Ci sono cani che hanno fatto la storia, a volte per la loro fedeltà, altre volte per il loro coraggio
Vi propongo una carrellata di cani che hanno lasciato il segno, alcuni li avrete già sentiti; altri, invece, vi sorprenderanno con la loro vita.
Argo e Peritas
Qui parliamo di storia che, a tratti, si mescola con il mito. Argo era il cane di Ulisse, l’eroe cantato nell’Odissea da Omero. Di lui sappiamo poco, ma abbastanza per apprezzarne la straordinaria fedeltà. Attese, per dieci anni, il ritorno ad Itaca del suo padrone e quando (ormai malato e anziano) lo rivide, morì felice tra le sue braccia.
Peritas, invece, era il cane di Alessandro Magno, coraggioso e fedele compagno di battaglia, di cui raccontano Plinio il Vecchio e Plutarco. La leggenda narra che si sia conquistato la fiducia del re lottando a testa alta contro un elefante enorme e un leone ferocissimo. Plutarco scrive che, alla morte di Peritas, Alessandro Magno gli dedicò il nome di una città e organizzò per lui uno sfarzoso funerale.
San Guinefort
Anche in questo caso folklore e storia si fondono. Guinefort era il nome di un levriero vissuto nella Francia del tredicesimo secolo. Era il cane di un cavaliere che un giorno, rientrando al castello, lo trovò nella stanza del figlio appena nato, con il muso tutto sporco di sangue. Il piccolo bimbo non c’era e l’uomo pensò che il levriero lo avesse sbranato, così senza pensarci due volte lo uccise. Subito dopo, però, trovò il figlio sano e salvo, nascosto sotto una coperta, e accanto a lui una vipera morta, ammazzata proprio dal coraggioso Guinefort.
Il cane, quindi, non aveva ucciso il bambino, ma lo aveva difeso e protetto. Il cavaliere tributò al povero levriero l’onore di una sepoltura sfarzosa e negli anni la sua tomba si riempì di doni offerti dalla gente. Molte persone, infatti, si convinsero della santità del cane, che compiva miracoli soprattutto per proteggere i bambini. Da qui il nome di San Guinefort.
Laika, Belka e Strelka: cani nello spazio
Negli anni Cinquanta e Sessanta il programma spaziale russo fece ampio uso degli animali, soprattutto cani, a fini di sperimentazione. Laika, Belka e Strelka sono i tre esponenti più famosi e meritano davvero l’appellativo di cani storici.
Laika era una meticcia russa ed è passata alla storia per essere il primo essere vivente a compiere un volo orbitale intorno alla Terra. In realtà il vero nome della cagnolina era Kudrjavka: il nome con cui è nota in Occidente deriva da un fraintendimento tra un giornalista occidentale ed una delle responsabili della missione. Alla domanda del giornalista su quale fosse il nome del cane, la responsabile rispose riferendosi alla razza: “Laika”. I Laika sono infatti cani siberiani molto simili agli Husky.
Laika venne imbarcata sullo Sputnik-2 il 3 novembre 1957, capsula che una volta lanciata nello spazio non era però programmata per tornare sulla terra. La piccola Laika, infatti, non sopravvisse all’esperimento. Nel 1998 Oleg Gazenko, lo scienziato responsabile del lancio dello Sputnik-2, si dichiarò rammaricato per il sacrificio di Laika, risultato poi del tutto inutile dal punto di vista scientifico.
Più fortunati furono Belka e Strelka, che nello spazio ci rimasero solo una giornata, il 19 agosto 1960, orbitando per ben 18 volte intorno alla Terra, per poi rientrare sani e salvi.
Balto: il cane eroe
Tutti hanno sentito nominare Balto, se non altro per il famosissimo lungometraggio animato dedicatogli da Spielberg nel 1995. Balto era un Siberian Husky, nato nel 1919 in Alaska e vincitore di numerose corse da slitta. La storia che l’ha reso famoso è, però, legata ad un’epidemia di difterite scoppiata nel gennaio del 1925 in Alaska, a Nome. La gente moriva soprattutto a causa della mancanza dell’antitossina. Nome era isolata dal mondo, irraggiungibile con mezzi tradizionali come aerei e treni, ed è qui che entrò in gioco Balto.
Venne organizzata, utilizzando le slitte con i cani, la Corsa del Siero. Venti mute di cani che percorsero a staffetta oltre 500 chilometri, quella guidata da Balto arrivò a coprire oltre 135 chilometri. Il tutto avvenne in mezzo alla neve, a 40 gradi sotto lo zero, ed in soli 5 giorni. Un’impresa eroica e straordinaria che è rimasta nella storia, tanto che al Central Park di New York c’è una statua celebrativa di Balto.
