Quando a dimagrire sono le emozioni
L’inizio di una dieta sarebbe motivato o dall’insicurezza che induce ad aderire a standard estetici improponibili o, al massimo, dal desiderio di prendersi cura della salute del proprio corpo. Tutto qui, no?
“Mi hanno chiesto: lei è favorevole alla liberalizzazione delle droghe? Ho risposto: prima cominciamo a liberalizzare il pane, che è ferocemente proibito in metà del mondo.”
Josè Saramago
È opinione comune, attribuire l’attenzione crescente, nei confronti del corpo e del cibo, ai dettami imposti dalla società e alla tendenza a conformarsi a essi. O, in alternativa, al mito della mente sana in corpo sano e al raggiungimento del fantomatico benessere psicofisico, a cui tutti sembriamo aspirare.
È vero, la pressione sociale esercitata nei confronti di entrambi i sessi (con una netta prevalenza per il genere femminile) è così palpabile che l’affermazione di Naomi Wolf (1990), secondo cui non c’è sedativo politico più potente nella storia delle donne che la dieta, può ritenersi ancora attuale. E la deriva iper-salutista che il fenomeno sta assumendo, talvolta, rischia di non allontanarsi troppo dal punto di partenza.
Ma credete veramente che questa sia la sola ragione?
Quanti giovani, ragazzi e ragazze, sono alle prese con una dieta che sembra non avere mai fine e con la perenne insoddisfazione che l’accompagna?
Dieta o dietoressia?
In particolare, sarebbero gli adolescenti e i giovani adulti ad essere maggiormente colpiti dal fenomeno della dieta cronica o della dietoressia. Si tratta di un fenomeno scaturito da un tentativo, più o meno costante, di manipolazione dei confronti del corpo e dell’alimentazione che, anche in assenza dell’effettiva necessità di dimagrire, genera un aumento di ansia e insoddisfazione corporea.
Come può essere spiegato questo fenomeno?
In chiave psicologica, “mettersi a dieta” risponde ad un bisogno psicologico e sociale molto complesso e “affamato”, che si colloca ben oltre la necessità di conformarsi ad uno standard sociale. Piuttosto, esso può svolgere una funzione di controllo e regolazione emotiva.
In che modo?
Attraverso uno spostamento realizzato sul corpo e sul cibo: nell’impossibilità di controllare ansia e paura, si attua un tentativo di controllo sul corpo, plasmandolo o illudendosi di plasmare qualcosa, per sua natura già imperfettibile ed ingovernabile. Si ottiene, così, un momentaneo sollievo della tensione psicologica: dal controllo interno si passa ad una forma di controllo che agisce dall’esterno.
Da un lato, questo meccanismo consente di attuare una regolazione emotiva, poiché si concentra su qualcosa che siamo in grado di vedere e, dunque, di controllare (al contrario delle emozioni, invisibili). Dall’altro, esso incide sul senso di auto-efficacia, ossia sulla percezione personale di potere riuscire in un certo compito o obiettivo, potenzialmente carente in altri ambiti della vita.
In altre parole, il vecchio gioco di potere si ribalta: non più il corpo che, con i suoi appetiti ed i suoi bisogni, sembra dominarci; ma, stabilendo cosa può e cosa non può essere ingerito, diventiamo noi stessi coloro che detengono un certo potere su di esso. Anche se si tratta di un’illusione che, si sa, è destinata a dissolversi da lì a poco. E che, soprattutto, non ci consente di chiederci quale sia veramente l’emozione dalla quale ci si sente sopraffatti, che si vuole “dimagrire” a tutti i costi.
Chiaramente non si è consapevoli di tutto questo: da qui i fallimenti e l’insoddisfazione, rincorrenti in un ciclo sempre uguale a se stesso, che ha ben poco a che fare con la forma fisica e con la salute in quanto tali.
Che questo ciclo possa essere interrotto, in qualche modo? Che il demone dei carboidrati possa essere esorcizzato finalmente, in favore di una posizione più critica e consapevole nei confronti dell’ennesima dieta bizzarra last- minute?
Lascio a voi la risposta.
Bibliografia
https://www.chiarasole.com/wp-content/uploads/2019/11/Dietoressia-ossessione-per-le-diete-della-generazione-0-A6-mobile.pdf
Wolf, N. (1991). Il mito della bellezza. Milano. Mondadori.
ambasciator.it
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STEFANO POPOLO
CEO & Founder
Classe 1993, fondatore di Ambasciator e giornalista pubblicista.
Ho pensato al nome Ambasciator per raccontare fedelmente la storia delle persone, come strumento e mezzo di comunicazione senza schieramenti. Ambasciator, non porta penna.