Luigi Di Maio, Ministro degli affari esteri, ha trascorso la vita a svolgere incarichi dirigenziali per il bene comune, come la lotta al congiuntivo
Luigi Di Maio, il divo pentastellato, nasce ad Avellino, cresce a Pomigliano D’Arco e studia a Napoli. Figlio di un imprenditore edile, in gioventù milita tra le file del Movimento Sociale Italiano confluendo, poi, tra quelle di Alleanza Nazionale. Alla “Federico II” studia un po’ ingegneria informatica, un po’ giurisprudenza per poi farsi eleggere come Presidente del Consiglio degli Studenti. E’ il primo passo dell’ascesa al potere di Luigi, il novello Re Sole. Oppure Giggino ‘O Sole, se vi piacciono i cliché. Abbandona l’Università e gli studi per dedicarsi al neonato MoVimento 5 Stelle, con anima e cuore: solo anima e cuore, le competenze non sono richieste.
Di Maio, ruoli istituzionali e posizioni politiche
Dopo essersi diplomato al Liceo Classico, Di Maio persegue la professione di giornalista pubblicista. Ricopre la prima carica istituzionale nazionale dal 15 Marzo 2013, essendo Deputato della Repubblica italiana nel gruppo dei pentastellati. Dal 21 Marzo dello stesso anno fino al Marzo del 2018 è Vicepresidente della Camera dei deputati. Dopo le elezioni, ricopre le cariche di Ministro del lavoro e quella di Ministro dello sviluppo economico, ed è anche Vicepresidente del Consiglio dei ministri, nonché Capo politico del MoVimento 5 Stelle. Ad oggi, si trova al dicastero degli Affari esteri. Un’ascesa rapida ed impetuosa.
Esponente della corrente centrista dei 5 Stelle, in questi anni si è battuto per l’ambiente contro le trivellazioni – fallendo -, per il lavoro stabile contro il lavoro precario – fallendo – e per i diritti civili, rivelandosi a favore delle unioni civili, ma contrario alla surrogazione di maternità. Ha introdotto il reddito di cittadinanza. Sul tema dell’immigrazione, è sempre stato molto più schivo, avallando ogni decisione dell’allora Ministro degli Interni Matteo Salvini senza mai appoggiarla pubblicamente o criticarla apertamente. Con Salvini, in un anno di governo c’è stata una fase iniziale caratterizzata dai buoni rapporti, finché non hanno bisticciato e si sono bloccati su Facebook. La luce di Di Maio durante il governo 5 Stelle-Lega, è stata eclissata dall’esuberanza del leader del carroccio. Quindi, decide di affiancarsi a Zingaretti segretario del PD: manco a dirlo la sua abbronzatura mediterranea risalta sul candido pallore zingarettiano e Di Maio torna a splendere, nonostante il fascino di Giuseppe Conte.
Di Maio si veste da Re
Giggino, in grande stile, tramite i suoi profili social ci fa sapere che “permetterà” lo spostamento tra i piccoli comuni:

“Sua Maestà, il popolo ha fame!” Re Di Maio risponde: “se non hanno più pane, permettiamo di spostarsi tra i piccoli comuni!”
Più o meno così ho immaginato la conversazione tra il social media manager e Di Maio. Ma siamo sicuri che si tratta soltanto di una leggerezza del Ministro degli esteri?
La gestione dell’emergenza dovuta al Covid-19, è stata fino ad oggi caratterizzata da una nuova forma del panem et circenses romano: il governo si è trovato, fin dall’inizio, impreparato nel gestirla e ha proposto momenti di rigidità facendo leva su una retorica (vedasi De Luca) epica, eroica e drammatica di unione e coesione tra i cittadini, chiamati a far fronte unito e belligerante contro il virus. Da qui i DPCM man mano più stringenti, l’epos degli infermieri del personale medico, le conferenze di Conte; alternando poi momenti di lassismo, leggerezza e spensieratezza, sperando ed incentivando in una timida ripartenza economica del paese, con i monopattini e le vacanze estive. Ed è proprio in questo orizzonte che si profila il comunicato di Di Maio: sarà un Natale difficile ed inusuale, Capodanno non si potrà fare, di vacanze bianche non se ne parla proprio, quindi, considerate la nostra magnanimità nel concedervi lo spostamento tra piccoli comuni, quindi state tranquilli e buoni. Un regalo di Natale, praticamente.
Una scelta condivisibile comunicata male
Sia chiaro: la scelta di liberare la mobilità tra i piccoli comuni, è una scelta di buon senso, condivisibile sotto tutti gli aspetti. Il problema resta il sottotesto della comunicazione politica che abbiamo in Italia: un significato nascosto o omesso dal copione che recita la classe dirigente.
Il risultato della poca trasparenza comunicativa di chi detiene il potere ha inevitabilmente portato i lettori, quelli meno attenti e quelli meno pronti, a maneggiare con sospetto dei contenuti informativi che trattano di virologia o di economia. La scarsa chiarezza espositiva, ha portato l’opinione pubblica di una massa (che in quanto tale è acritica) a livellare sospetto, quasi mai razionale e dubbio.
La comunicazione politica italiana, sarà a breve chiamata ad un’altra sfida importante: la campagna informativa per il vaccino.
La precedente strategia comunicativa ingannevole e settaria, ha aiutato a generare i sospetti di negazionisti e complottisti di genere, riuscirà a dare argomenti anche ai no-vax?
Photocredit: @Luigi.di.maio