Banchetti interminabili, alimenti inusuali e salse di dubbia squisitezza. Cosa mangiavano i Romani? In cosa ci differenziamo da loro?
Da poco passate le Idi di marzo, restiamo in tema antica Roma. Fieri antenati di una tradizione (per altri ossessione) tutta italiana, gli antichi Romani tenevano in gran considerazione il momento del banchetto. Mentre colazione e pranzo venivano consumati alla svelta, la cena era ritenuto il pasto più importante. Ad essa era infatti dedicata una apposita grande sala (cenaculum) ed una speciale stanza in età imperiale, il triclinio. Data la sua grande importanza, la durata della cena rasentava la sproporzionalità: iniziava intorno alle quattro del pomeriggio e poteva concludersi anche a notte fonda. Per un evento del genere gli antichi Romani si preparavano con molta cura. Nulla doveva essere lasciato al caso.
La meticolosa preparazione degli antichi Romani
Per la soddisfazione dei loro appetiti e l’allestimento dei banchetti i Romani si erano organizzati scrupolosamente, avviando allevamenti di pesci, selvaggina, lepri, ghiri e ostriche. In vista di una occasione come la cena non badavano a spese e, dove non arrivava la produzione, compensava il commercio: dai paesi orientali ed africani, gli antichi Romani facevano infatti pervenire prodotti prelibati come vino e datteri.
È il mio gusto che cambia
Se da un lato si ha la sensazione che il nostro palato e quello dei Romani siano simili; dall’altro, a ben vedere, i millenni che ci separano ci allontanano così come farebbero da una qualsiasi altra civiltà contemporanea.
Il gusto infatti, così la moda, la bellezza e molti altri concetti soggetti al trascorrere del tempo, cambia non solo da popolazione a popolazione, ma anche da era ad era.
Quali sono le differenze con gli antichi Romani?
E così come sussistevano ricette e diete differenti tra l’una e l’altra popolazione, esiste un divario non insignificante tra quello che mangiamo oggi e quello che si mangiava prima a Roma. Sebbene parliamo di ingredienti tuttora presenti sulle nostre tavole, la differenza sostanziale consiste nella modalità di cottura e nelle spezie e sughi che li accompagnavano. Alimenti come i funghi, per esempio, venivano cucinati nel miele, mentre era consigliato far cuocere i piccioni in un intruglio a base di pepe, datteri, aceto, vino, miele, olio e senape. E queste sono solo due di moltissime ricette e prelibatezze provenienti dall’antica Roma.
Il garum degli antichi Romani
Oltre all’abitudine di accostare sapori dolci ed aspri, era davvero molto usuale per i Romani utilizzare brodi e salse di pesce. Questi tipi di accompagnamenti venivano preparati in mille modi e chiamati con nomi diversi: garum (quello più celebre), oxygarum, liquamen, muria, allec. I vari sapori testimoniavano i tipi di pesci utilizzati e i metodi di preparazione adottati.
Ingredienti per preparare il garum
- interiora di pesce
- pesce tagliato a dadini (in alternativa utilizzare pesci più piccoli)
- maschere antigas o simili
Il procedimento
La preparazione prevedeva che in un recipiente si mescolassero interiora e pezzettini di pesce fino ad ottenere una poltiglia omogenea. Questa veniva poi esposta al sole e battuta più volte in modo tale da attivare la fermentazione. Una volta trascorso il tempo adeguato si filtrava il composto, e il liquido ottenuto era il garum. Questo speciale condimento, pagato carissimo, veniva utilizzato in moltissime ricette e conferiva un sapore delizioso per gli antichi Romani, un po’ meno per noi. Un piatto perfetto si basava infatti sulla capacità di dosare alla perfezione questa salsina prelibata. A volte bastavano anche poche gocce, e il gioco era fatto.
De gustibus
Alcune domande adesso sorgono spontanee: quali sono gli alimenti che consumiamo nel nostro quotidiano e che domani saranno giudicati con diffidenza e guardati con stupore? Quali saranno i metodi di preparazione che faranno accapponare la pelle ai nostri eredi? Ai posteri l’ardua sentenza, ma una cosa è certa, da almeno duemila anni: che de gustibus non disputandum est.
Fonte: Vita romana: usi, costumi, tradizioni di Ugo Enrico Paoli