Uno dei più brillanti giornalisti italiani che indagò coraggiosamente su Cosa Nostra, sulla criminalità organizzata e sugli intrighi politici che durante gli anni di attività del giornalista si macchiarono di crimini efferati
Palermo, via delle Magnolie 58, ore 21.10 del 16 settembre 1970. Il giornalista del quotidiano “L’Ora” Mauro De Mauro, parcheggia la sua auto e sul portone scorge la figlia Franca con il suo fidanzato Salvatore, anche loro appena giunti. Avrebbero dovuto cenare assieme quella sera, a pochi giorni dal loro matrimonio.
Anche loro si accorgono di lui e lo aspettano davanti all’ascensore. Passa qualche attimo, Franca torna su i suoi passi perché il padre, che avrebbe dovuto raggiungerli, non arriva. Giusto il tempo per sentire qualcuno dire “Amunìnni “ e vedere il padre “con la faccia tirata“, allontanarsi in macchina in compagnia di altre persone.
E’ l’ultima volta che Franca vede il padre. Undici ore dopo la famiglia denuncia la scomparsa ed iniziano le indagini. La sera successiva l’auto venne ritrovata a qualche chilometro di distanza in via Pietro D’Asaro.

La BMW fu ispezionata con cura, il cofano fu aperto dagli artificieri con cautela, perché tutti ricordano la strage di Ciaculli, località nella zona sud est di Palermo, avvenuta il 30 giugno 1963, dove una Giulietta imbottita di tritolo esplose provocando la morte di sette uomini delle forze dell’ordine.
Nel cofano non furono trovati elementi utili, solo una maschera da sub e un paio di pinne. La Polizia fa fiutare ad un cane poliziotto un maglione travato nella BMW, ma il cane arriva soltanto fino all’angolo della strada e poi si ferma. Nessuna traccia.
Il giorno dopo scattano le ricerche. Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza setacciano la zona con centinaia di uomini. Battono le campagne di Partinico, Alcamo e Monreale, arrivano fino a Corleone al bosco della Ficuzza, tutte zone note come “cimitero della Mafia”.
Fanno irruzione nei casolari deserti, perlustrano scarpate e grotte, fino al mare. Furono disposti posti di blocco lungo le strade. Ma non trovano niente, nessun indizio, neppure una traccia. Mauro De Mauro non c’è più, è scomparso, come se non fosse mai esistito.
Ma chi era Mauro De Mauro?
Di Mauro è un giornalista e quando succede qualcosa ad un giornalista la prima cosa che si pensa e che abbia scoperto qualcosa che non doveva scoprire. De Mauro scrive per l’Ora di Palermo, il giornale delle grandi inchieste e delle grandi battaglie.
Un giornale scomodo, vicino al Partito Comunista, piccolo ma agguerrito, poco più di ventimila copie vendute con fotografie in prima pagina e titoli forti gridati dagli strilloni per le vie di Palermo, che parlano di omicidi, di mafia e di scandali.
Le inchieste dell’Ora non passano mai inosservate e il direttore del giornale e molti dei suoi giornalisti, finiscono spesso in tribunale querelati dall’assessore ai Lavori Pubblici e poi sindaco Vito Ciancimino, dall’Onorevole Salvo Lima, dall’Onorevole La Loggia.
Nel 1958 il giornale pubblica un’inchiesta sulla Mafia e sotto ci mette la foto di uno dei boss emergenti, con tanto di scritta “Pericoloso”, Luciano Leggio detto Liggio che non gradisce e il 1 ottobre 1958 fa esplodere una bomba nella tipografia del giornale.
L’Ora non è un giornale qualunque e, Mauro De Mauro, non è un giornalista qualunque.
De Mauro era un personaggio veramente particolare, che male si amalgamava con la base culturale del suo giornale, che era una base di sinistra ideologica e Mauro era arrivato per vie “strane” al giornale, lui che veniva dall’esperienza fascista, era stato uno dei “ragazzi” della Xª MAS del Principe Junio Valerio.
Su di lui circolavano brutte voci, si diceva che prima di entrare nella Xª MAS avesse fatto parte delle SS italiane e che avesse collaborato con la Gestapo di Kappler, partecipando di persona, ad interrogatori ed eccidi come quello che nel marzo del ’44 alle Fosse Ardeatine massacra 335 tra ebrei e antifascisti.
Questa accusa si rivelerà falsa e De Mauro venne totalmente assolto da un successivo processo.
Sull’Ora Mauro De Mauro scrive di tutto, scrive del primo atterraggio di un aereo di linea all’aeroporto di Punta Raisi e della “modernizzazione” dell’ufficio delle tasse, scrive della tradizione del “delitto d’onore” e dell’arrivo della pillola anticoncezionale a Palermo.
