Il nuovo film di Edoardo De Angelis, “Comandante”, narra le vicende del comandante di sommergibili Salvatore Todaro
Il siciliano Salvatore Todaro, tra i più abili comandanti italiani di sommergibili della II Guerra Mondiale, fu il protagonista di una vicenda molto particolare, oggi raccontata nella nuova pellicola del regista partenopeo Edoardo De Angelis. Il film “Comandante” è prodotto con il contributo di Rai Cinema e sarà distribuito da 01 Distribution nel corso del 2023. Protagonista è il talentuoso Pierfrancesco Favino, coadiuvato da colleghi quali Silvia D’Amico e Massimiliano Rossi.
“Comandante”, il film tratto dall’omonimo libro
Questa ambiziosa pellicola nasce dalla collaborazione stretta tra De Angelis e lo scrittore fiorentino Sandro Veronesi, Premio Strega nel 2006 con il romanzo “Caos calmo“. Veronesi, infatti, è autore dell’omonimo libro, edito da Bompiani nella collana Narratori Italiani, che uscirà nelle librerie mercoledì 25 gennaio 2023.
Il libro e il film sono ambientati, in larga parte, sul sommergibile Cappellini. Per girare le scene ambientate in questo spazio angusto è stato necessario realizzare un vero mezzo subacqueo d’acciaio, di 73 metri e dal peso di 70 tonnellate. Hanno lavorato 100 persone per 8 mesi. Ma il risultato è stato realmente impressionante.
Guerra in Atlantico
“Comandante” si concentra sull’episodio dell’affondamento, da parte del sommergibile atlantico Comandante Cappellini (classe Marcello) del piroscafo belga Kabalo. Todaro era stato scelto sin dalla fine del 1940 a guidare uno dei sommergibili destinati dall’Italia alla guerra navale nell’Oceano Atlantico.
I marinai e gli aviatori italiani dovevano collaborare con le rispettive controparti tedesche all’annientamento dell’indomita resistenza britannica guidata dal Primo Ministro Winston Churchill.
La Regia Marina Italiana aveva a disposizione, in Francia, della base atlantica Betasom, acronimo di Bordeaux Sommergibile, operativa in un periodo compreso tra il 1940 e il 1943.

Salvatore Todaro e l’affondamento del Kabalo
Nella notte di mercoledì 16 ottobre 1940 il Cappellini colò a picco, utilizzando il cannoncino presente a bordo, il Kabalo di 5.186 tonnellate. La nave belga, che trasportava pezzi di ricambio per l’aeronautica britannica, era stata sfortunata: parte del convoglio inglese OB.223, aveva perso il gruppo nei pressi dell’isola portoghese di Madera.
A bordo erano presenti 26 membri dell’equipaggio e il loro destino sembrava segnato: in quel tragico conflitto, le vittime degli affondamenti erano abbandonate a se stesse.
Dopo quattro giorni, il cavo da rimorchio si spezzò: a quel punto, il comandante italiano decise di ospitare i naufraghi sul Cappellini fino alle coste delle isole Azzorre, dove furono lasciati.
Una frase entrata nella leggenda
Perché Salvatore Todaro decise di agire così? Il secondo ufficiale del piroscafo belga lo chiese direttamente al comandante al momento del commiato. Todaro sembra che si sia stupito a questa domanda, rispondendo comunque così:
“Sono un uomo di mare come lei. Sono convinto che al mio posto lei avrebbe fatto come me“.
Il cavalleresco gesto degli italiani non fu apprezzato dai tedeschi, in particolare dal comandante della flotta sottomarina germanica, l’Ammiraglio Karl Dönitz, il quale criticò aspramente il salvataggio:
“Neppure il buon samaritano della parabola evangelica avrebbe fatto una cosa del genere. [..] Vi prego di voler ricordare ai vostri ufficiali che questa è una guerra e non una crociata missionaria. Il Signor Todaro è un bravo comandante, ma non può fare il Don Chisciotte del mare”.
Todaro rispose con una frase che è rimasta tra le più significative della Marina Italiana:
“Gli altri non hanno, come me, duemila anni di civiltà sulle spalle”.
Per l’eroico gesto il capitano di corvetta Salvatore Todaro ricevette la medaglia di bronzo al valor militare.