4 agosto 1974 – La strage dell’Italicus

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Roma, stazione Tiburtina, sono esattamente le ore 20.42 del 3 agosto 1974, quando il treno n. 1486 “Italicus – Roma Brennero” avvia i suoi motori. Il convoglio è composto in tutto da diciassette carrozze più il locomotore e dispone, in totale, di 554 posti a sedere.

Di quelle diciassette carrozze otto sono dirette a Calalzo, due a Venezia, due a San Candido, una al Brennero e quattro a Monaco di Baviera. Alle ore 01.20, quando il calendario segna già la data del 4 agosto, il treno sta percorrendo la “Grande Galleria dell’Appennino”, situata all’interno della linea ferroviaria che collega Firenze con Bologna. Alle 01.23 all’interno della quinta carrozza, mista tra prima e seconda classe, esplode un ordigno ad altissimo potenziale.

La carrozza resta completamente squarciata, mentre in tutto il resto del treno (che riesce a raggiungere la vicinissima stazione di San Benedetto Val di Sambro), a causa dello scoppio, si frantumano i finestrini in minutissimi pezzi.

Panico e paura dilagano, inesorabilmente, tra tutti i passeggeri, i quali scendono dal treno urlando a squarciagola e chiedendo aiuto. A questo punto, i tecnici della Direzione Compartimentale delle Ferrovie di Stato di Bologna provvedono a interrompere la circolazione dei treni e a organizzare i soccorsi, mentre sul posto si recano tempestivamente i vigili del fuoco, che riescono a spegnere le fiamme.

Le vittime saranno in tutto 12: Elena Celli, Nicola Buffi, Maria Santina Carraro, Elena Donatini, Herbert Kotriner, Nunzio Russo, Marco Russo, Tsugufumi Fukuda, Antidio Medaglia, Wilhelmus Hameda, Raffaella Garosi e Silver Sirotti, il controllore, giovane venticinquenne nato a Forlì, che perse tragicamente la vita durante il proprio tentativo di domare le fiamme con un estintore.

Le indagini accertarono che l’innesco dell’ordigno era stato provocato da una sveglia di marca tedesca. La bomba era stata poi custodita in una valigetta, posta sotto il sedile di una scompartimento della quinta carrozza durante la sosta dell’ “Italicus” presso la stazione di “Firenze – Santa Maria Novella” alle ore 00.17.

Nella notte tra il 5 e il 6 agosto, all’interno di un elenco telefonico di una cabina SIP, situata nel centro storico di Bologna, venne ritrovato un volantino dattiloscritto di rivendicazione dell’attentato, firmato dall’organizzazione di estrema destra “Ordine Nero”.

Il contenuto del messaggio era chiaro:
Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l’autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti”.

Nel testo veniva quindi ricordato Giancarlo Esposti, estremista di destra, rimasto ucciso durante un conflitto a fuoco con i carabinieri il 30 maggio 1974 e considerato tra i fondatori di “Ordine Nero”.

Ma come era nata esattamente questa fazione eversiva clandestina?

Il 21 Novembre 1973, la Prima Sezione Penale del Tribunale di Roma aveva condannato a vari anni di reclusione alcuni esponenti del “Movimento Politico Ordine Nuovo”, con l’accusa di aver creato un’organizzazione “basata sui principi, dei simboli e dei metodi propri del disciolto partito fascista”.

Il conseguente scioglimento di Ordine Nuovo determinò l’iniziativa di creazione di Ordine Nero, che raccoglieva al suo interno anche fuoriusciti da altri gruppi neo-fascisti, gli stessi su cui si incanalarono le prime indagini degli inquirenti. Dopo una prima assoluzione in primo grado, il 18 dicembre 1986 la Corte D’Assise d’Appello di Bologna condannava all’ergastolo i neo-fascisti Mario Tuti e Luciano Franci, ritenendoli responsabili della strage dell’Italicus, disastro ferroviario, fabbricazione e porto illegale di esplosivo.

Sentenza in seguito annullata dalla Corte di Cassazione il 16 dicembre 1987. Tuti e Franci verranno successivamente assolti il 4 aprile 1991 dalla Corte d’Assise d’Appello di Bologna, assoluzione confermata dalla Cassazione il 22 marzo 1992.

La strage dell’Italicus, con quelle 12 vite spezzate, resta ancora oggi impunita, e rappresenta una straziante ferita aperta, mai rimarginata, del nostro passato. Indiscutibilmente si trattò di un atto criminale tendente ad aggredire l’ossatura democratica dello Stato italiano.

Forse, neanche la data dell’eccidio venne stata scelta a caso, in quanto “4 agosto” era il nome di una fazione neo-fascista presente in Grecia, fondata da Kostantinos Plevris, denominazione che ricordava il colpo di Stato del generale filo-nazista Ioannis Metaxas compiuto ad Atene il 4 agosto 1936.

Ma, oltre a questo, non bisogna dimenticare il clima di altissima tensione politica che serpeggiava in Italia proprio nel 1974, anno in cui la magistratura di Torino aveva posto sotto inchiesta un gruppo di persone facenti capo all’ex ambasciatore Edgardo Sogno, accusandole di attività cospirative.

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