Odissea Whirlpool: chiusura stabilimento Napoli entro ottobre

La multinazionale statunitense annuncia la chiusura dello stabilimento di Napoli per il 31 ottobre

Un anno e mezzo da quella “X” rossa

Chiusura stabilimento Napoli ottobre, entro domani 31: tutto ha inizio 18 mesi fa, il 31 Maggio del 2019. La Whirlpool dichiara di voler chiudere lo stabilimento di Via Argine, nel cuore industriale di Napoli. Lo annuncia a 420 lavoratori diretti, senza contare l’indotto che ammonterebbe a circa altri 600 lavoratori, per un totale di quasi 1000 famiglie, con una slide con su una “X” rossa. Da quel momento le lavoratrici e i lavoratori dello stabilimento, non hanno mai smesso di lottare. Le motivazioni della multinazionale produttrice di elettrodomestici, sono da addurre ad una presunta inefficienza del sito produttivo e ad una contrazione del mercato delle lavatrici prodotte nel sito di Napoli.

I primi colpi dopo la crisi

In realtà questa storia ha radici ben più lontane che affondano nel periodo 2010-2011. Dopo la grave crisi industriale del 2008 arrivano le prime richieste di solidarietà ai lavoratori che si vedono progressivamente ridurre i salari e l’orario di lavoro. Molti di questi hanno dovuto iniziare a bruciare i loro risparmi, qualcuno ha avuto accesso a prestiti ed altri ancora hanno avuto accesso ad un anticipo sulla buon’uscita. Di fatto questi sacrifici non sono bastati a cambiare l’atteggiamento predatorio della Whirlpool che il 25 Ottobre del 2018 firma con il Mise e l’allora Ministro Di Maio un accordo su un piano industriale triennale da 250 milioni di euro. Fondi pubblici da destinare a Whirlpool Italia.

Un cadeau dall’Italia

L’accordo siglato insieme ai Sindacati (Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm-Uil e Ugl), prevede che l’investimento sia destinato al potenziamento degli impianti industriali sul territorio nazionale. In cambio il ritorno in Italia della produzione delocalizzata di alcuni prodotti e il divieto di esuberi per il gigante statunitense fino al 2021. Allo stato attuale, più che di accordo potremmo parlare di “regalo” di fondi pubblici, visto che nessuno di questi accordi è stato rispettato. Gli investimenti nell’innovazione tecnologica promessi per aumentare la produttività non si sono mai concretizzati, già un anno dopo l’accordo sono stati annunciati i 420 esuberi dello stabilimento di Via Argine. Ovviamente le produzioni delocalizzate in Est Europa non sono mai ritornate in Italia.
Nel frattempo il Governo “giallo-verde” nella figura di Di Maio, si è limitato prima a minacciare di ritirare i fondi pubblici destinati all’azienda che fino ad ora ha già incassato ben 50 milioni di euro.

Riconversioni “truffa” e iniziative popolari

Nel tempo, sul tavolo di crisi sono giunte diverse proposte di cessione del ramo d’azienda per la riconversione. La più eclatante è sicuramente quella della P.R.S. (Passive Refrigeration Solution), una misteriosa startup con sede a Lugano, in possesso soltanto di un brevetto per il trasferimento di derrate alimentari e di un capitale sociale di 200mila euro. Per fortuna gli operai non hanno smesso di mobilitarsi, di presidiare il Mise durante i tavoli, di partecipare ai cortei degli studenti al grido di “Napoli non molla!” e “Napoli torna al lavoro!”. Uno stato di agitazione permanente dove non sono mancati i momenti di solidarietà della cittadinanza e le iniziative come quella di Potere al Popolo. L’organizzazione politica, ha seguito la vertenza sin dall’inizio lanciando poi un appello insieme ai lavoratori, sottoscritto da diversi esponenti della società civile, per istituire un vero e proprio comitato cittadino intorno alla vertenza.

