Inevitabile ripresa dei contagi o no? Controlli carenti?

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La discussione è ampia, ma controversa, in quanto non è ben chiaro se ci sono controlli carenti o una inevitabile ripresa dei contagi?

La protezione della collettività è una priorità, ma quella personale non è da meno; siamo di fronte ad una inevitabile ripresa dei contagi o forse no?
Indubbiamente le soluzioni non sembrano semplici, ma il luogo dove ci si può sentire al sicuro assai incerto.
Da soli non è possibile condurre l’esistenza sociale: né dal punto di vista di una normale coesistenza e neppure da quello lavorativo.
I settori di condivisione sono tantissimi ed i contesti di criticità sempre in agguato.

Tuttavia le contraddizioni non mancano.
E’ sufficiente osservare un qualunque ingresso di strutture scolastiche. Per quanto alternati possano essere gli ingressi e gli accessi alle aule, all’esterno la calca non manca mai. Genitori, per le scuole primarie e studenti, nei rimanenti contesti, sono avulsi dall’osservanza del distanziamento e della prudenza.
I mezzi di trasporto, anche a causa di una scarsa frequenza, sono affollati. Specialmente nelle ore di punta.
Pubblici esercizi e altre variabili non ipotizzabili, fanno il resto.
Eppure, specialmente da come è stata affrontata la bella stagione, la situazione appariva più che ipotizzabile.

L’attuale realtà e lo scenario futuro

Quello che viviamo lo conosciamo, ne abbiamo piena contezza; lo affrontiamo quasi con rassegnata fatalità. Utilizziamo i dispositivi di protezione individuale, siamo accorti al distanziamento sociale, rispettiamo il turno all’esterno dei negozi attendendo di accedervi, evitiamo pure di camminare troppo da presso a chi ci precede e sulle scale mobili osserviamo i tre-quattro gradini di spazio.
Sembra bastare a chi è scrupoloso, ma lo stato dell’arte è tale da non essere sufficiente alla tutela della collettività e, quindi, alla difesa personale.
L’allarme “suona” da tempo, i numeri “parlano” chiaro, la situazione non è affatto allegra.
Tuttavia, pur immaginando cosa ci riserva il domani, siamo tutti indaffarati a esternare critiche e denunciare mancate attuazione di salvifiche ricette che, nessuno escluso, riteniamo di possedere.

Intanto le problematicità si espandono; il mondo dello sport – segnatamente il calcio per adesso – si sta incamminando su una via assai impervia; i focolai si (ri)appalesano e gli ospedali, purtroppo, si ripopolano.
La sola certezza, che trova terreno fertile, afferisce alla necessità di non ritornare al “tutti a casa”. Sarebbe definitivamente fatale per il comparto commerciale, per l’economia già assai provata dal regresso confinamento.

Preservare il territorio

Non possiamo girarci dall’altra parte e far finta di nulla: la situazione è complicata, ci chiediamo se c’è una inevitabile ripresa dei contagi o no
E, inoltre, l’evoluzione non appare approssimarsi in senso migliorativo. Purtroppo.
Dobbiamo pensare a tutelarci, per non incorrere in una recrudescenza pandemica dai risvolti tragici.
L’età media, dopo un abbassamento attribuibile alla folle estate, si sta rialzando e i casi di positività, in seno alle scuole, aumentano.

Le Asl sono allertate, i medici di base (MMG) molto attenti nel seguire la minima sintomatologia sospetta, ma ineluttabilmente, la pratica di tamponi in tempi celeri non è soddisfacente e, quindi, le conseguenze assai incerte.
Si ha la sensazione, in diverse occasioni, di navigare a vista. E’ un continuo alternarsi di sensazioni e di ipotesi in attesa di dirimenti “decisioni superiori”.
Stato di allerta prorogato, però con diversa prospettiva di opporsi alla questione incombente e temuta.
Soluzioni connotate di una certa vaghezza, minano la fiducia generale.
“Del doman non c’è certezza”, divulgava il Magnifico. Ma quella era un’altra situazione; l’attuale non è assolutamente paragonabile a quel carnevale del 1490.
Qui ci sta poco da star lieti e la giovinezza, tuttavia, non aiuta; neppure quella fuggita.
Nell’attesa: speriamo di cavarcela.

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STEFANO POPOLO

CEO & Founder

Classe 1993, fondatore di Ambasciator e giornalista pubblicista.
Ho pensato al nome Ambasciator per raccontare fedelmente la storia delle persone, come strumento e mezzo di comunicazione senza schieramenti. Ambasciator, non porta penna.

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