Come ascolti la musica? Spotify? YouTube? iTunes? 42 anni fa il mondo ha avuto il suo primo assaggio di quello che sarebbe diventato uno dei dispositivi musicali più importanti della storia: il compact disk (CD)
Era il 1979 quando fu inventato il compact disk. In un’epoca in cui non esisteva ancora la musica online, il CD divenne il modo più sofisticato per immagazzinare e riprodurre musica.
Le aziende elettroniche Philips e Sony si unirono per iniziare a lavorare sui CD per il pubblico, un disco di archiviazione sottile, lucido e circolare, che poteva contenere circa 80 minuti di musica e poteva essere messo in un lettore CD per riprodurre la musica ad alto volume.
Il primo CD di prova fu stampato ad Hannover, in Germania, dallo stabilimento Polydor Pressing Operations nel 1981. Il disco conteneva una registrazione del brano Eine Alpensinfonie di Richard Strauss, suonato dalla Filarmonica di Berlino e diretto da Herbert von Karajan. La prima dimostrazione pubblica fu nel programma televisivo della BBC Tomorrow’s World quando fu suonato l’album Living Eyes del 1981 dei Bee Gees.
I compact disk sono stati resi disponibili al pubblico soltanto nel 1982 diventando rapidamente il modo più efficiente di conservare la musica facendo cadere in disuso vinili e cassette.
I vantaggi erano molteplici, i dischi in vinile erano molto più grandi e si potevano rompere facilmente, mentre nelle cassette una volta finito un lato, lo si doveva capovolgere per avere altre canzoni sull’altro lato. Anche se le cassette erano piccole, i CD divennero presto più popolari perché si poteva passare direttamente alla canzone che si voleva ascoltare.

Il declino del CD: dal compact disk allo streaming
Nel 1995 i CD erano il principale formato dei media musicali, superando le vendite del vinile alla fine degli anni ’80 e delle cassette nel 1993.
In quegli anni, però, se volevi fare un mix personalizzato o fare una copia per i tuoi amici, lo facevi ancora su cassette. Solo due anni dopo, questo processo avrebbe iniziato a cambiare.
Stranamente però, il formato digitale del CD ha accelerato la sua stessa caduta. Alla fine degli anni ’90, i prezzi delle unità CD-ROM per computer erano scesi e il software per estrarre l’audio dai CD e convertirlo in file WAV e MP3 – ovvero il ripping – era facilmente disponibile. Alla fine del decennio, potevi semplicemente prendere la musica salvata nei CD e, cosa forse più importante, condividerla con altri in tutto il mondo attraverso reti di condivisione peer-to-peer non del tutto legali come Napster.
L’MP3 e il servizio di download musicale hanno cambiato per sempre il mondo della musica. Cominciarono a spuntare siti legali per il download di MP3 come eMusic e Rhapsody lanciò il primo servizio di streaming musicale on-demand subito dopo la fine del secolo.

E ora…?
In mezzo a tutti i discorsi sullo streaming musicale e sulla rinascita del vinile (con i dischi che superano i compact disc per la prima volta in quasi tre decenni), il continuo crollo delle vendite di CD non ha ricevuto molta attenzione negli ultimi anni.
Secondo la Recording Industry Association of America (RIAA), le vendite di album su CD negli Stati Uniti sono calate del 97% dal picco del 2000 e sono attualmente al loro livello più basso dal 1986, quando l’album di debutto di Whitney Houston è stato in cima alle classifiche di Billboard.
Colpito dall’ascesa del filesharing e dei lettori MP3 nei primi anni 2000, le vendite dei compact disc si sono quasi dimezzate tra il 2000 e il 2007, cioè quando gli smartphone e i primi servizi di streaming musicale sono emersi per mettere il chiodo finale sulla piccola bara rotonda del compact disc.
Nel 2020, 31,6 milioni di album su CD sono stati venduti negli Stati Uniti (vendite calate del 95% dal 2000), rappresentando meno del 4% dei ricavi dell’industria musicale e raggiungendo il livello più basso mai registrato dal 1986.
Dire che i CD hanno perso il loro fattore cool è un po’ un eufemismo!