Hachiko, Fido, Bobby e Shep: fedeltà oltre tutti i limiti
La storia di Hachiko (1923-1935) è conosciuta da tutti grazie ad un famoso film con protagonista Richard Gere. Hachiko, un bellissimo Hakita Inu, ogni giorno accompagnava e andava a prendere il suo padrone Hidesaburo Ueno, un professore universitario, alla stazione Shibuya. Nel 1925 il professore morì durante il viaggio in treno a causa di un improvviso ictus e non fece più ritorno a casa. Ma il cane continuò ad andare alla stazione ogni giorno ad aspettarlo, per ben dieci anni, fino alla sua morte. Dalla morte di Hachiko, all’ingresso della stazione di Shibuya, è presente un monumento in bronzo che lo ritrae. Ed ogni anno, l’8 Aprile, si tiene una cerimonia in suo onore. Il suo corpo fu esposto al Museo Nazionale di Natura e Scienza e conservato con la tecnica della tassidermia. Inoltre, alcune ossa furono sepolte accanto alla tomba del suo padrone nel cimitero di Aoyama.
Praticamente identica la storia di Fido, un pointer inglese, vissuto a Luco del Mugello tra il 1941 ed il 1958, adottato da Carlo Soriani, un operaio delle Fornaci Brunori di Borgo San Lorenzo. Fido ogni giorno aspettava il suo padrone alla fermata dell’autobus con cui tornava dalla fabbrica, ma nel 1943 le fornaci furono bombardate e Carlo perse la vita. Fido non riuscì ad accettare la scomparsa del suo amato padrone, tanto che per ben quattordici anni continuò a presentarsi alla fermata del bus, ad attenderlo. Gli venne conferita una medaglia d’oro civile e, dopo la sua morte avvenuta il 9 giugno 1958, in sua memoria venne realizzato un monumento in bronzo. Fu sepolto nel cimitero di Luco dove riposa anche il suo padrone.
Anche Shep, un border collie vissuto negli anni Quaranta negli Stati Uniti, aspettò per 5 anni, alla stazione di Fort Benton, per veder tornare il treno con il suo inseparabile padrone ormai morto. Bobby, invece, un terrier di Edimburgo (1850), fece la guardia alla tomba del suo padrone per ben quattrodici anni.
Caffaro, Rags e Stubby
Caffaro è stato un bulldog “garibaldino”, noto per aver preso parte alla battaglia di Ponte Caffaro nel 1866, a cui deve il suo nome. In quell’occasione colpì con potenti morsi il tenente austriaco Suchonel e il capitano boemo Ruzicka.
Rags, un cairn terrier, invece, fu la mascotte della 1° divisione di fanteria statunitense durante la Prima guerra mondiale. Divenne famoso, durante l’offensiva della Meuse-Argonne, per essere riuscito a consegnare importantissimi messaggi nonostante i bombardamenti con i gas lo avessero reso quasi cieco, salvando così la vita a tantissimi soldati.
Il più decorato ed importante tra i cani battaglieri, però, è senza dubbio Stubby. Anzi: il sergente Stubby. Mascotte ufficiale del 102nd Infantry Regiment dell’esercito statunitense. Ha preso parte a diciassette battaglie durante la prima guerra mondiale e ha prestato servizio per ben diciotto mesi. Il suo padrone era il caporale James Robert Conroy, insieme parteciparono a numerose azioni militari, durante una di queste salvò la sua compagnia da un attacco di gas velenosi e catturò una spia tedesca nelle Argonne. Grazie a questo suo eroismo il Presidente degli Stati Uniti gli diede la promozione a sergente. Stubby è stato il primo e unico cane a ottenere un grado. Dopo la sua morte nel 1926, il New York Times stampò un annunzio funebre di mezza pagina che raccontava tutta la sua vita ed i suoi grandi successi.
Il caporale donò i resti di Stubby alla Smithsonian Institution nel 1956. Nel maggio 2018, invece, in memoria dello straordinario cane è stata esposta una statua di bronzo chiamata “Stubby Salutes” al Veterans Memorial Park a Middletown, nel Connecticut. La vita di Stubby è stata oggetto di un film d’animazione del 2018: “Sgt. Stubby. An American hero” , e di circa quattro libri.
L’amore, la fedeltà e la lealtà dei cani
I cani sono creature meravigliose, angeli senza ali, capaci di fare cose straordinarie: salvare la vita degli altri, amare incondizionatamente, essere fedeli e leali oltre ogni limite, così come dimostrano le 14 storie raccolte in questo articolo. Concludo con una frase di un famosissimo film di David Frankel, “Io & Marley“:
“Un cane non se ne fa niente di macchine costose, case grandi o vestiti firmati. Un bastone marcio per lui è sufficiente. A un cane non importa se sei ricco o povero, brillante o imbranato, intelligente o stupido. Se gli dai il tuo cuore, lui ti darà il suo”.