Il cranio sfondato, il volto una maschera di sangue, il corpo adagiato sulle scale con la faccia in giù, il pugno immobile che strige un capello corto castano chiaro.
Una giovane vita ora è un corpo muto e freddo. Sulle chiazze di sangue intorno al cadavere l’impronta di una scarpa da ginnastica…

Il 16 agosto il Dottor Marco Ballardini, medico legale dell’Università di Pavia, eseguì l’autopsia sul corpo di Chiara.
Il suo cadavere, era stato trovato in una pozza di sangue riverso sulla parte terminale dei gradini, anch’essi vistosamente imbrattati di sangue della vittima, della scala interna che dal piano terra porta in cantina.
Il medico individua le cause del decesso nella “lacerazione dell’encefalo contestuale allo sfondamento del cranio”. E ancora: “l’intervallo fra la produzione di tutte le lesioni e la morte è circoscrivibile in pochi minuti”.
Altre ferite sono presenti sulla mascella destra e sulle palpebre superiori, mentre lesioni ecchimotico escoriate si notano intorno agli occhi.
Infine, vengono riscontrate alcune contusioni alle braccia, alla gamba sinistra e alla cresta iliaca destra.
I colpi che hanno ucciso Chiara, quelli che hanno provocato tutto quello spargimento di sangue sono comunque quelli inferti al capo e al volto.
Un accanimento del genere verso quella particolare sede anatomica, soprattutto quando l’oggetto utilizzato è un’arma impropria, ossia un oggetto che per determinare la morte comporta una ferrea determinazione nella reiterazione dei colpi, solitamente indica che tra vittima ed assassino c’è una conoscenza diretta:
“Ti colpisco alla testa, ossia ti colpisco i pensieri che non dovresti avere. Ti colpisco gli occhi che mi guardano e mi riconoscono, la bocca che dice quello che non voglio sentire. Cancello le parole che rivelano un segreto inconfessabile e il volto che rivela la mia vergogna”.
Sono questi i pensieri che scatenano l’escalation omicida nella mente di un assassino motivato da un forte rancore personale.
Nel referto dell’autopsia si legge: “La vischiosità del sangue, la temperatura del corpo e il sanguinamento, comparati con età e corporatura della vittima, e le condizioni ambientali permettono di circoscrivere un arco di tempo per il decesso”.
L’ora del delitto, è compresa fra le 10.30 e mezzogiorno, più probabilmente fra le 11 e le 11.30. Tuttavia altri elementi investigativi sono in grado di fornirci importanti informazioni per circoscrivere ulteriormente l’intervallo temporale del decesso.
In primis, alle 09.12 qualcuno disattiva l’allarme di casa Poggi.
Tutte le sentenze sono concordi nello stabilire che questa azione è stata compiuta da Chiara, che quindi a quell’ora è sicuramente ancora viva.
Tutte le persiane della casa non sono state aperte, tranne quella della porta finestra della cucina, le tende da sole esterne non sono state abbassate.
Si tratta di azioni che Chiara abitualmente compiva poco dopo il risveglio, ma che evidentemente quel giorno non fa il tempo ad eseguire.
Nella saletta tv sopra il divano c’è una confezioni di cereali, un cucchiaino e una confezioni di biscotti e la tv è accesa, segno che, probabilmente, la ragazza si trovava in quella stanza a fare colazione nei minuti che hanno preceduto l’aggressione mortale.
Infatti nel suo stomaco viene ritrovato materiale alimentare poltaceo compatibile con l’assunzione della colazione. Inoltre Chiara è in pigiama e il suo letto è ancora sfatto, altro elemento che porta a collocare la morte nelle prime ore del mattino, subito dopo il risveglio.
Infine, la madre della vicina di casa, la signora Franca Bermani, dichiarerà che quella mattina alle ore 09.00, fuori dalla villetta dei Poggi, c’è una bicicletta nera da donna, utilizzata da qualcuno che, evidentemente, ha fatto visita a Chiara.
Un qualcuno che però, in tutti questi anni, non si è mai palesato e che quindi è legittimo identificare con l’assassino della ragazza.
La stessa bicicletta, sempre a detta della Bermani alle 10.20, non c’è più.
La considerazione globale di tutti questi elementi non può che far supporre che la morte di Chiara sia avvenuta poco dopo il suo risveglio quindi, verosimilmente, dopo le 09.12 ora in cui disattiva l’allarme, forse per fare entrare in casa, proprio, il suo assassino ma prima delle 10.20, ora in cui la bicicletta nera non è più davanti alla villetta.
