Il Covid ha rivoluzionato in maniera inaspettata il modo di intendere la comunicazione e gli strumenti con cui impiegarla. Non tutti i mali vengono per nuocere però: da una crisi possono nascere nuove idee e possibilità. Come è cambiata la comunicazione digitale negli ultimi tempi e cosa resterà di queste trasformazioni dopo la pandemia? Ce ne parla Nicoletta Vittadini, docente di Web e Social Media presso l’Università Cattolica ed esperta da più di vent’anni delle loro evoluzioni.
Proviamo ad analizzare le ultime trasformazioni della comunicazione digitale: quali sono stati i fattori principali che hanno portato al cambiamento di questo settore?
Uno degli elementi principali è stato lo sviluppo delle piattaforme social, ciò grazie anche al Covid. L’attuale emergenza ha permesso infatti che queste piattaforme assumessero una dimensione editoriale sempre più evidente. Attraverso la creazione di veri e propri service informativi interni facevano comunicazione per evitare la diffusione di fake news. Ci troviamo di fronte a piattaforme che non solo hanno accettato la loro natura, ma hanno anche saputo coglierne le potenzialità per avviare una trasformazione.
Questa trasformazione si è intrecciata, o scontrata, con evoluzioni di altri settori?
Certamente. È chiaro che adesso il settore della comunicazione digitale sta fronteggiando anche evoluzioni di altri campi. Un caso esemplificativo è quello dell’intelligenza artificiale. È un settore in costante sviluppo: oggi offre interfacce in grado di interagire con gli utenti e mette a loro disposizione dei veri e propri virtual assistant. Si tratta di dispositivi che modificano le relazioni delle persone. Lo sviluppo del mondo degli assistenti virtuali è un elemento importante che cambierà ulteriormente le dinamiche della comunicazione, un altro fattore con cui doversi misurare.
In effetti L’emergenza Covid-19 ha sconvolto alcuni ambiti della comunicazione, tra cui il settore degli eventi. Cosa resterà dopo tutto questo?
Il settore degli eventi ha subito come tanti altri una digitalizzazione forzata. Molti di questi eventi dovevano essere reinventati e trasformati in appuntamenti virtuali. All’inizio c’era il timore di non riuscire a coinvolgere il pubblico atteso ma si è riusciti a raccogliere una fetta di spettatori significativa. Ora non si può certo pensare che il mondo degli eventi si trasformi in un mondo di eventi virtuali. Tuttavia, come è avvenuto per la formazione e per tutte quelle attività solitamente svolte in presenza, possiamo immaginare un futuro di soluzioni ibride. Soluzioni che consentano di affiancare al pubblico tradizionale un pubblico potenziale, quello a distanza. E ciò deve essere considerato un ampliamento della capacità di raggiungere l’utente, non un limite.
Nel suo testo “Le professioni della comunicazione. Oggi e domani” si parla di competenze verticali. Quali sono quelle più richieste?
La prima è legata certamente all’analisi dei dati: c’è sempre bisogno di persone che sappiano analizzare le performance, le campagne e le tracce che lasciamo in rete – le cosiddette digital footprints – per attuare una strategia che risponda alle esigenze degli utenti. Non si tratta quindi solo di saper leggere i dati ma anche di ascoltarli quando vogliono dirci qualcosa. Si tratta di ascolto della rete e di un’analisi a 360 gradi che non è costituita solo da competenze tecniche e matematiche ma anche linguistiche e umanistiche. Bisogna saper creare un mix perfetto.
Altre competenze e capacità necessarie?
Nell’area del content management è richiesta la capacità di riempire di contenuti significativi i canali di proprietà delle istituzioni, delle associazioni o delle case editrici. In questo caso saper scrivere un bel post non è sufficiente e non basta saper usare bene i social. Bisogna anche saper costruire dei piani editoriali efficaci dentro cui collocare la promozione. Altre competenze riguardano la gestione della comunicazione di crisi, per esempio nell’ambito delle Digital PR: saper gestire, curare e monitorare la reputazione di un’azienda è fondamentale perché, come abbiamo visto, le crisi possono manifestarsi all’improvviso. Ulteriore spazio lo trova poi la capacità essenziale di saper creare una resistente rete di contatti, soprattutto con gli influencer, diventati ormai un polo estremamente importante all’interno del mondo digitale.
Ci sono consigli per chi si affaccia al settore e per chi fa già parte del mondo dei professionisti della comunicazione digitale?
Credo che possa valere per entrambi il consiglio di non accontentarsi delle tecniche che si possiedono e delle pratiche che si applicano perché, se ci si muove nel campo della comunicazione digitale, ci si muove in un campo che non sta mai fermo. Bisogna sempre mantenere accesa la curiosità e viva la volontà di comprendere il nuovo. Il pericolo più ricorrente sia per i giovani sia per gli esperti è infatti quello di adagiarsi sugli allori. Per i primi questo si tramuta in paura di confrontarsi, per i secondi nell’errore di limitarsi a lavorare nella propria comfort zone, dove tutto ha sempre funzionato. Le sfide che provengono dal mondo della comunicazione digitale sono quotidiane e proprio per questo bisogna avere coraggio e non fermarsi mai.

Intervista realizzata nell’ambito del Master in Professione Editoria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e pubblicata sul blog ufficiale del Master.
ambasciator.it
A title
Image Box text
STEFANO POPOLO
CEO & Founder
Classe 1993, fondatore di Ambasciator e giornalista pubblicista.
Ho pensato al nome Ambasciator per raccontare fedelmente la storia delle persone, come strumento e mezzo di comunicazione senza schieramenti. Ambasciator, non porta penna.