Giancarlo Siani, 35 anni dalla sua scomparsa

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Il 23 settembre del 1985, il giornalista napoletano veniva assassinato dalla camorra a bordo della sua Méhari

Era sera, intorno alle 20:50 circa. Giancarlo stava ritornando dalla redazione de Il Mattino di via Chiatamone e si stava dirigendo verso casa sua, a pochi passi da Piazza Leonardo, nei dintorni del quartiere Arenella.

Chissà cosa si deve provare quando ti vengono puntate due pistole mentre sei nella tua auto. Quando credi di aver raggiunto il tuo posto sicuro, casa tua, dove nulla può accaderti. 10 colpi, in testa, scoccati dalle pistole di due sicari della camorra, inviati dai fratelli Nuvoletta.

Chi era Giancarlo Siani?

Giancarlo era un ragazzo di appena 26 anni, compiuti giusto qualche giorno prima della sua scomparsa.

Spento nel fiore dei suoi anni, mentre raggiungeva l’apice delle sue inchieste.

Consegue la maturità classica al Liceo G.B. Vico di Napoli per poi iscriversi e laurearsi in Sociologia, presso la Federico II di Napoli. Cominciò a collaborare da subito con vari quotidiani napoletani con il tarlo in testa di diventare un giornalista, ma non un giornalista qualunque, ma un giornalista giornalista.

C’è una scena all’interno del film Fortàpasc – pellicola a lui dedicata ed egregiamente interpretata da Libero De Rienzo, per la regia di Marco Risi – all’interno della quale Giancarlo si confronta con il suo capo, Sasà: un uomo piccolo e di bassa statura, come piccola appare la sua voglia di cambiare le cose, come piccolo appare il suo desiderio di elevarsi, in una rassegnata consapevolezza volta a tracciare la differenza tra un giornalista impiegato e un giornalista giornalista.

A fare da contorno, una spiaggia, sporca come la corruzione della nostra terra; vuota, come l’omertà che ci circonda.

Sasà: “Visto quanto è bravo il cane mio? Fa il cane e io faccio il padrone. Io sono il padrone del cane… e così è pure con gli uomini, Giancarlo, ci stanno i cani e ci stanno i padroni. Tu vuoi fare il cane o il padrone?”

Giancarlo: “Nessuno dei due, io voglio fare il giornalista.”

Sasà: “E lo sapevo che mi dicevi questo! E magari vuoi fare pure il giornalista giornalista, no? No, perché anche qua ci stanno due categorie: ci stanno i giornalisti giornalisti e i giornalisti impiegati. Io in verità ho scelto la seconda categoria e devo dire che non mi trovo male. Sì, tengo la macchina, tengo la casa, tengo l’assistente sanitaria e tengo pure il cane… perché i giornalisti giornalisti sono tutta un’altra cosa, Giancarlo. Quelli portano le notizie, gli scoop e non sempre si devono aspettare gli applausi della redazione. No, perché le notizie e gli scoop sono una rottura di cazzo… fanno male, fanno malissimo e allora, se ti posso dare un consiglio, stai a sentire Sasà: l’inchiesta che stai facendo, io non ne voglio sapere niente. Dai retta a me, questo non è un paese da giornalisti giornalisti, è un paese da giornalisti impiegati.

Le inchieste

Che poi Giancarlo, giornalista ancora non lo era manco diventato, ci stava riuscendo man mano, col sudore delle sue inchieste, delle sue ricerche. Scrisse precedentemente i suoi primi articoli per il mensile Il lavoro nel Sud, testata dell’organizzazione sindacale Cisl, e poi iniziò la sua collaborazione presso la redazione di Castellammare di Stabia come corrispondente da Torre Annunziata per il quotidiano Il Mattino di Napoli.

Da Torre Annunziata si occupò principalmente di cronaca nera e quindi di camorra, studiando e analizzando i rapporti e le gerarchie delle famiglie camorristiche che controllavano il comune e i suoi dintorni. Riuscì ad approfondire la conoscenza del mondo della camorra, dei boss locali e degli intrecci tra politica e criminalità organizzata, scoprendo una serie di connivenze che si erano stabilmente create, all’indomani del terremoto in Irpinia, tra esponenti politici oplontini e il boss locale, Valentino Gionta.

Siani con un suo articolo accusò il clan Nuvoletta, alleato dei Corleonesi di Totò Riina, e il clan Bardellino, esponenti della “Nuova Famiglia”, di voler spodestare e vendere alla polizia il boss Valentino Gionta, divenuto pericoloso, scomodo e prepotente, per porre fine alla guerra tra famiglie. Ma le rivelazioni, ottenute da Giancarlo grazie ad un suo amico carabiniere e pubblicate il 10 giugno 1985, indussero la camorra a sbarazzarsi di questo scomodo giornalista.

L’eredità di Giancarlo Siani

Il giornalismo, quello ben fatto, senza compromessi, è un mestiere per pochi. Persone votate al sacrificio e alla consapevolezza che la cronaca (quella vera), l’inchiesta e la denuncia costituiscono elementi rischiosi.

Il giornalismo si vive in prima persona, tra la gente, sul fatto. Una vocazione, dunque, che il giovane Giancarlo Siani aveva nel sangue, quello che ha versato nell’agguato subito quel maledetto 23 settembre 1985.

La sua colpa? Aver indagato troppo nei rapporti ambigui e controversi fra i clan camorristi di Torre Annunziata e i politici dell’amministrazione locale, svelando marciume e corruzione.

Siani rappresenta una di quelle icone destinate a perdurare nel tempo, tra le generazioni. Come Peppino Impastato. Uomini che hanno pagato il prezzo più caro in assoluto la loro voglia d’inchiesta, di verità.

Era il 2009, ero al mio primo anno di Liceo e come ogni anno successivo avremmo fatto, prendevamo parte al cineforum scolastico. Era un giorno di ottobre, andammo a vedere Fortàpasc. 11 anni dopo, sulla soglia dei miei 25 anni, riesco meglio ad immedesimarmi negli occhi di Giancarlo, nell’anima di un mio coetaneo, la cui morte ha consegnato all’eternità un ragazzo appena 26enne, pieno di vita, pieno di speranze. Un ragazzo pulito, che voleva fare qualcosa per la sua terra, come tanti di noi oggi proviamo a fare, nel nostro piccolo. Ma questa terra, la nostra, spesso con i suoi figli più meritevoli riesce ad essere molto crudele, fin troppo. E allora, proprio come nella scena conclusiva del film, caro Giancarlo, ti lascio andare immaginandoti ancora a bordo di quella Citroèn Méhari verde, oggi conservata al PAN di Napoli e in esposizione, mentre ascolti uno dei tuoi pezzi preferiti: “Ogni Volta” di Vasco Rossi.

 “Potrai cadere anche infinite volte nel percorso della tua vita, ma se sei realmente libero nei pensieri, nel cuore e se possiedi l’animo del saggio, non cadrai mai in ginocchio, ma sempre in piedi!“.

Giancarlo Siani

Fonti

https://it.wikipedia.org/wiki/Giancarlo_Siani


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