Elezioni in Perù ed Ecuador

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Una storica inversione di tendenza?

Le elezioni in Perù ed Ecuador ci consegnano uno scenario nuovo e molto interessante per il futuro del cono sud americano. Due paesi storicamente identificabili in due tendenze politiche contrapposte hanno visto, con i risultati delle ultime elezioni presidenziali dell’11 Aprile, un’interessante inversione di tendenza. In Ecuador vince la destra liberale di Lasso; mentre in Perù, al primo turno, vince Castillo, esponente di una sinistra “provinciana”, che ora dovrà affrontare al ballottaggio il gigante della politica peruviana Keiko Fujimori.

Nonostante vi siano alcuni elementi che lasciano davvero pensare ad una chiara inversione di tendenza, i due paesi si presentano, in realtà, con due situazioni diverse. Infatti, è necessario distinguere i due contesti e comprendere fino in fondo le ragioni che stanno alla base dei risultati elettorali.

Lo scenario peruviano

Tra i due paesi, il Perù è quello che certamente sorprende maggiormente. Le ricette neoliberiste, utilizzate da ormai 20 anni, non solo non hanno prodotto i risultati economici sperati, ma hanno portato il paese in una profonda crisi politica che ormai si protrae da tempo. Prima lo scioglimento del congresso peruviano nel Novembre del 2019; poi lo scandalo di corruzione dell’impresa Oderbrecht (uno scandalo che ha provocato prima di tutto una crisi sistemica in Brasile e che ha poi evidenziato i suoi collegamenti su tutto il territorio latinoamericano). Infine, la destituzione del presidente Martin Vizcarra nel Novembre del 2020, hanno indebolito fortemente il sistema politico peruviano.

Le Elezioni in Perù, hanno consegnato a Castillo la vittoria al primo turno con sei punti di distacco da Keiko Fujimori; ma lo scenario politico è estremamente preoccupante. La sensazione è che i peruviani abbiano scelto con il criterio del “male minore”. Nei sondaggi emergeva sin da subito un contesto politico ricco di “mini-candidati”, nessuno con una netta superiorità elettorale rispetto agli altri. Si tratta di un tema che non potrà certamente essere sottovalutato, il frutto di un sentimento di sfiducia ed estremamente scettico nei confronti dei partiti politici peruviani.

Il profilo di Castillo

Il profilo di Castillo rappresenta, senza alcun dubbio, una novità nel sistema peruviano, ma non una sorpresa. Il neoliberismo ha perso consensi tra i peruviani, stanchi degli scandali degli ultimi anni e delle soluzioni fallimentari portate avanti dalla destra del paese. In questo contesto Castillo appare certamente come un convinto progressista.
I punti forti della sua campagna elettorale sono questioni tipiche della sinistra europea; eppure in America Latina e, ancor di più, in Perù, sono proposte molto progressiste. L’interesse mostrato verso la comunità LGBTQI e le questioni di genere; la priorità assegnata al tema dell’aborto, ma soprattutto la semplicità della sua campagna elettorale vecchio stile (che promuove una “sinistra di provincia”); sono tutti elementi che hanno colpito fortemente le persone e che gli hanno permesso, in poco tempo, di passare dal 3% nei sondaggi al primo posto nei risultati finali.

La svolta neoliberista in Ecuador; dopo le Elezioni in Perù ed Ecuador

Anche in Ecuador, dopo 14 anni di governo di sinistra, le elezioni ci consegnano una chiara inversione di tendenza.
La vittoria di Lasso contro Arauz (candidato vicino all’ex-presidente Correa), evidenzia la necessità di mantenere saldamente il dialogo con il FMI; affinché il paese possa essere in grado di rilanciare la propria economia.
Se negli anni precedenti la crisi politica del “correismo”, una linea politica allineata a quella di Maduro e Chavez in Venezuela detta “Socialismo del XXI secolo”, era già emersa in seguito alle divergenze tra lo stesso Correa e l’ultimo presidente Moreno, la pandemia ha dato una scossa definitiva al paese.

L’Ecuador è uno dei paesi che ha sofferto di più la pandemia, sia per numero di morti, sia, soprattutto, per i dati economici. Più di 17 milioni di persone sono entrate in una condizione di povertà e quasi mezzo milione hanno perso il proprio lavoro. Il modello promosso da Lasso rifiuta le ricette del Socialismo del XXI e promuove una progressiva apertura al mercato; in linea con il pensiero neoliberista e già promossa dall’ultimo presidente Moreno.

Se le politiche neoliberiste possano rappresentare una via d’uscita dalla crisi dettata dall’emergenza sanitaria, non è facile dirlo, le perplessità vi sono. Infatti, in un momento in cui è necessario un forte interventismo statale il rapporto con il FMI potrebbe non risultare necessariamente fruttuoso (la storia dell’America Latina non fornisce dei precedenti positivi in tal senso). Il tempo ci darà certamente una risposta.

Photocredit: @LassoGuillermo

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