Quando il lutto, non metabolizzato, diviene patologico

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Il dolore di aver perso una persona cara: se non lo elabori, continuerà a distruggerti

Cosa intendiamo per lutto patologico? Sicuramente, quando muore una persona che abbiamo amato, ci troviamo ad affrontare un dolore che è il più brutto che si possa provare nella vita.
Perdere una persona, significa ritrovarsi a dover imparare a convivere con una mancanza che ci porteremo con noi per sempre.
La fase iniziale di disperazione, di crolli emotivi, di difficoltà nel continuare normalmente la propria vita, è del tutto normale.
Normalmente, si percepisce un senso di vuoto, una difficoltà persino a respirare. Rialzarsi è davvero complesso.
Chi l’ha provato, ne conosce l’intensità e sa anche che, una ferita del genere, non si rimargina mai.

Affrontare il dolore

Il tempo, però, è un alleato.
Infatti, pian piano è essenziale che subentri un processo di metabolizzazione.
Bisogna imparare a convivere con la mancanza, riprendere il proprio percorso ed accettare che la vita è fatta anche di questo.
L’accettazione è fondamentale.
Non c’è altro da fare che rassegnarsi di fronte alla consapevolezza che non possiamo controllare tutto e che ciò che avviene, doveva avvenire.

Inoltre, è necessario tenere a mente che chiunque ci ami, vuole vederci felice.
Quindi, imparare a sorridere di nuovo alla vita è un regalo che dobbiamo fare a noi, a chi ci è intorno e a chi abbiamo perso.

Se ci opponiamo ad ogni metabolizzazione, se ci facciamo schiacciare da ciò che proviamo e se ci ostiniamo a cercare una spiegazione, rischiamo di tormentarci inutilmente.
Il dolore, quando non viene affrontato, si sedimenta in noi e le conseguenze non tardano ad arrivare.
A volte, purtroppo, queste conseguenze coinvolgono anche chi ci vuole bene.

Lutto patologico: cos’è?

Cosa succede se il lutto non viene metabolizzato efficacemente?
Nel peggiore dei casi, diviene patologico.
In questi casi, il dolore mantiene la sua intensità debilitante negli anni.

L’elaborazione del lutto si blocca e ci impedisce di continuare normalmente la nostra vita.
Normalmente, si parla di questo tipo di lutto, definito anche complesso, quando gli stessi sentimenti di tristezza, di rabbia, di sensi di colpa e tutti i pensieri negativi continuano, con la stessa intensità, dopo esser trascorso un anno dall’evento scatenante.
Se il senso di smarrimento non accenna ad attenuarsi e se ci si sente ancora indifesi di fronte al dolore, nonostante il tempo che passa, probabilmente siamo bloccati in una situazione che ci logora e che necessita di essere affrontata.

I diversi tipi di lutto patologico

Si identificano 4 diversi tipi di lutto patologico.

Esiste il lutto definito evitante, che è caratterizzato da una negazione dell’evento ed una sorta di congelamento dei sentimenti.
La persona si rifiuta di credere a ciò che è accaduto e blocca ogni genere di emozione, assumendo un atteggiamento freddo e impassibile.
Molto spesso, capita anche che si sviluppi una profonda rabbia e un risentimento nei confronti di chi è venuto a mancare.
Si cerca insomma di fingere di non vedere il dolore, di sperare che, ignorandolo, scompaia.
In realtà, inevitabilmente ritornerà, a volte comportando anche problemi fisici.

Il lutto inibito, si manifesta soprattutto nella decisione di smettere di badare a sé.
La persona che vive questo genere di situazione, smette di prendersi cura di sé, in ogni modo.
Non bada alla propria salute, non cura l’alimentazione e può rifuggire in autolesionismo, pensieri suicidi e dipendenze di ogni genere.
Il tentativo è quello di eliminare i pensieri negativi, ma nei fatti, la situazione peggiora.

Un altro genere di lutto patologico, è quello ritardato.
In questo caso, il dolore viene nascosto sotto il tappeto e, apparentemente, sembra essere stato metabolizzato in maniera invidiabile.
La persona che vive un lutto ritardato, sembra essere calma e sembra aver accettato, con rassegnazione, la perdita.
Lo scoppio del dolore, che viene messo a tacere momentaneamente, avviene in ritardo e, spesso, con un’intensità maggiore.
Nel momento del lutto, ritenendo insopportabile la sofferenza, la si ritarda inconsciamente e dopo tempo, a volte anni, ci si ritrova a doverla affrontare.

Infine, esiste il lutto cronico.
Le persone che manifestano questo tipo di lutto, anche a distanza di tantissimo tempo, non riescono a parlare di chi è venuto a mancare senza provare un dolore profondo ed un senso di vuoto incolmabile.
In questo caso molto complesso, il tempo trascorre e la persona resta mentalmente ferma al ricordo: non guarda al futuro, ma solo al passato.
Generalmente, si sviluppa anche un attaccamento ossessivo agli oggetti, indumenti e qualsiasi cosa sia appartenuta alla persona che non c’è più.
Nei casi peggiori, la mente ritorna costantemente al pensiero del defunto, senza lasciar spazio a nient’altro.
Chi vive un lutto cronico, vive una vita che non è vita.
Ancorata al passato e per nulla proiettata al futuro.

Come affrontare il lutto patologico

Generalmente, può capitare che si sviluppi un dolore patologico in chi ha una scarsa capacità di affrontare gli ostacoli della vita.
Oppure, se non si ha un’efficace padronanza della propria intelligenza emotiva, ci si ritrova invasi da emozioni che non si sanno gestire e investono totalmente la vita.
Inoltre, se a venire a mancare è una persona con la quale c’era un rapporto di dipendenza, è probabile che il lutto si manifesti in una condizione complessa.

Per venir fuori da una situazione del genere, è indubbio che sarebbe opportuno chiedere aiuto a qualcuno di competente, che possa aiutarci a rielaborare ciò che abbiamo lasciato in sospeso.
Chiedere aiuto, è un gesto di umiltà e di forza.
Così come lo è il mettersi di fronte alle emozioni che ci stanno, a poco a poco, facendo appassire.
Anche perché, spesso accade che la nostra mente non funzioni da alleata, ma anzi ci remi conto.

Può capitare che si mitizzi eccessivamente il defunto e il rapporto che avevamo.
Riprendere possesso della realtà, è un passo importante.
Inoltre, capita che ci si senta di tradire la persona che non c’è più, continuando la propria vita.
Ma se questa persona ci amava, non potrebbe voler altro che vederci vivere.
Oppure, un attaccamento ossessivo agli oggetti appartenuti al defunto, può generare comportamenti disfunzionali e difficili da sopportare.
Il ricordo di chi amiamo non risiede nelle cose materiali, ma prima di tutto nel nostro cuore.

L’invito, è quello di affrontare il dolore e di non autoconvincersi che la situazione non potrebbe mai risolversi.
Non si può tralasciare che i nostri comportamenti, pensieri, parole non funzionali, possono fare del male, oltre che a noi stessi, anche a chi ci è accanto e ci ama.
Farci forza, anche per chi amiamo, può aiutarci a guardare con una luce diversa il presente e il futuro: questi sono doni che non andrebbero mai sprecati.

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STEFANO POPOLO

CEO & Founder

Classe 1993, fondatore di Ambasciator e giornalista pubblicista.
Ho pensato al nome Ambasciator per raccontare fedelmente la storia delle persone, come strumento e mezzo di comunicazione senza schieramenti. Ambasciator, non porta penna.

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