Filosofia coatta: una chiacchierata con Giulio Armeni

giulio-armeni-filosofia-coatta

Giulio Armeni: il volto e l’anima di Filosofia Coatta

C’è una materia che, da sempre, spaventa i liceali. E no, non è la matematica.
La filosofia, spesso additata come retorica fine a se stessa, aveva decisamente bisogno di una ventata di aria fresca per tornare alla ribalta.
Fortunatamente, esiste Giulio Armeni!
Giulio è la voce e l’ideatore di Filosofia Coatta, una pagina che rivisita temi filosofici e di attualità e li ripropone in chiave ironica.
Qualche giorno fa, ho avuto l’opportunità di passare un pomeriggio con lui (purtroppo virtualmente).
Giulio è una ventata di aria fresca nel vero senso della parola. Dotato di una dolcezza e di una disponibilità uniche nel loro genere, ha decisamente riempito la stanza con la sua simpatia e la sua sensibilità.
Nonostante lo schermo fra di noi, parlare con Giulio è stato come parlare con un amico di vecchia data: meraviglioso!
Giulio, come molti giovani, ha tanto da dire. In quest’intervista ci ha fatto viaggiare con lui fra i suoi ricordi e in una piccola parte del suo quotidiano. Non si è risparmiato affatto: ci ha concesso delle chicche che devono assolutamente essere lette!

Ciao Giulio! Innanzitutto, parlaci un po’ di te oggi: come stai? Chi sei? Come ti descriveresti?

Ciao! Tutto bene. Ho appena festeggiato il compleanno di mio padre e quindi ho mangiato molto.

Non saprei come descrivermi. Io gestisco una pagina social che si chiama Filosofia Coatta. Quando ci si definisce, però, si fanno sempre errori.
È un po’ come farsi un tatuaggio: fai un tatuaggio e poi magari dopo un anno non ti ci riconosci più.
Preferisco usare una definizione molto vaga per quello che faccio. Al momento è scrivere libri, fare meme e fare satira.

Ci parlavi di “Filosofia Coatta”. Ci spieghi un po’ come è nato questo format?

Format sembra una cosa seria. In realtà, tecnicamente è nato come un modo per divertirsi al liceo.
Io sono romano (ndr e anche un po’ napoletano, abbiamo scoperto!) e l’idea di iniziare a parodiare e divulgare contenuti di filosofia, mi è venuta per divertire i miei compagni di classe inizialmente.

Poi nel corso di questi 11 anni quello che scrivo ovviamente è cambiato. Sono cambiato anche io come persona.
Lo spirito originario con cui è nata Filosofia Coatta, però, si è mantenuto.
Anche il nome della mia pagina rimanda alla mia intenzione principale: far cozzare fra di loro elementi culturali percepiti come alti ed elementi culturali percepiti come bassi. Fare un po’ un ibrido fra sacro e profano.

Siamo curiosi: come si svolge il processo creativo? Cosa succede prima del risultato finale (come, per esempio, i post che vediamo)?

I contenuti che scrivo li chiamo memeromanzi. Tecnicamente, sono molto simili ai fotoromanzi di una volta. Semplicemente prendo degli screen da Internet: da video di Youtube, da interviste a personaggi dell’attualità, da conferenze stampa di politici. Poi li assemblo per creare delle storie, mettendoci prima delle didascalie che riformulano la realtà di quello spezzone video. È un po’ come fare il fumettista, ma senza saper disegnare.

Le idee per i miei post nascono principalmente in due modi.

A volte ci sono avvenimenti o video che mi colpiscono particolarmente. Quindi, parto da quel fatto che è arrivato sulla bacheca di tutti e modificarlo, creandoci una storia attorno.
Faccio un esempio: quando Ibrahimovic è andato a Sanremo si è creata una polemica perché la sua presenza sul palco faceva un po’ uno strano effetto. In quel caso, sono partito da quest’evento e l’ho modificato.

Altre volte, invece, parto da una mia idea, un mio parere o un paradosso. Insomma, da qualcosa che voglio esprimere. Invece di scriverlo semplicemente, però, lascio che siano dei personaggi ad interpretarlo.
È come quando un regista ha un’idea e si chiede “ok, chi è che può interpretare questa storia?”

Per fare un altro esempio. Avevo notato che in Italia nell’ultimo anno si è avviata un po’ una caccia all’untore.
Quindi ho pensato: chi è che potrebbe parlare di una cosa del genere? Chi è l’attore che potrebbe interpretare questo spaccato di realtà?
Mi è venuto in mente il filosofo Michel Foucault. Quindi, sono andato a trovare una sua famosa intervista.
Ho poi preso delle immagini da quest’intervista, guarnendole con delle scritte fatte da me che costruissero poi una narrazione.

