Nel mese di febbraio del 2020, si registrano in Italia i primi casi di una particolare infezione respiratoria riconducibile alla famiglia dei “Coronavirus”.
Il COVID-19 – nome assegnato a questa nuova tipologia di coronavirus – è ora una pandemia che coinvolge tutto il mondo, comportando innanzitutto un alto costo in termini di vite umane.
Tale costo è ovviamente insostenibile. Per questa ragione, dal marzo al maggio 2020, sono state adottate sull’intero territorio nazionale una serie di misure restrittive allo scopo di salvaguardare la salute pubblica e tutelare i soggetti più fragili.
Dopo un periodo di relativa “stabilità”, la nuova impennata dei contagi dell’ultimo periodo ha riportato alla luce timori in qualche misura sopiti nel tentativo di tornare ad una quotidianità quanto più possibile normale.
La vicinanza come rischio
L’Italia, una repubblica che potremmo definire come fondata sulla convivialità, si trova catapultata da quasi un anno in un universo di significati di segno totalmente opposto.
I contatti diretti, la prossimità fisica, i gesti apparentemente semplici e quotidiani come l’atto di stringersi le mani – e tutte le simili abitudini profondamente radicate nella coscienza collettiva – sono ora rei di aver contribuito alla diffusione e alla radicalizzazione del virus.
Dopo la fine del lockdown, la guardia è rimasta sicuramente alta, ma bisogna ammettere di aver pensato – almeno per un momento – che fosse giusto provare a mettere da parte le proprie preoccupazioni di tanto in tanto.
Esse sono ora tornate prepotentemente alla ribalta e si fanno sempre più insidiose.
Con le nuove restrizioni è percezione ormai diffusa che si stia in qualche modo ripercorrendo la stessa strada dei mesi passati.
Stavolta, però, non si può rischiare: la posta in gioco sembra essere ancora più alta.
Relazioni al tempo della pandemia
In questo particolare periodo storico bisogna fare molta attenzione alla psicologia sociale dell’intera comunità, oltre che a quella del singolo individuo.
Questa fase avrà sicuramente effetti sul modo di sperimentare la socialità. Come? Con le sue forme, intese come inclinazioni allo stare insieme, al vivere e condividere spazi sociali e di intimità.
Potrebbero essere rimodellate da inedite logiche, nuovi sentimenti, nuove tendenze?
Molti credono che la risposta sia senza dubbio sì.
Basti pensare a come e quanto profondamente sono cambiate le relazioni fra le persone. L’altro potrebbe essere un pericoloso veicolo di contagio ed è dunque sempre guardato con sospetto.
Inoltre, quando l’idealmente infinita espansione della libertà del singolo viene sacrificata all’altare del bene comune per proteggere i soggetti più deboli dal punto di vista fisico e garantirne la sopravvivenza, le rotte si invertono, si complicano, si intrecciano, creando sia nuove forme di solidarietà che di distanza emotiva.
Le reazioni alla situazione generale, infatti, sono principalmente riconducibili a questi due estremi; vi è chi più che mai ora sente la spinta verso il prossimo e chi, invece, desidera più che mai starne alla larga.
Si potrà “tornare indietro” dal Covid-19?
Molto probabilmente non esiste un’unica risposta a questa domanda.
L’esperienza del COVID-19 influenzerà a vario titolo molti aspetti della vita associata, a partire dall’economia per finire alle relazioni interpersonali.
Tuttavia, non è possibile stabilire se la sua influenza sarà di carattere permanente, fino a modificare stabilmente alcune prassi sociali, o temporaneo.
Del resto, come sappiamo, convinzioni, credenze ed abitudini di qualsiasi tipo sono costantemente protagoniste di un ciclo che spesso si ripete con poche modificazioni.
Esse sono create, assunte come valide ed assimilate dalla coscienza individuale e collettiva, per poi essere prima o poi rimesse in discussione.
ambasciator.it
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STEFANO POPOLO
CEO & Founder
Classe 1993, fondatore di Ambasciator e giornalista pubblicista.
Ho pensato al nome Ambasciator per raccontare fedelmente la storia delle persone, come strumento e mezzo di comunicazione senza schieramenti. Ambasciator, non porta penna.