Parte il Guccifest, il festival online firmato Gucci per presentare la nuova collezione, dal 16 al 22 novembre
In un mondo in cui è la moda a doversi adattare alle nuove esigenze, Alessandro Michele – stilista e direttore creativo di Gucci – ci narra in una maniera del tutto singolare la sua nuova collezione.
Lo fa inaugurando il Guccifest, il festival online firmato Gucci, dal 16 al 22 novembre.
Resta infatti fedele alla sua scelta di qualche mese fa di svincolarsi dalle tempistiche imposte dalla fashion week.
Inserisce un po’ per volta all’interno di una narrazione senza inizio né fine, i suoi nuovi capi e le ri-edizioni dei look della sua prima collezione disegnata per #GucciFW15.
Gucci sperimenta la Settima Arte
Ouverture Of Something That Never Ended è la mini-serie di 7 episodi diretta da Gus Van Sant in collaborazione con Alessandro Michele per lanciare la nuova collezione.
Con le musiche di Kim Gordon seguiamo l’eccentrica routine quotidiana dell’attrice, artista e performer Silvia Calderoni.
Nel corso della storia, incontrerà talenti di portata internazionale quali Paul B. Preciado, Achille Bonito Oliva, Billie Eilish, Darius Khonsary, Lu Han, Jeremy O. Harris, Ariana Papademetropoulos, Arlo Parks, Harry Styles, Sasha Waltz e Florence Welch.
Silvia a casa, al bar, all’ufficio postale, in teatro, nel vicinato, al negozio vintage. Ogni episodio ha ambientazione diversa: luoghi familiari che diventano una passerella en plein air, in un mondo dove non tutto è come sembra, diviso tra realtà e immaginazione.
Il primo episodio è tra le mura domestiche della casa romana dell’attrice. L’arredamento, come i capi mostrati, richiamano gli anni 80, con una forte insistenza sui colori accesi, sulle tonalità dell’indaco e del turchese. Celebrazioni di sfumature di indaco è infatti una tra le frasi che Silvia annota su un pezzo di carta mentre lo scrittore e filosofo Paul Preciado -in un abito in lana-mohair e un fiocco nero al collo della #GucciFW15- tiene una conferenza televisiva sui generi, la sessualità e il corpo.
In una scena significativa, Silvia getta un vestito dal balcone di casa: non un abito qualunque, ma appartenente alla prima collezione di Alessandro Michele per Gucci (Autunno/Inverno 2015).
Un’ “apertura” di grande impatto, che evoca l’inizio di quel qualcosa che non è mai giunto al termine.
Questo vestito, insieme ad altri che compaiono nel film, è parte integrante della collezione Ouverture con l’esclusiva etichetta “Something That Never Ended”.
Come seguire il Guccifest
Gucci pubblicizza l’iniziativa del Guccifest con #ArtWall a Milano, Londra e New York, tappezzando le facciate dei palazzi per annunciare l’apertura di qualcosa che non è mai finito.
Scannerizzando il codice QR della locandina si accede al sito web del festival, in alternativa si può usare il canale youtube di Gucci, sul quale verranno caricati gli episodi della mini-serie.
Un calendario ti aggiornerà sulle messe in onda giornaliere dei contenuti, inclusi i cortometraggi di 15 designers emergenti supportati dalla Casa e selezionarti da Alessandro Michele per mostrare le loro collezioni.
Stasera alle 21:00, in onda il secondo episodio: at the cafè.
Una festa di lucciole
In questo tempo di strappi, in cui l’ordine delle cose vacilla e la notte sembra avvolgere ogni cosa, siamo chiamati a un compito difficile: riuscire a scorgere, nell’oscurità, la presenza gioiosa delle lucciole.
Alessandro Michele sostiene che le lucciole non sono scomparse come aveva teorizzato Pasolini, ma è scomparsa la nostra capacità di vederle.
Sente così la necessita di convocare una festa, di scintille e promesse per il futuro, un festival di lucciole.
In questo spazio cercherà di riunire giovani menti creative con i loro giuramenti di bellezza.
Per una settimana, il festival sarà attraversato da storie eccentriche e vitali, storie che mettono al centro l’umano, continua lo stilista; ma anche dalle storie sottili e fragili, che rischiano di rimanere nell’ombra o di non essere ascoltate.
La potenza dello storytelling, al nutrimento che offre per non soccombere al sonno della lingua.
È necessario un abbraccio, lento e silenzioso. Quello stesso abbraccio che oggi non possiamo fisicamente scambiarci ma che, dal fondo della sua mancanza, ci ricorda che non possiamo farcela da soli.