Bolsonaro alle strette?
In Brasile è scoppiata una crisi politica; in seguito alla dimissione prima del ministro della difesa Fernando Azevedo, poi dei 3 generali delle forze armate e, infine, del ministro degli esteri Ernesto Araújo. Si tratta di decisioni che lasciano un segno indelebile nell’amministrazione guidata da Jair Bolsonaro, avendo, quest’ultimo, vinto le elezioni presidenziali del 2018 proprio grazie ad un forte appoggio delle forze armate e della destra conservatrice (Bolsonaro stesso membro in passato delle forze armate, un elemento che ha usato più volte a suo favore in senso propagandistico).
Crisi politica in Brasile: possibili cause
Le dimissioni, sono certamente il risultato di divergenze tra il Presidente e le forze armate dovute alla gestione della pandemia; considerata da molti come una vera e propria opera di genocidio sociale. In particolare, il conflitto senza precedenti tra il Presidente ed i governatori degli Stati federali è alla base di una situazione critica nel paese che vede un piano di vaccinazione che prosegue a rilento e dei numeri dei contagi e dei morti terrificanti (una media di più di 3000 morti al giorno e 12,5 milioni di casi accertati dall’inizio della pandemia).
Le forze armate hanno scelto di dissociarsi dalla deriva del Presidente, ed è una notizia importante per questo paese; a quasi 60 anni dal Golpe militare che diede il via alla dittatura delle forze armate, queste ultime si schierano per una difesa dei valori democratici.
Nel caso del ministro degli esteri Ernesto Araújo, le sue dimissioni sono il risultato di forti critiche sulla gestione del piano vaccinale; soprattutto, di una totale assenza di visione di politica estera sul piano internazionale. Araújo è stato accusato di aver ulteriormente isolato diplomaticamente il Brasile; già vittima di una progressiva regressione da esponente di primo piano dei BRICS durante i governi Lula ad attore ridimensionato anche sul piano regionale durante la presidenza di Temer.
Le accuse di genocidio
Definito dall’OMS come una “bomba ad orologeria”, il Brasile rischia di essere una vera e propria fabbrica di varianti; un pericolo per se stesso, per la regione latinoamericana e, potenzialmente, per tutto il mondo. La gestione della Pandemia da parte di Bolsonaro è sotto gli occhi di tutti. I suoi atteggiamenti negazionisti ad un anno dall’inizio dell’emergenza; la sua forte contrarietà al lockdown generalizzato, principale motivo di conflitto tra il Presidente e gli Stati federali; oltre alla mancanza di un vero e proprio piano emergenziale per le vaccinazioni, sono alla base di una situazione così critica.
Nonostante Bolsonaro possa contare ancora su un discreto consenso (seppur nettamente in calo), non sono mancate, già prima della “fuga” dei generali e dei ministri, critiche interne anche tra i suoi alleat; al punto da lasciar intravedere la possibilità di un impeachment. Le accuse più pesanti, però, sono giunte dal leader del Partido dos Trabalhadores (PT), nonché ex presidente, Luiz Inacio Lula da Silva; ma anche da Atila Iamarino, un noto biologo brasiliano con un gran seguito sui canali social. Se Lula ha accusato Bolsonaro di essere il colpevole di un genocidio senza precedenti (attualmente Lula è primo nei sondaggi per le elezioni del 2022), Atila Iamarino ha parlato di una vera e propria “strategia genocida” da un punto di vista scientifico.
Il Brasile è un focolaio di interesse globale
I dati che arrivano dal gigante sudamericano, non vanno letti solo come un problema locale. Bolsonaro dovrà necessariamente fare i conti con la gravità della situazione che il suo paese sta vivendo; il rischio di diventare una fabbrica delle varianti, non solo porterebbe ad una vera e propria crisi umanitaria (in uno scenario già attualmente disastroso), ma avrebbe ripercussioni anche sul piano globale. Mettere in sicurezza il Brasile non è solo una questione interna al paese o regionale, è un interesse globale. Non ci resta che sperare che la crisi politica si risolva nella direzione di una concreta strategia per sconfiggere quanto prima il virus nel paese; lasciando da parte i conflitti e facendo emergere la vera priorità: la salute e la sicurezza dei brasiliani.
ambasciator.it
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STEFANO POPOLO
CEO & Founder
Classe 1993, fondatore di Ambasciator e giornalista pubblicista.
Ho pensato al nome Ambasciator per raccontare fedelmente la storia delle persone, come strumento e mezzo di comunicazione senza schieramenti. Ambasciator, non porta penna.