A Napoli il caffè è cultura
Solo a Napoli poteva nascere l’usanza del caffè sospeso. Entri in un bar, sorseggi del caffè nero, bollente, ristretto, in una tazza di ceramica o di vetro ben calda, appoggi il cucchiaino intriso dell’oro nero su parte del bordo, bevi prima un po’ d’acqua e poi ne ordini un altro ma non lo berrai tu verrà offerto alla persona che entrando chiederà un buon caffè da degustare. L’usanza, così generosa da essere tipica del popolo napoletano, si è estesa nel corso degli anni anche ai libri, in modo da poter garantire cultura a tutti.
Il caffè nella città partenopea è un momento d’incontro davanti al quale si discute di lavoro, si progetta una vacanza, si parla del supermercato sotto casa che ha tanti prodotti in offerta. Il caffè a Napoli è una scusa per incontrare un amico, per invitare una donna la prima volta a trascorrere del tempo con te, si, perché la cena diventa impegnativa, mentre il caffè con le sue tempistiche ti permette di velocizzare gli appuntamenti sgraditi e di rallentare quelli piacevoli. Il buon caffè è preso a tutte le ore, perché per molti napoletani anche a tarda sera si sorseggia, sfidando l’insonnia.
Anche in carcere c’è il caffè sospeso o meglio quello di “Cicciolina”, l’usanza vecchia assai che prevede che i nuovi giunti negli istituti di pena una volta entrati in cella e aver scambiato due chiacchiere con il proprio cellante hanno diritto al caffè preparato sul fornellino a gas a fiamma bassa, con la macina presa direttamente dal barattolo senza cucchiaino, con l’acqua in bottiglia.
È il caffè di “Cicciolina” perché in modo scherzoso chi lo prepara indossa un grembiule da donna e lo offre come se fosse una vera massaia con le movenze più femminili possibili. È sempre l’ora del caffè, anche quando chiuse le luci nelle celle, una piccola fiamma fa bollire lentamente quello che nella maggior parte dei casi, nasce dalle piantagioni brasiliane e viene adottato dalla città partenopea e il suo profumo emana fino ad arrivare alle abitazioni circostanti la struttura carceraria.
Il caffè a Napoli è un culto e quando un cliente ordina un caffè sospeso si trova a pagarne due, anche per la persona bisognosa che entra nel bar dopo di lui. Lo scrittore Luciano De Crescenzo ha addirittura raccolto una serie di aneddoti sul tema, intitolandoli Il caffè sospeso. Questa pratica grazie alla tostatura, alla tradizionale “cuccumella” e al suo inconfondibile profumo è soprattutto gesto di solidarietà, convivialità e socialità. Come asseriva De Crescenzo “il caffè sospeso è come offrirlo al resto del mondo”, così viene descritta questa abitudine tutta partenopea.