Il linguaggio astratto come espressione dell’universale nell’opera di Mondrian
La formazione artistica
Il linguaggio astratto come espressione dell’universale. Così si può sintetizzare l’approdo di Mondrian all’Astrattismo. Esso si verifica durante gli anni della Grande guerra trascorsi in Olanda. L’artista abbandona le tecniche tradizionali apprese all’Accademia, per una sempre più decisa e progressiva direzione verso la forma pura ed essenziale. Secondo Mondrian, infatti, ogni ente presente in natura cambia continuamente il suo aspetto all’interno di una realtà che, al contrario, rimane immutata e costante nel suo significato profondo e autentico. Di conseguenza, è necessario che l’arte sia svincolata dalla rappresentazione della “particolarità”; cioè dalla riproduzione pittorica di figure e oggetti reali.
Colti nella loro mutevolezza e dinamicità, per rendersi “espressione dell’universale”, dell’essenza della realtà che, a dispetto degli eventi contingenti, resta sempre uguale a se stessa.
Verso l’astrattismo geometrico
Il raggiungimento di un’astrazione totale, tuttavia, investe l’opera dell’artista olandese solo qualche anno dopo, precisamente nel 1919.
Dopo aver conosciuto il pittore e architetto olandese Theo van Doesburg, Mondrian fonda con lui la rivista De Stijl (Lo Stile); inaugurando una nuova e più complessa fase all’interno della sua esperienza artistica, un vero e proprio “nuovo linguaggio”, quello del Neoplasticismo. Ed è proprio l’artista a fornire le linee ideologico-formali del gruppo nel Primo manifesto di De Stijl: in un primo tempo, l’arte deve identificarsi con la vita interiore dell’artista; escludendo qualsiasi elemento che sia riconducibile alla realtà esterna e oggettiva. In questo modo, però, l’arte rischierebbe di rappresentare la “particolarità” del reale. Così, tutto ciò che è mutevole ed insieme proprio di ogni singolo individuo (stati d’animo, sentimenti, emozioni, prospettive personali…).
Dal particolare all’universale ovvero: il linguaggio astratto come espressione dell’universale
Allo scopo di rappresentare la realtà nella sua essenza autentica e nella sua forma immutata, l’artista neoplastico deve concentrare tutti i suoi sforzi nell’eliminazione di quegli elementi pittorici che possano riferirsi all’interiorità soggettiva. Operare quindi in vista di una composizione costruita attraverso l’uso esclusivo di linee rette verticali o orizzontali e la stesura piatta ed omogenea dei soli tre colori primari.
L’adozione di eventuali linee curve e la presenza di sfumature cromatiche, che includano altri colori oltre quelli primari. Sarebbero, in tal senso, sinonimo della presenza di una possibile componente soggettiva.
In modo non dissimile da quanto si osserva nell’operazione artistica messa a punto da altri esponenti della pittura astratta, anche l’esperienza di Mondrian verge sempre più verso una sorta di “ritorno alla forma”.
Essa, pur risolvendosi in un chiaro riferimento alla pura essenza della realtà, accoglie in sé il colore racchiudendolo entro figure geometriche ben definite.
La forma autentica della realtà
Nelle sue opere, dunque, è evidente la volontà di dar vita ad una rappresentazione che, seppur ancora ispirata ad un contesto reale ed esistente, tende a renderlo nella sua essenza ontologica ed essenzialità formale. La riduzione della realtà all’essenzialità dei suoi tratti elementari si riflette nella volontà artistica di rappresentare la consistenza ed il profilo mutevoli delle cose attraverso numerose linee rette.
Quest’ultime, svincolate da una rappresentazione naturalistica del contesto reale, sono volte a suggerire la presenza di un elemento esistente, noto all’osservatore, ma privato della sua forma concreta e consueta.
Mondrian ha voluto così rendere “l’universale”.
Quell’essenza che rimane sempre uguale a se stessa e che permea la realtà al di là del velo dell’apparenza e della contingenza;
invocando così al servizio della propria arte le forme pure e primordiali dell’essere.