Il processo non è sempre uguale. A volte va dal video o dall’argomento virale al post, altre volte parte dalla mia testa con un ragionamento che deve poi trovare il personaggio e le situazioni adatte che possano esprimerlo.

A noi sembra così facile vedere i tuoi post! Invece è evidente che c’è un attento studio dietro. Restando sempre nel campo filosofico e culturale, se dovessi scegliere un argomento che ti piace particolarmente ed un argomento che invece non ami, quali sceglieresti?

In realtà sono abbastanza onnivoro. Argomenti che non mi piacciono a priori ce ne sono pochi.
Diciamo che sicuramente ci sono argomenti con cui ho una maggiore confidenza. Ma a me piacerebbe potermi interessare di qualsiasi cosa.
Una vita è troppo poca. Vorrei avere molte vite per fare tante facoltà universitarie quanti sono i miei interessi!

Gli argomenti che non preferisco sono quelli che vedo come troppo astratti. Quando si parla di diritti, per esempio, senza aver ben chiaro cosa significhi nel concreto. A me piace andare ai fatti, alla carne delle cose.
Fra gli argomenti che mi interessano maggiormente, invece, c’è la filosofia del linguaggio. Mi ha dato gli strumenti per far caso a come le persone parlano, sia nella realtà fisica che in rete. Mi piace molto poter capire come dietro ai diversi modi di parlare si nascondano diversi modi di vedere la realtà.
Ovviamente, mi riferisco a tutti i tipi di linguaggio, perché ognuno ha una propria dignità.

Altro argomento che mi interessa molto sono le tecnologie, ma in un’accezione filosofica. Questa mia passione la devo soprattutto ad un mio professore universitario, Pietro Montani.
Nonostante l’età, aveva l’incredibile facoltà di collegare fra di loro cose apparentemente inconciliabili, come Kant con la sua Critica della Ragion pura e i social network. Approcciava le tecnologie mettendo in evidenza soprattutto il suo aspetto umano.
Mi ha trasmesso un modo di vedere la realtà che definirei indulgente. Credo abbia influenzato molto anche il modo in cui io mi esprimo, attraverso Internet e i meme.

Qual è secondo te il rapporto fra attualità e cultura passata? Questo tuo sguardo ironico e giovane potrebbe diventare un nuovo metodo per avvicinare i giovani ad argomenti che vengono spesso considerati noiosi?

Secondo me è un rapporto sempre dialettico.
Sono molto appassionato di Borges, uno scrittore argentino che nelle sue storie cercava sempre di creare un senso di eternità. Sembrava che lui stesso vivesse sia il proprio tempo che un tempo passato.
Riprendendo l’esempio su Michel Foucault: è un filosofo morto negli anni ’80, ma parla spesso della nostra attualità come se fosse ancora vivo. A me piace fare proprio questo: rendere presenti dei personaggi di epoche passate. Creare dei paradossi temporali, giocare con livelli temporali diversi per cercare di creare qualcosa di interessante che resista al tempo.

Per quanto riguarda la questione dello sguardo ironico, credo che oggi l’ironia sia un linguaggio fondamentale per affrontare certi temi un po’ più ostici, specie per i ragazzi. A me piacerebbe molto insegnare e, se dovessi farlo, sicuramente userei l’ironia per parlare agli studenti.
Allo stesso modo, però, non condivido la tendenza di questi tempi: cercare un’ironia fine a se stessa.
L’ironia è uno strumento incredibile, ma anche qualcosa dietro cui ci nascondiamo spesso. Alla lunga quindi, può essere un po’ alienante.
Alcune volte c’è bisogno di esporsi un po’ di più, anche a costo di risultare noiosi o pesanti. A volte, ad essere troppo leggeri c’è anche il rischio di essere inconsistenti, secondo me.

Hai da poco conseguito la laurea in filosofia e, come ben saprai, spesso fra colleghi di corso ci si chiedono delucidazioni sugli argomenti più ostici. Qualcuno ti ha mai chiesto di spiegargli un autore o un argomento in maniera “coatta”?

Io da queste situazioni solitamente scappo a gambe levate. Mi mettono ansia!
Per esempio, quando stai in fila ad un esame e ti chiedono “ma tu l’hai capita questa cosa“. Se c’è una cosa che non mi manca dell’università, sono questi momenti.
In genere cercavo di evitare questo genere di momenti. Per esempio, quelli in cui ci si incontrava per ripassare insieme. È una cosa che io non ho mai saputo fare: avevo sempre paura che ripassando mi rendessi conto di non sapere le cose.
Quindi non mi vengono in mente degli episodi particolari riguardanti l’università.

