Roma 22 giugno 1983: Emanuela Orlandi, una ragazza di quindici anni figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia, scompare senza lasciare traccia
1° Capitolo
Raccontare la storia di Emanuela Orlandi significa fare un viaggio, lungo 37 anni, tra ipotesi di verità. Si perché una verità non esiste ancora.
Il “caso Orlandi” è, a tutt’oggi, un caso ancora aperto.
Sono tante le postesi che aleggiano intorno alla vicenda di Emanuela.
Dall’allontanamento volontario al rapimento, fino al coinvolgimento dello Stato Vaticano e di quello Italiano, della banda della Magliana e dei Servizi Segreti.
La vicenda Orlandi resta uno dei più profondi misteri d’Italia, rimasto vivo nella coscienza del nostro paese, nonostante siano passati tanti anni.
Per ricostruire questa intricata vicenda, che è quella di un puzzle in cui il tassello mancante è proprio Emanuela, ho deciso di raccontare cronologicamente i fatti accaduti, affidandomi ai documenti d’indagine e ai testimoni della vicenda, in primis il fratello Pietro che da sempre è in prima linea nella ricerca della verità.
Insieme riavvolgeremo il nastro del tempo per narrare questa storia che perdura da più di 30 anni, compiendo un viaggio tra ipotesi di verità illusorie e colpi di scena sconcertanti.

In questa storia tutto è cosi incredibilmente vero da sembrare impossibile
La cittadina vaticana Emanuela Orlandi frequenta il liceo scientifico statale del convitto Vittorio Emanuele e ai primi di giugno del 1983 ha concluso il secondo anno. E’ stata rimandata in francese e latino.
Nata il 14 gennaio 1968 a Roma, poche ore prima della terribile scossa che sconquassò il Belice, era la quarta di cinque figli di Ercole Orlandi e Maria Pezzano.
Gli Orlandi vivono in Vaticano perché nonno Pietro, il padre di Ercole, era stato stalliere di Papa Pio XI e nel 1924 aveva ottenuto di poter abitare in un appartamento sopra la farmacia pontificia.
Nel 1932 fu assunto come commesso della Prefettura della Casa Pontificia, lavoro che al momento della pensione aveva potuto lasciare al figlio Ercole.
Nel 1970 Ercole fu promosso commesso del Palazzo Apostolico e gli fu assegnato l’appartamento, dove ancora oggi risiede la moglie Maria, al secondo piano della palazzina della Gendarmeria a ridosso delle mura perimetrali del Vaticano lungo via di Porta Angelica.
All’epoca le famiglie laiche che vivevano nella Città del Vaticano erano una quindicina, circa 70 persone: mogli e figli di lavoratori che, con ruoli diversi, garantivano il funzionamento del piccolo Stato.
Il lavoro di Ercole consisteva nel distribuire la posta del Pontefice, vale a dire i suoi inviti alle funzioni in San Pietro e alle sue visite alle parrocchie romane, le lettere diplomatiche, le convocazioni e gli appuntamenti per le udienze.
Quello di messo Pontificio era un normale stipendio da impiegato.
Unico privilegio vero: non dover pagare la pigione, più il vantaggio delle medicine, della benzina e dei generi alimentari a prezzi scontati, racconta Pietro:
“Stavamo bene, ma senza lussi. Eravamo una famiglia normalissima, nella media, anzi un po’ sotto. Figurati che mio padre aprì il suo primo conto corrente in banca il giorno che andò in pensione. La gente è portata a concludere che, vivendo a contatto con il Papa e le alte Eminenze, i cittadini vaticani godano di chissà quali privilegi“.
L’infanzia dei piccoli Orlandi è stata semplice, morigerata, senza ombre ne gialli, come qualcuno insinua ancora oggi.

Oltre a frequentare il liceo, Emanuela dal settembre 1981 studiava anche flauto traverso, pianoforte e canto corale all’Accademia di musica Tommaso Ludovico da Victoria, associata al Pontificio istituto di musica sacra, situata nel Palazzo di Santa Apollinare al civico 49 dell’omonima piazza, a fianco della Basilica di Santa Apollinare.

La famiglia, la scuola e la musica. Il mondo di Emanuela era questo, con i sussulti e le increspature tipiche della sua età, il candore e l’ingenuità di una ragazzina serena, che si affaccia agli anni più belli.
Mercoledì 22 giugno 1983
Quel giorno, mamma e papà Orlandi erano andati a fare visita ad alcuni parenti a Fiumicino, Emanuela aveva preferito restare a Roma per prepararsi meglio per un concerto al quale doveva partecipare dopo pochi giorni.
La ragazza pranza in casa con il fratello e le sorelle, nel pomeriggio ha le solite due ore di lezione alla Tommaso Ludovico da Victoria.
Emanuela, verso le 16.30, chiese al fratello Pietro di accompagnarla in moto a scuola perché era in ritardo, ma Pietro le negò il passaggio in quanto aveva preso appuntamento con la fidanzata.
Contrariata dal rifiuto del fratello, uscì sbattendo la porta di casa con la cartella degli spartiti in mano, lo zainetto con dentro il flauto nell’apposito astuccio nero dove è riposto diviso in tre pezzi, vestita con una camicia bianca, i jeans e le scarpe da ginnastica, i capelli lungo la schiena buttati all’indietro di scatto, con il gesto largo del braccio a lei abituale……
Fratello e sorella non si incontreranno mai più.
Manca sempre qualcosa……..continua