Il senso della misura
Un amico mi ha raccontato di una diatriba accaduta, in un consesso istituzionale. Una disputa, secondo quanto notiziatomi, assolutamente fuori luogo innescata, per giunta, per evidente incompetenza, dell’iter procedurale afferente, proprio di chi reiterava inesistenti propositi.
Mi ha fatto riflettere, sull’evidenza dei fatti di questo tempo. Improbabili politici assurti a onori della cronaca non hanno, evidentemente, ancora compreso che tra gli oneri, degli onori stessi, vi è un limite invalicabile che solo un giusto ed equilibrato connubio tra educazione, cultura e modestia, può evitare di superare. Sembra assai strana la definizione di errore formale per connotare una svista enorme, ma è giunto il momento di darsi una severa regolata. Seguire l’esempio delle 3 “U” non sarebbe male.
Umanità (verso tutti perché “nun sputà ‘ncielo ca ‘nfaccia te torna”);
umiltà (in ogni contesto perché “ignarus rediit romam deductus asellus”);
umorismo (soprattutto verso se stessi perché il non prendersi troppo sul serio è segno di intelligenza).
Le complicazioni vanno attenuate non amplificate. Nel senso che se un problema è fattore 1 non si risolve portandolo a coefficiente 10, ma trattandolo per manifestarlo a 0. E così a seguire.
Insomma siamo al punto che “ignavis fortuna favet”.
Nun sputà ‘ncielo ca ‘nfaccia te torna – Non sputare verso il cielo perché ti ritorna sulla faccia;
Ignarus rediit romam deductus asellus – Chi bestia si reca a Roma, sempre bestia ritorna;
Ignavis fortuna favet – La fortuna favorisce gli sfaccendati.
Dal caso alla certezza
Un caso è un caso;
due casi fanno una coincidenza;
due coincidenze fanno una curiosità;
due curiosità fanno una domanda;
una domanda contempla una risposta;
la risposta presume una certezza.
Oltre il bello
Esistono modi per descrivere ciò che si prova, ma non sempre si riesce a essere chiari nell’esplicazione. Il trucco, l’abbigliamento, l’eleganza, l’avvenenza, il garbo, la classe, sono tutti elementi che possono determinare la bellezza. Tuttavia ci può andare oltre ed essere sensibili ad altri aspetti. Un sorriso, una parola, un abbraccio, un contatto, uno sguardo: ecco la bellezza che, generalmente, consente di comprendere l’importanza di chi ci sta di fronte.
Non è il nulla nel niente o il niente nel nulla, ma, più semplicemente, ciò che si percepisce.
Non interessa sapere per dirlo, ma conoscere per viverlo.
“Svilire e deridere il tempo passato, è inconsapevolezza o terrore?”;
“La dignità e la coscienza pulita, sono prerogative necessarie nelle decisioni difficili, qualunque dovesse essere l’esito”;
“È intrigante saper leggere tra le righe, si riesce a vedere chiaro anche dove il buio ha coperto ogni spiraglio di luce”.
Il risvolto
Il silenzio è dei prudenti e, sovente, diventa un imperativo, un obbligo, rispettarlo. Regole di condotta e di vita sociale ne consigliano l’utilizzo, ma capita di non riuscire a imporlo a se stesso. Spesso, tuttavia, è necessario per salvaguardarsi; in fondo ciò che è tale resta e nulla cambia.
A questo punto non serve più farsi piacere le situazioni, in fondo si sono scelte e, quindi, bisogna viverle.
L’oratoria infiamma, la critica infervora, l’accordo placa, ma nella mente permangono sempre le prime ed autentiche convinzioni.
Inevitabilmente, sbattono in faccia l’inganno che si è creato, il dito indica sempre nella stessa direzione.