Una volta mi è capitata una cosa che in realtà non c’entra tantissimo, però la voglio raccontare.
Per qualche mese ho fatto doposcuola a dei ragazzini di scuola media, che quindi non studiano filosofia.
Una di questi ragazzini mi chiese cosa studiassi. Quando le dissi “filosofia”, lei mi fece la classica domanda: ma a che cosa serve la filosofia?
Io, non sapendole rispondere, le dissi “io attraverso la filosofia guardo le cose con occhi diversi”. La classica frase fatta!
E lei mi disse “ma tipo, se tu ora guardi fuori dalla finestra cosa vedi?”. Me lo chiese proprio come se studiare filosofia fosse come indossare degli occhiali. In quel momento fuori dalla finestra c’era un prato con delle pecore in lontananza.
Lei mi chiese come vedessi quelle pecore in ottica filosofica. Io risposi che spesso gli uomini sono come delle pecore: ci muoviamo in gregge, abbiamo bisogno di protezione o a volte pensiamo solo a brucare (e questa è una cosa che diceva anche Leopardi nel Canto del pastore errante).

Questo è stato un episodio in cui mi è capitato di spiegare qualcosa non proprio nello stile di filosofia coatta, ma comunque improvvisata.

Oltre ad essere molto attivo sui social, hai già pubblicato due libri. Uno è un manuale di filosofia rivisitato in chiave coatta. L’altro racconta la storia di Romeo e Giulietta, ma ambientandola ai nostri giorni. Hai altro in cantiere al momento?

Sì. Mi piacerebbe fare l’equivalente del manuale di filosofia coatta, ma parlando di storia e rivolgendomi ad un pubblico magari di liceali.
A me piace moltissimo la storia. Credo sia bella anche la storia d’Italia.
Uno dei miei personaggi preferiti è Alessandro Barbero. A volte faccio dei memeromanzi in cui immagino un Barbero in versione ologramma – un po’ in stile Futurama – che magari dal 2200 parla della realtà dei giorni nostri.

Mi piacerebbe scrivere un libro di storia, ovviamente umoristico. Questa però è un’idea vaga.
Invece ora sto realizzando un libro di satira, in cui cerco di mettere su carta lo spirito dei meme che scrivo.

Ora invece lascio a te la scelta. Scegli tu se dirmi come ti vedi fra dieci anni o se fare una cosa che, come ci hai detto, ti mette un po’ a disagio: spiegarci in maniera “coatta” un argomento a tuo piacere

Eh, fra dieci anni… Già in questo momento è difficile dire come mi vedo adesso. La cosa bella è che io qualche anno fa non avrei pensato di fare quello che sto facendo adesso.
Forse fra dieci anni mi vedo con l’acqua alla gola a causa del cambiamento climatico, ma non vorrei essere catastrofista.

In realtà, più che spiegarvi una cosa, vorrei darvi una chicca, qualcosa che ho ritrovato fra i miei appunti del liceo. L’avevo scritta a margine del mio libro di filosofia.
Ricordo che il mio compagno di banco sosteneva che la filosofia fosse inutile.
Io gli dissi “probabilmente hai ragione, però almeno può servire a saltare le interrogazioni di filosofia”. Lui, ovviamente, mi chiese cosa intendessi.
Io pensai che la filosofia fornisse delle ottime scuse per non essere interrogato. Per dimostrarglielo, scrissi una top dieci di scuse filosofiche per evitare l’interrogazione di filosofia.

Non ve le leggerò tutte per non annoiarvi, ma vi leggerò almeno le prime tre. All’epoca avevo 16 anni.

Al terzo posto abbiamo la scusa epicurea:

Armeni interrogato!
– Grazie Prof, ma oggi preferirei vivere nascosto
“.

Al secondo posto, c’è la scusa alla Hobbes:

Armeni interrogato!
– Mi scusi Prof, ma sento che venire alla cattedra andrebbe contro il mio sforzo di autoconservazione
“.

Al primo posto, infine, la scusa alla Cartesio:

Armeni interrogato!
– Scusi Prof, ma ieri il genio maligno mi ha mangiato il quaderno
“.

E questo ti spiega perché sono finito a fare quello che faccio adesso!

Così si è conclusa la nostra chiacchierata con Giulio Armeni: all’insegna dell’allegria. Ora vorremmo tanto tornare a scuola per poter usare queste scuse!
Giulio è una persona incredibilmente genuina: è impossibile non notarlo. Non possiamo che augurargli ogni bene!

Qui troverete il video con l’intervista integrale a Giulio. La visione è decisamente più che consigliata: sarebbe un vero peccato perdersela!

Print Friendly, PDF & Email
Ambasciator