Nessuna sorpresa

Intanto il Governo Conte I, è diventato il Governo Conte II, ma l’atteggiamento del Mise e del nuovo Ministro Patuanelli, non è cambiato. La linea neoliberista dello Stato come semplice mediatore nelle crisi industriali, si è rivelata ancora una volta fallimentare. Dopo svariati altri tavoli per trovare una riconversione dello stabilimento, non voluta né dagli operai né dai sindacati, si arriva all’ultimo incontro tenutosi lo scorso 22 Ottobre con la presenza di Patuanelli, del Ministro per il Sud Provenzano e delle sigle sindacali. Qui la Whirlpool conferma, coerentemente con quanto detto fino ad allora, la volontà di chiudere entro il 31 Ottobre.

“Una decisione grave e inaccettabile” per Provenzano, “si mete in discussione la credibilità stessa del piano industriale”. Patuanelli invece cade dalle nubi e dichiara: “io personalmente ero convinto che ci fossero le condizioni per continuare”.

Dichiarazioni del Ministro per il Sud Provenzano e del Ministro Patuanelli alla stampa dopo l’incontro del 22 Ottobre.

Napoli non molla! Nonostante la chiusura stabilimento per ottobre

A non cadere dalle nubi, restano gli operai che sin dall’inizio pretendono una continuità produttiva del sito e se fosse necessaria, la nazionalizzazione. Enzo Accurso, delegato UILM e operaio dello stabilimento, ha le idee chiare su quali siano i piani della multinazionale e ai microfoni di Radio Quarantena dichiara:

la Whirlpool sembra voler lasciare progressivamente tutta l’Italia, gli investimenti destinati agli stabilimenti non si sono concretizzati. Intanto il gigante americano investe fortemente in India, punta a delocalizzare ancora in Est-Europa e poi in Cina, dove la manodopera è a basso costo”.

Enzo Accurso, delegato UILM e operaio Whirlpool.

A suo avviso non c’è da meravigliarsi che le multinazionali abbiano questo atteggiamento davanti a governi che stentano ad imporsi. Per Giuliano Granato, coordinatore regionale di Potere al Popolo che ha seguito sin dall’inizio la vertenza, c’è assoluta continuità tra i due “Governi Conte” nel non trovare soluzioni. Intevenendo sul tema dice:

“davanti ad un interlocutore che non vuole negoziare avrebbero dovuto preparare un piano alternativo, procedere alla requisizione degli stabilimenti e poi procedere alla nazionalizzazione”.

Giuliano Granato, coordinatore regionale di Potere al Popolo in Campania.

Gli ultimi sviluppi della vicenda

Le lavoratrici e i lavoratori dello stabilimento, pochi giorni fa hanno bloccato l’autostrada A1 Napoli-Roma, contro la prevista chiusura stabilimento Napoli per ottobre, chiedendo un incontro immediato con il Presidente del Consiglio. Dopo due ore è giunta dal Prefetto la notizia che in un comunicato, Conte ha richiesto un incontro con l’amministratore delegato della Whirlpool Corporation.
I manifestanti hanno così deciso di continuare a marciare nel centro della città. Continueranno a rimanere in stato di agitazione fino a domani 31 ottobre, data in cui le RSU hanno indetto un’assemblea in fabbrica, coinvolgendo anche la società civile e chiunque altro voglia dare il suo contributo. Per il 5 Novembre inoltre i lavoratori aderiranno alla data nazionale dello sciopero dei metalmeccanici.

Disposti a tutto

Difenderemo i posti di lavoro a tutti i costi, anche con la nostra vita! Siamo disposti ad azioni eclatanti!” si legge intanto sulla bacheca Facebook di uno dei lavoratori. La tensione è altissima e la rabbia dei lavoratori sembra esondare anche oltre le fila sindacali. I prossimi giorni, ci mostreranno se le parti sociali coinvolte sapranno portare ancora avanti con determinazione questo testa a testa tra l’azienda degli States, che produce in tutto il mondo e un gruppo di operai napoletani.
Noi intanto esprimiamo solidarietà alle lavoratrici e i lavoratori in lotta.

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STEFANO POPOLO

CEO & Founder

Classe 1993, fondatore di Ambasciator e giornalista pubblicista.
Ho pensato al nome Ambasciator per raccontare fedelmente la storia delle persone, come strumento e mezzo di comunicazione senza schieramenti. Ambasciator, non porta penna.

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