L’intervento di Michele Bravi durante il concerto del primo maggio, in risposta al monologo di Pio e Amedeo
Abbiamo gioito guardando Fedez lottare per poter esprimere la propria opinione al concerto del Primo Maggio, su un’emittente televisiva pubblica, in prima serata. Anche in un contesto concepito come a-politico, senza rispettare il principio del contraddittorio.
Come mai abbiamo comunque gioito?
È semplice: il suo era un punto di vista che valeva la pena di essere ascoltato. Educativo e obiettivo. Profondamente condivisibile. Non offensivo. Senza entrare nel merito di una polemica sulle reali intenzioni. Che fossero egoistiche o meno, le parole che ha pronunciato su quel palco e in quel momento, erano condivisibili.
Ci ha ricordato come sfruttare positivamente un’influenza come la sua, la voce di cui ogni artista dovrebbe approfittare per diffondere messaggi giusti. Che si tratti o meno di coraggio.
Solo qualche giorno prima Pio e Amedeo erano al centro della polemica.
Altrettanto importante è stato l’intervento di Michele Bravi.
Come collegare tutti questi elementi?
Parliamo di censura.
Parliamo di censura
Quanto è deontologicamente corretto censurare?
Ciò che il discorso di Pio e Amedeo suscita non è ilarità. È preoccupazione.
Si pensi a tutti i bambini, i ragazzi che si stanno ancora formando, che per puro caso hanno ascoltato quel discorso.
Si pensi a tutti coloro che quotidianamente si nascondono dietro presunte intenzioni mal espresse o mal interpretate.
Un discorso con i giusti tempi comici, formalmente ben organizzato. Qual è il rischio?
Che a loro si possa dare ragione, che la loro stessa indubbia buona intenzione possa essere travisata.
Che non venga preso in considerazione il punto di vista sostanziale.
La leggerezza può essere un grande pregio, ma deve essere ben ponderata. È un’arma a doppio taglio ed è pericolosa.
L’intervento di Michele Bravi ce lo ricorda.
Il contraddittorio
Dovendo consentire a tutti la libertà di esprimere la propria opinione, politicamente corretta o scorretta che sia, è necessaria la sussistenza del contraddittorio, come principio base per una comunicazione televisiva aperta.
Specialmente in casi come questo, in cui a rivendicare il diritto di ironizzare sono stati comici estranei alle comunità di cui si sono fatti portavoce con pretesti opinabili. Lasciamo piuttosto che sia la parte lesa a pronunciarsi, che è d’altronde il presupposto fondamentale dell’Autoironia.
Quindi grazie Michele, in questo caso era più che necessario che gli equilibri venissero ripristinati.
Il contraddittorio, nella polemica avviata immediatamente dopo il concerto, è stato identificato come principale punto divisivo per quanto riguarda l’intervento di Fedez, protagonista indiscusso della serata, accusato di non averlo rispettato. Fedez e la moglie Chiara Ferragni, sono stati più volte accusati di avere anche interessi di natura economica, argomentazione sicuramente più debole. In effetti fa sorridere se si pensa che i coniugi Lucia – Ferragni dispongono di uno share superiore a quello di una prima serata televisiva, solo nelle storie di Instagram.
Sorge spontaneo pensare, dopo gli svariati scandali televisivi di quest’anno, dal tutorial per le conquiste al supermercato delle casalinghe durante le quarantene, per finire con il tanto discusso monologo di Pio e Amedeo, che le emittenti televisive, private o pubbliche, non esercitino il giusto controllo su ciò che trasmettono.
Che non si preoccupino del ruolo pedagogico e istruttivo che la televisione potrebbe assumere. Quanti importanti messaggi potrebbe veicolare. Messaggi di accettazione, inclusione e apertura.
Perché se in prima serata assistiamo a tentativi di “normalizzazione” di parole offensive ma, intanto, si creano problemi per una denuncia sociale importante come quella di Fedez, allora è evidente che c’è un problema.
L’intervento di Michele Bravi sul palco
Michele Bravi ha approfittato del suo tempo sul palco del Primo Maggio per un promemoria sulla sostanza.
Ci ricorda che forma e intenzione non sono poi così distanti, perché è proprio nella forma che deve condensarsi l’intenzione.
La delicatezza, la gentilezza, l’educazione, sono aspetti nei quali forma e intenzione vanno a convergere. Fanno la profonda differenza tra noi e gli animali.
Scegliere con cura ogni parola, avere premura di non mandare all’aria anni di lotte, vite spezzate e anime coraggiose. Le scelte linguistiche fanno la storia, sono foriere del messaggio di culture intere. Non possono essere banalizzate.
Alla leggerezza viene dato tanto spazio, quotidianamente. Continuamente la pesantezza viene etichettata come tragico difetto. Alla leggerezza, in una dialettica oppositiva, scegliamo di contrapporre la ponderazione, il rispetto.
L’intervento di Michele Bravi:
“in questi giorni si è parlato moltissimo del peso che hanno le parole.
Michele Bravi
Qualcuno ha anche detto che l’intenzione è più importante delle parole che si usano.
Io una cosa da cantautore la voglio dire.
Io uso le parole per raccontare la mia visione creativa del mondo e per me le parole sono importanti, tanto quanto le intenzioni. Le parole scrivono la storia.
Anche quelle più leggere possono avere un peso da sostenere enorme.
Ci ho messo tanti anni a trovare le parole giuste per cantare il mio amore per un ragazzo”.
L’intenzione non è più importante delle parole che si usano, perché le parole che si usano riflettono le intenzioni.
Non esiste altra morale. Non esiste discorso retorico che possa confutare questo assunto, che prescinde dal “politicamente corretto”. L’ironia e il sarcasmo sono arti di cui bisogna assolutamente imparare il mestiere, prima di poter essere esercitati.
Perché no, non è l’ironia che salverà il mondo.
Il rispetto reciproco salverà il mondo.