L’Italia che deve chiedere perdono a Maria Paola e Ciro

La morte di Maria Paola Gaglione: un paese che ha dimostrato di avere ancora tanto da imparare

Photocredit @ciromigliore_

L’11 settembre si consuma, sulla strada che collega Caivano ad Acerra, una tragedia che ha fatto rabbrividire l’Italia.

Maria Paola Gaglione, 18enne, è sullo scooter con il suo fidanzato, Ciro Migliore. I due giovani stanno rientrando nella casa dove convivono.
Il fratello della ragazza, Michele Antonio, li incontra, e inizia ad inseguirli.
Li sperona, forse più volte, i due innamorati perdono il controllo del veicolo.
Maria Paola muore sul colpo. Ciro riesce a salvarsi.

Secondo gli investigatori, Michele Antonio esce dalla macchina e, come se non bastasse, aggredisce fisicamente il ragazzo, mentre, la sorella accanto, non respira più.

Il dramma di Ciro e Maria Paola

Il motivo, alla base di tutta questa violenza, è che, Ciro, è un uomo transgender e, la famiglia di Maria Paola, non riesce in alcun modo ad accettare che la giovane lo ami. Che la loro storia prosegua da 3 anni.

La conseguenza è la morte di una giovane ragazza, innamorata.

Michele Antonio ha ucciso sua sorella. Questo, non cambierà.
Inoltre, dice agli inquirenti che non era sua intenzione ucciderla, che lui voleva solo parlarle. Voleva farla ragionare perché, Maria Paola, ormai, era stata infettata.

Nel frattempo, Ciro, ancora ricoverato, e sua madre, lanciano pesanti accuse alla famiglia Gaglione che, accompagnate dalle parole di Michele Antonio, non sembrano essere così inverosimili.
Rosa, mamma di Ciro, scrive un post su Facebook, nel quale afferma che, suo figlio, in passato, era stato più volte minacciato dalla famiglia di Maria Paola e, da tempo, l’intento era quello di ammazzarlo.“I figli si accettano come sono, non si uccidono” scrive la donna, augurando, nel terminare il post, alla giovane ragazza, di riposare in pace.

Ciro Migliore incalza; afferma che la famiglia di Maria Paola Gaglione aveva, più volte, affermato di preferire la giovane morta piuttosto che fidanzata “con uno così”.
Racconta di tutte le minacce subite, da lui e la sua famiglia, dal padre, fratello e altri parenti della sua fidanzata.

Attenuanti insostenibili

Una storia che ha destato, a giusta ragione, scalpore ed indignazione.

Di fronte a questa vicenda, non si può che rivolgere un pensiero a Maria Paola, strappata alla vita, in un modo così brutale, per la sola “colpa”, ritenuta tale dalla sua famiglia, di amare.

Invidiabile, il coraggio di questi due ragazzi, osteggiati in tal modo, che solo con la forza dell’amore e l’appoggio della famiglia di lui, hanno difeso, con tutte le loro forze, la relazione per 3 anni.

Ad aggiungere scontento sono anche le parole del parroco, il già celebre don Maurizio Patriciello, che, riguardo alla vicenda, afferma: “Non credo volesse davvero uccidere la sorella, forse voleva darle una lezione, saranno le indagini a stabilirlo. Di certo non era preparato culturalmente a vivere la relazione della sorella”. 

Parole, che hanno fatto indignare il segretario di Arcigay Napoli, Antonello Sannino. Nega, con forza, che il problema sia il contesto culturale.
D’altronde, i due giovani, si sono conosciuti poiché abitavano entrambi nel Parco Verde di Caivano; la reazione alla loro relazione, da parte delle due famiglia, è stata diametralmente opposta, benché il contesto, sia il medesimo.

È indubbio che, spesso, le realtà periferiche siano abbandonate a loro stesse. Non è assurdo dire che ci sia più chiusura in questi contesti, ma ciò non rappresenta, in ogni caso, un’attenuante.
La realtà è che, far risalire il tutto ad un problema culturale, crea un alibi che non può, e non deve, essere ritenuto plausibile.
Da accettare, non c’è un bel niente.

Ci sono, purtroppo c’erano, due ragazzi, che si amavano, che vivevano da poco insieme e che volevano, semplicemente, godersi la loro storia d’amore.
Ciro, nelle ultime ore, pubblica alcuni messaggi che, la sua fidanzata, gli aveva inviato, proprio per dimostrare quanto amore ci fosse nella coppia e quanto lei tenesse profondamente a lui.

Il peso delle parole

Il problema principale subentra nel momento in cui ci si trova di fronte a persone che credono di possedere un muro di certezze, convinte che la vita possa andare in un’unica direzione; non accettano nulla al di fuori del loro quadrato.
Il problema sono queste persone.
Non il contesto, non il titolo di studio, neanche le frequentazioni. Queste, sono semplici attenuanti insostenibili.

Violenza su violenza, aggiunta anche da parecchi giornali e giornalisti. Pubblicano articoli, nei quali, non sanno come definire Ciro.
Parlano di lui al femminile, scrivono Cira, non danno valore all’identità che lui si è scelto, alimentando soltanto la violenza.

La verità è che questa vicenda ci ha dimostrato quanto l’Italia abbia bisogno ancora di crescere.
Nell’utilizzo delle giuste parole, nel non dover neanche concepire che ci siano cose che possiamo scegliere se accettare o meno.
Oltre al fatto che, ormai è chiaro, serve una legge contro l’omotransfobia.

Una parte dell’Italia deve chiedere perdono a Maria Paola e Ciro.
Ha tolto loro dignità, ha cercato giustificazioni, non ha rispettato a dovere Ciro, ha continuato ad ammazzare Maria Paola, rendendo vana la sua lotta.

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STEFANO POPOLO

CEO & Founder

Classe 1993, fondatore di Ambasciator e giornalista pubblicista.
Ho pensato al nome Ambasciator per raccontare fedelmente la storia delle persone, come strumento e mezzo di comunicazione senza schieramenti. Ambasciator, non porta penna.

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