Ma soprattutto è un cronista di nera che conosce tutti, poliziotti, carabinieri e magistrati dal grado più basso a quello più alto, fino al grado più alto, il Ministro degli Interni Franco Restivo, che è un amico di famiglia.
De Mauro scrive dell’omicidio del Commissario Cataldo Tandoy, capo della Squadra Mobile di Agrigento, ucciso dalla Mafia nel 1960 assieme ad un ragazzo di 18 anni che passava li per caso.
Scrive dell’omicidio di Carmine Battaglia, assessore Socialista di Tusa un comune in provincia di Messina, ucciso nel 1968.
Scrive di Serafina Battaglia, lui sarà uno dei primi ad intervistarla, una donna a cui la Mafia ha ucciso il marito e il figlio e che invece di starsene zitta, rompe il muro dell’omertà e denuncia gli assassini.
Segue il processo dei Frati di Mazzarino, quattro frati di un convento in provincia di Caltanissetta accusati di aver diretto una banda di estorsori e di assassini. Partecipa all’inchiesta della Palermo di notte e quella delle mazzette nel mondo del calcio e a quelle grandi inchieste che, alla fine degli anni ’50, il giornale conduce sulla nuova Mafia, quella che si è appena inserita, in un giro enorme e molto pericoloso, quello del traffico di droga.
Articoli puntuali e precisi, che vanno oltre la semplice notizia, impaginati fitti e sotto, sempre la sua firma, Mauro De Mauro.
E’ per questo che Mauro De Mauro è sparito? Per qualcosa che aveva scritto?
Gli inquirenti rileggono tutti i suoi articoli, uno ad uno, anche a distanza di anni. Con l’aiuto della moglie Elda e delle figlie, la Polizia fruga tra i suoi appunti sia a casa che al giornale, ma non trova niente.
Certo sono articoli scomodi, sono inchieste importanti, ma sono cose già scritte quindi non costituiscono più un pericolo per il giornalista.
Aveva scritto di Mafia ma era un pezzo che non se ne occupava. Mauro e Mauro è un giornalista famoso e la Mafia non toccherebbe uno come lui, a meno che non fosse veramente necessario.
Fino a quel momento, l’unico giornalista ucciso dalla Mafia era stato Cosimo Gristina, corrispondente dell’Ora da Termini Imerese, la cui morte era fatta passare per un suicidio. Poi dopo Mauro De Mauro saranno tanti i giornalisti uccisi.
Come Giovanni Spampinato, corrispondente dell’Ora e dell’Unita, ucciso a Ragusa nel 1972. Come Peppino Impastato che dalle onde di Radio Out a Cinisi, denuncia i crimini di Don Tano Badalamenti che lo fa ammazzare nel maggio del ’78 o Mario Francese, cronista di nera per il Giornale di Sicilia, uno che è tra i primi a mettere su di un giornale i nomi e gli interessi dei Corleonesi e di Totò Riina, ucciso nel gennaio del ’79.
Giuseppe Fava, direttore de “I Siciliani” ucciso a Catania nel 1984. Mauro Rostagno ucciso nel settembre 1988 e Beppe Alfano, corrispondente della “Sicilia” ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, nel ’93.
Sono tanti i giornalisti uccisi da Cosa Nostra in Sicilia, sono otto.
Ma forse se Mauro De Mauro non è scomparso per qualcosa che aveva scritto, forse è scomparso per qualcosa che ancora doveva scrivere
Ad un certo punto arriva una telefonata anonima ai centralini della regione Sicilia, Mauro De Mauro è morto, è stato ammazzato e il suo corpo mutilato, si trova nei boschi della Ficuzza, a Corleone.
Immediatamente scattano le ricerche mentre la notizia fa il giro fa il giro di tutti i giornali. Ma non è vero. Carabinieri e Polizia setacciano il bosco palmo a palmo, con i cani fino all’alba, ma non si trova niente.
Il corpo di Mauro De Mauro non è mai stato rivotato.
Qualunque cosa gli sia accaduta, è sempre scomparso. Ma perché è scomparso Mauro De Mauro? Cosa volevano quei tre uomini, apparsi dal nulla, che lo hanno prelevato la sera del 16 settembre. Ma soprattutto, chi erano?
Se Mauro De Mauro non è stato rapito per qualcosa che aveva già scritto, forse lo hanno preso per qualcosa che doveva ancora scrivere.
Come sempre in Sicilia, in Italia e in quelli che si chiamano “I Misteri Italiani” a fare più paura non sono le risposte, ma le domande!