Crisi di governo: il punto dopo i voti di Parlamento e Senato

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Una crisi di governo strutturata male, senza certezze e in un momento sbagliato

Ad un’Italia in difficoltà e con l’acqua alla gola, come nei grandi periodi di crisi – grandi guerre e crollo della borsa di NY -, una coesione politica sarebbe ciò di cui il vecchio stivale avrebbe bisogno. Una spinta ideologica compatta che remi verso la luce in fondo al tunnel, senza membri dell’equipaggio che cerchino di remare a sfavore. Almeno non prima della fine dell’incubo che l’Italia e il mondo stanno vivendo.

Una situazione che non si è mai riscontrata empiricamente nel panorama politico italiano di questi ultimi anni. Da sempre – marzo compreso – maggioranza ed opposizione non sono mai riuscite (o non hanno mai voluto) a parlare la stessa lingua. Nemmeno quando queste condividevano le ormai rinomate poltrone.

A marzo, in Portogallo, Rui Riocapo dell’opposizione ed espressione politica di destra – si rivolgeva al primo ministro socialista Antonio Costa dicendosi disposto a combattere la minaccia con unità e coesione:

non parliamo più di opposizione, ma di collaborazione“.

Rui Rio al primo ministro Antonio Costa

In Italia, le opposizioni prima (con le polemiche) ed una fetta di maggioranza ora (con la crisi di governo), rallentano l’iter istituzionale che mira alla salvaguardia del presente (e futuro) italiano.

A circa una settimana dall’annuncio del ritiro di due ministre di Italia Viva, la sfiducia al Premier e la conseguente crisi di governo, il peggio – dopo le votazioni – sembra essere passato.

Il leader del partito Matteo Renzi ha annunciato le motivazioni della crisi:

  • Incomprensioni sulla gestione della pandemia;
  • L’eccessivo utilizzo di DPCM da parte del Premier;
  • Il non utilizzo del MES;
  • La gestione dei fondi del Recovery Found.

Al ritiro delle ministre di IV Teresa Bellanova e Paola Bonetti – e il conseguente traballo della maggioranza – il premier Conte si è visto costretto a dover trovare un numero sufficiente di parlamentari che esprimessero fiducia nei suoi confronti.

Fiducia messa ai voti in Parlamento prima – dove il risultato è stato discretamente appagante – ed in Senato poi, dove la fiducia si è rilevata più scarna.

I giorni in cui si è votato per la fiducia, sono il 19 Gennaio per il Parlamento ed il 20 per il Senato.

I numeri del Parlamento

Il responso della Camera dei Deputati (il primo ramo che compone il Parlamento) è stato più che favorevole per il Premier Conte. Con uno scarto di 62 voti (321 a favore, 259 contrari e 17 astenuti), il presidente del Consiglio trova un primo – e relativamente stabile – appoggio.

Dei 321 voti a favore, due sono di deputati di Italia Viva (i cosiddetti ‘responsabili‘): immediatamente espulsi dal partito via Twitter.

È curioso constatare come l’astensione dei deputati di IV abbia favorito la maggioranza: c’è stato un vero e proprio salvataggio di Italia Viva per il governo; il partito, insomma, si è rivelato prima mandante della crisi e poi (fortuitamente) perno fondamentale per la risoluzione.

Diverso (e meno tenace) è il discorso in Senato.

Il velleitario appoggio del Senato

Dopo la conferma della fiducia del primo ramo del parlamento, l’ago della bilancia sarebbe dipeso dalla votazione in Senato. Si pronosticava ostica per il Premier, e così è stato. Lo scarto qui è davvero minimo: si tratta di una differenza di soli 16 voti (156 a favore e 140 contrari) con 16 astenuti.

Votazione con un episodio da moviola per i Senatori Ciampolillo (ex M5S) e Nencini (PSI): il loro voto è arrivato sulla chiusura della finestra delle votazioni e dopo un controllo ‘da Var‘ il loro voto è stato confermato.

Qui, i 16 astenuti, sono TUTTI di Italia Viva, in cui riscontra anche uno dei 156 voti a favore. Se si fossero esposti, insomma, la cantilena di questi giorni sarebbe stata diversa.

“Serve un esecutivo più forte” dichiara Matteo Renzi, certamente insoddisfatto dei risultati e da una mancanza di coesione anche all’interno del suo partito.

Cosa ci lascia questa crisi di governo

Questa crisi di governo lascia agli italiani una sensazione amara: ci dimostra un’assenza di micro e macro coesione politica (che in un momento storico come questo appare fondamentale) e una mancanza di una guida forte e stabile.

Il governo Conte vivacchia e resiste, ma non come vorrebbe. L’Italia resta a galla, tra ottime notizie (è il primo paese europeo per numero di vaccini) ed altre pessime (come i ritardi della Pfizer e la gestione di alcune regioni).

Se il tutto si somma al fatto che questa maggioranza ottenuta è meramente scarna, e che si mantiene su una linea sottilissima che può essere messa in discussione da un semplice litigio tra le parti, lo scenario appare ancor più instabile. L’obiettivo del governo, quindi, è quello di trovare una maggioranza stabile che possa fare a meno dell’appoggio di Italia Viva: uno scenario cosparso di incognite.

Stabilità e coesione sono concetti che non sussistono ad oggi nel parlamento italiano; situazione che da Marzo ad oggi sembra non aver fatto alcun passo verso un’evoluzione.

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