I danni collaterali: una prerogativa dei poveri
L’espressione danni collaterali nasce nel contesto militare per indicare le conseguenze indesiderate e tuttavia accettabili delle operazioni belliche.
Nel corso del tempo, tuttavia, tale espressione smette di essere una peculiarità della guerra, evolvendo in fenomeno sociale.
Un cambiamento che mai come prima di oggi appare tangibile e che accentua le diseguaglianze sociali.
Come Zygmunt Bauman asserisce nel suo omonimo libro “Danni collaterali“, questi rappresentano uno degli aspetti più inequivocabilmente sconcertanti della diseguaglianza sociale. Infatti, ad essere più esposti alle conseguenze dei danni collaterali, sono i poveri “per sempre segnati dal duplice marchio dell’irrilevanza e dell’indegnità”.
I danni collaterali, perciò, denotano gli effetti deleteri e tutt’altro che imprevisti di un determinato modo di agire politico e sociale.
La gestione dei vaccini per la pandemia in corso, è l’ennesima conferma di quanto appena sottolineato. Essa ribadisce ancora una volta un’implicita “disparità già in atto tra diritti e opportunità”.
La vaccinazione in Europa: tra utopia e realtà
La commissione europea, attraverso fondi di quantità ingente provenienti dai singoli paesi membri dell’Unione, è una delle principali fonti di finanziamento delle più rilevanti case farmaceutiche nella produzione dei vaccini.
Eppure, analizzando l’andamento delle forniture di somministrazioni, risulta palese come questa abbia dovuto cedere il passo, contrattualmente parlando, nei confronti delle stesse big pharma.
Nella gestione della strategia di vaccinazione, i grandi leader farmaceutici hanno realizzato contratti in relazione ai quali non vi è chiarezza sotto ogni aspetto. Informazioni di cruciale importanza come la negoziazione, la pubblicazione della documentazione contrattuale, i prezzi e i programmi di consegna oltre che i dettagli delle clausole di responsabilità, restano secretati nonostante le innumerevoli pressioni.
Come sottolineato da Manon Aubry, co-presidente del gruppo della sinistra europea The Left in the European Parlamient, nonostante si discuta di vaccini realizzati mediante l’esborso di miliardi di denaro pubblico, ciò che è stato oggetto d’acquisto non è l’insieme dei brevetti inerenti ai processi di realizzazione degli stessi.
Tali brevetti rimangono di proprietà esclusiva delle grandi case farmaceutiche. La conseguenza naturale di tale aspetto, è che per i singoli stati risulta impossibile la produzione su larga scala. Perciò, allo stato attuale, la soddisfazione della domanda di dosi di cui il globo necessita, resta un’utopia.
L’intervento dell’eurodeputata francese, è finalizzato a non giustificare l’esistenza del danno collaterale come conseguenza indiretta di un comportamento i cui benefici sono superiori ai costi. L’obiettivo ultimo è delegittimare il concetto secondo il quale in quanto “collaterale”, non esiste responsabilità associabile a persona fisica o giuridica per aver cagionato direttamente o indirettamente il “danno”.
Il vaccino: un bene non per tutti
Secondo l’ente People’s Vaccine Alliance, coalizione di organizzazioni non governative che annovera, tra gli altri, anche Oxfam e Amnesty International, in circa 70 paesi a basso reddito, nove abitanti su dieci rischiano di non poter accedere al vaccino contro il Covid-19. Infatti, oltre la metà delle dosi, è stata già acquistata dai paesi ad alto reddito dove vive meno di un sesto della popolazione mondiale.
In uno scenario in cui la salute è considerata alla stregua di un bene di mercato e in cui i brevetti dei vaccini sono proprietà privata, in sostanza si impedisce alle persone di avere salva la vita solo in funzione del paese in cui sono nati e del denaro che possiedono.
Come afferma Medici Senza Frontiere:
“Rendere il vaccino un lusso per pochi non è una soluzione per sconfiggere il virus né per salvare vite”.
È fondamentale non imporre brevetti permettendo ad altri produttori la realizzazione del vaccino potenzialmente salvavita e superare definitivamente la logica del profitto.