat, proprio in quel delicato frangente, perse la testa.
Gli austriaci divisero le loro forze per circondare le forze napoletane.
Proprio per questo motivo, le forze imperiali schierarono tre colonne, guidate rispettivamente da von Neipperg, Bianchi e Nugent-Westmeath.
La Battaglia di Tolentino
Quella che è passata alla Storia come Battaglia di Tolentino (tra il 2 e il 3 maggio 1815) fu combattuta nei pressi di Pollenza, nelle attuali Marche, tra Macerata e Tolentino.
Federico Bianchi, di chiare origini italiane, guidava le truppe austriache forti di 11.938 soldati di fanteria, 1.452 cavalieri e 28 cannoni a canna liscia.
I napoletani, invece, misero in campo le seguenti forze: 4.790 cavalieri, 25.588 soldati e 58 cannoni.
Nel pomeriggio del 3 maggio, la battaglia non era ancora stata decisa per nessuno dei due contendenti.
Furono dei messaggi che giunsero al Re di Napoli che cambiarono tutto.
Colonne austriache stavano avanzando verso Sud ed elementi filoborbonici avevano iniziato delle insurrezioni in Calabria e in Abruzzo.
Tutto poteva essere ancora salvato ma Murat, come abbiamo scritto più sopra, perse la testa per sete di potere e così perse tutto.
I napoletani contarono 1.800 tra feriti e morti e circa 2000 di loro caddero prigionieri degli austriaci.
Quello che era iniziato come uno splendido e nobile sogno si stava concludendo in una terribile farsa.