Dante Alighieri e l’ipotesi di narcolessia

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Oggi si festeggia la nascita di Dante Alighieri. Sul Sommo Poeta è stata avanzata l’ipotesi di narcolessia per i molteplici versi della Divina Commedia, collegabili alla sintomatologia di questa patologia

Il 29 Maggio 1265 nasceva Dante Alighieri. O meglio, è stata questa la data scelta convenzionalmente dalla comunità degli amanti del Sommo Poeta. Non si sa infatti quando nacque con precisione, ma si presume tra maggio e giugno.

Celebre è la sua opera principale, la Divina Commedia, all’interno della quale ritroviamo famosi e frequenti versi relativi al sonno, gli assopimenti e gli svenimenti di Dante durante questo viaggio. A tal punto che alcuni studiosi, Giuseppe Plazzi in primis, hanno avanzato l’ipotesi che Dante Alighieri fosse narcolettico, proprio per la stretta relazione tra i sintomi legati alla narcolessia e i comportamenti del poeta durante il viaggio.

Dante era davvero narcolettico? Di certo nella Divina Commedia il poeta vive alcune emozioni e condizioni che sembrerebbero confermare questa ipotesi. Vediamone insieme i passaggi principali.

Relazione tra i principali versi danteschi e i sintomi della narcolessia

E’ noto che la principale chiave di lettura del poema dantesco sia sicuramente quella allegorica, secondo cui il sonno e l’assopimento sarebbero i simboli del peccato e dei vizi umani. Tuttavia, analizzando letteralmente alcune frasi di Dante, sembra evidente la relazione con i principali sintomi della narcolessia.

  • «Io non so ben ridir com’i v’intrai / tant’era pien di sonno a quel punto / che la verace via abbandonai»: Innanzitutto, Dante dichiara di iniziare il suo cammino già “pieno di sonno”e in realtà, sono molti i punti della Commedia, in cui dichiara di provare un profondo stato di stanchezza che lo porta a concedersi frequenti sonnellini diurni ristoratori («Ruppemi l’alto sonno ne la testa / un greve truono, sì ch’io mi riscossi /come persona ch’è per forza desta), proprio come capita  a coloro che soffrono di narcolessia.
  • ella mi fa tramare le vene e i polsi”: queste sono invece le emozioni provate da Dante, di fronte alla visione della lonza (una delle tre fiere incontrate nel 1° Canto dell’Inferno). Le sue parole descrivono uno stato di tachicardia (poiché tremano vene e polsi), causata da una situazione di pericolo, e la voglia di fuggire via. E’ proprio qui che c’è il collegamento, per molti studiosi tra Dante e la narcolessia, perché essa è accompagnata e caratterizzata proprio da tali stati di ansia.
  • “e caddi come comporto morto cade”: molto famoso questo verso, che ritroviamo nel canto V dell’Inferno. Fu pronunciato da Dante dopo il commovente racconto di Paolo e Francesca, due innamorati uccisi. Gli studiosi interpretano questo verso come una caduta, causata da una forte emozione ed i narcolettici sono soggetti proprio a cataplessia (cedimenti del tono muscolare)ogni volta che provano una forte emozione.

La Divina Commedia è stata un sogno ad occhi aperti?

Ovviamente, questi sono solo alcuni dei tanti versi, rintracciabili nella Divina Commedia e non solo, che sosterebbero l’ipotesi di narcolessia.

Ad oggi però non ci sono conferme, poiché per quelle bisognerebbe riesumare i resti del poeta ed analizzarne il Dna e chissà se questo prima o poi accadrà.

Intanto, le opinioni e le considerazioni, restano molteplici. Una di questa è forse la più fantasiosa e romantica: che sia stata la Divina Commedia un sogno ad occhi aperti, frutto di una mente appena svegliatasi da un colpo di sonno?

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