Lockdown o non lockdown? Una scelta difficile

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La complessità di un “uomo d’amore” al tempo del Covid-19

Lockdowno o non lockdown? Lo dico chiaramente: invidio chi, oggi, ha un’idea precisa, decisa sul da farsi. Invidio chi mostra la sua incrollabile volontà, la sua irreversibile ricetta su come affrontare la crisi. Li invidio e non me ne dolgo.
Perché dinanzi al dilemma di chiudere o non chiudere, non riesco ad attuare quella razionalità che, solitamente, dovrebbe prevalere.
Forse perché sono un modesto “uomo d’amore” di “bellavistiana” memoria, ma la difficoltà c’è. Essa è evidente: economia o salute?
L’una non può prescindere dall’altra. Banale? Certo, lo è.

Il dilemma dello Stato: lockdown o non lockdown?

Lo Stato accetterà la sfida e si comporterà da Stato? Retorica? Certo, lo è. Possibile che la protesta ferma e civile – preferisco parlare solo di quella perché condanno ogni forma di violenza – debba essere ignorata per quello che è realmente, al di là degli ideologismi: richiesta d’aiuto ed incalcolabile pericolo sanitario. Demagogia? No, forse no.«Virtus est medium vitiorum et utrimque reductum» (La virtù è il punto medio fra due difetti, da entrambi equidistante) scriveva Orazio. Forse il senso è tutto qui.
Forse, appunto, perché in questo tempo di “tirare a campare” – a cui noi napoletani siamo abituati da tanto, troppo tempo – ogni forma di certezza crolla miseramente. Vivere “alla giornata”, in una lenta agonia dal finale scontato, inascoltabile una settimana fa ed ora inevitabile. «Chiudere o non chiudere, questo è il problema», parafrasando Shakespeare, il cui Amleto sembra rappresentare meno enigmi della status quo in Italia.

Allora invidio – lo ripeto ancora una volta – chi in questo marasma ha un’idea precisa sul da farsi; chi crede nel proprio “ricettario”; chi oggi si convince delle proprie capacità decisionali; chi sostiene la scelta difficile, indicando qual è; chi crede che lo Stato farà lo Stato. Vi invidio e non me ne dolgo.

Il tempo della verità

La storia insegna che è in questi momenti che lo Stato dimostra la sua efficacia, che la politica attua la sua essenza, che ogni singolo cittadino attua quell’indispensabile senso civile, tanto acclamato in questi giorni, eppure accantonato durante gli agognati bagordi estivi.
Questo, dunque, è il tempo in cui lo Stato deve (di)mostrare la sua efficacia e capacità d’intervento. Periodo in cui le categorie a rischio devono, necessariamente, essere tutelate nel più breve tempo possibile.
Stadio in cui l’informazione deve assumersi la responsabilità di una cronaca veritiera e lontana dalla partigianeria politica.
Intervallo in cui il popolo manifesta con dignità il suo dissenso.
Momento di tutela e del sacrificio; il tempo di affrancamento dai facili populismi e dai demagoghi di mestiere.
Il tempo che abiura gli egoismi. Il tempo di abbandonare qualsivoglia guerriglia e di mirare all’obiettivo comune.
II tempo della verità che, alla fine, mostrerà veramente chi siamo.

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