L’inquirenti che indagano sulla morte di Chiara Poggi scartano, fin da subito, l’ipotesi della rapina finita male.
Dalla casa in cui si è consumato il delitto, infatti, non manca nulla e i rilievi scientifici nella villetta individuano solo tracce di Chiara, dei suoi familiari, degli investigatori, dei soccorritori, di un falegname che recentemente aveva fatto dei lavori e di Alberto Stasi.
Ed è proprio su Alberto Stasi, che si concentrano le indagini
Il suo tono di voce, nella telefonata al 118, appare freddo e distaccato.
Il suo alibi per le ore in cui si è consumato il delitto, ovvero il fatto che era a casa sua a scrivere la tesi di laurea al computer, non convince.
Inoltre sulle suole delle scarpe che indossava al momento del ritrovamento del corpo di Chiara non ci sono tracce di sangue. E questo fatto insospettisce molto. Il pavimento era pieno di sangue, come è possibile che Alberto non l’abbia calpestato?
Infine c’è la testimonianza di una vicina di casa che dice di aver visto una bicicletta nera da donna, appoggiata al muro esterno della villetta dei Poggi, proprio la mattina del delitto.
Il 20 agosto 2007, una settimana dopo l’assassinio di Chiara, arriva la svolta
Alberto Stasi viene iscritto nel registro degli indagati. Dopo poco più di un mese, il 24 settembre, lo stesso, viene arrestato. L’accusa nei suoi confronti è di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà.
L’elemento che convince il Procuratore Capo della Repubblica Alfonso Lauro e il Pubblico Ministero Rosa Muscio della sua colpevolezza arriva dalle analisi del RIS di Parma sui pedali della sua bicicletta.
In essi, infatti, vengono individuate delle minuscole tracce di sangue contenenti il DNA di Chiara.
La prova che mancava che va ad aggiungersi ai vari indizi a carico di Alberto Stasi.
Dalla freddezza dimostrata dopo il ritrovamento del corpo, al fatto che sulle suole che indossava in quel momento, non era stata trovata nessuna traccia di sangue. Circostanza giudicata impossibile, viste le numerose macchie di sangue ancora umide presenti sulla scena del crimine.
Alla descrizione del viso di Chiara da lui resa, secondo la quale la ragazza aveva il viso bianco, mentre in realtà era ricoperto di sangue, del suo sangue.
Il ragazzo modello, lo studente della Bocconi, tanto devoto alla sua fidanzata, in realtà, secondo la Procura, è un lucido assassino.
Qualcosa però non convince il GIP Giulia Pravon che, appena quattro giorni dopo il 28 settembre, ordina, a sorpresa la scarcerazione di Alberto.
Il ragazzo resta indagato, certo, ma si è sempre dimostrato collaborativo, quindi per il GIP, non sussiste il pericolo di fuga, che ne renderebbe necessaria la custodia cautelare.
Gli indizi a suo carico devono essere approfonditi e al momento non garantiscono un quadro di indiscutibile gravità. Inoltre, quello che all’inizio era sembrato certo, ovvero la presenza di sangue sui pedali della bicicletta, non lo è più.
Non è detto che sia sangue, non è detto che il rilascio di quelle micro tracce sia contestuale all’omicidio, anche perché la bicicletta su cui viene trovato il sangue o presunto tale, è completamente diversa da quella vista dai testimoni fuori casa Poggi.
Si tratta, infatti, di una bicicletta da uomo di colore bordò e marrone.

L’arma del delitto
Purtroppo non c’è molto da dire a proposito dell’arma che ha ucciso Chiara Poggi. Semplicemente non c’è. Non è mai stata trovata e il tipo di ferire sul corpo della vittima non ha fornito informazioni utili per individuarla.
Secondo il Dottor Marco Ballardini, il medico legale che eseguì l’autopsia sul corpo della vittima, l’arma che uccise Chiara, è uno strumento pesante, rigido di probabile origine metallica, caratterizzato da una stretta superficie battente, con margini regolari ed una punta.
Una descrizione che potrebbe essere compatibile con un martello da muratore che ha una massa battente da una parte e una specie di lama con scalpello dall’altra.
Il 3 novembre 2008 Alberto Stasi viene rinviato a giudizio. Il ragazzo chiede ed ottiene di essere giudicato con rito abbreviato.
Abbreviato per modo di dire, visto che dall’omicidio di Chiara Poggi alla sentenza definitiva passeranno più di otto anni.
Manca sempre qualcosa…continua
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