Lana Wachowski ritorna con Keanu Reeves nei panni di Neo 18 anni dopo l’ultima volta
Matrix Resurrections, così si chiama il film di Lana Wachowski in uscita il 1 gennaio 2022. Sono passati 18 anni da quel 5 novembre del 2003, quando nelle sale veniva proiettato il terzo e ultimo (per allora) capitolo del fortunato franchise di fantascienza con tinte cyberpunk.
All’epoca fu tutt’altro che un successo di critica o di pubblico, quel 5 novembre del 2003, ma a questo ci arriveremo. Il 20 agosto 2019 venne annunciato il nuovo capitolo, e da quel momento i fan dell’Eletto si sono divisi come ne I viaggi di Gulliver: una nuova opportunità per Neo o la definitiva pietra tombale su quest’universo cinematografico?
Dopo una fighissima campagna promozionale, con un sito web ad hoc per Resurrections, c’è stato anche un trailer ben impacchettato con la speranza che il pubblico possa tornare al cinema:
E mancano soltanto due settimane. Quindi, dov’eravamo rimasti? Ah, ecco, questo dovrebbe essere il momento dell’articolo dove scrivo “Pillola blu ti torni a fare i fatti tuoi, pillola rossa continui a leggere l’articolo e scoprirai quant’è profonda la tana del Bianconiglio”.
Che belle le preterizioni.
Matrix (1999)
Insomma, i complottisti temevano per il millenium crack, Benigni vinceva l’Oscar per La vita è bella, nasceva ufficialmente l’Euro e il film dei fratelli Wachowski (poi diventate sorelle) irrompe perentoriamente nella storia del cinema. Keanu Reeves interpreta Neo, quello che “sarà l’Eletto”, un hacker che si pone tante domande sulla realtà in cui vive.
Verrà contattato da Trinity, interpretata da Carrie-Anne Moss, un’altra hacker che combatte insieme a Morpheus, portato sullo schermo da un grande Lawrence Fishburne. Neo si unisce alla crociata di Morpheus e inizia ad avere le risposte che cercava: capisce di vivere in un mondo post-apocalittico in cui le macchine sfruttano l’uomo per sopravvivere.
Matrix è una realtà virtuale appositamente creata dalle intelligenze artificiali per garantirsi il controllo sull’uomo al fine di usare l’umanità come una sconfinata batteria. E Matrix è un programma con le sue regole, i suoi bilanciamenti ma anche le sue anomalie. Gli agenti, su tutti Hugo Weaving con A. Smith, sono i controllori di questa realtà virtuale.
Una realtà euclidea, fatta di impulsi e risposte, in cui tutto è causale e non v’è altro se non quel che è – tranne in un’anomalia: Neo. Lui è l’Eletto e può fare tutto quello che vuole, quando vuole. Ma se ne deve convincere.
La fortuna del film
Oltre a degli effetti speciali davvero deliziosi per l’epoca con il massiccio uso del cosiddetto “bullet time”, una tecnica che permette di vedere ogni frame della scena al rallentatore, e le iconiche coreografie elaborate da Yuen Wo Ping (noto coreografo dei film d’azione di Hong Kong), la fortuna di Matrix si trova anche nel profondo contenuto filosofico dell’opera.
Al di là dell’avvincente trama del film e del contenuto visivo, i temi filosofici affrontati restano decisamente attuali, anche a quasi vent’anni di distanza. Attuali perché si fondano sull’intera concezione filosofica occidentale da Platone fino a Nietzsche.
Da Platone a Nietzsche
Il dualismo tra finzione e realtà, un dualismo tra mondi paralleli, tema in qualche modo già esposto dal filosofo greco Platone: il mondo vero, ovvero il mondo delle idee, e quello apparente, ovvero quello sensibile in cui viviamo. Ovvero quello che Neo vive nella sua mente, percependo qualcosa che non comprende, e quello delle macchine, un mondo sensibile grazie agli impulsi ricevuti dal cervello, in cui il protagonista vive.
E non c’è dubbio sulla riscrittura del Mito della caverna.
Un breve riassunto: all’interno di una caverna uomini schiavi sono incatenati a delle rocce, costretti a guardare di fronte a sé una parete. Fuori della caverna c’è un muretto, dietro al quale camminano, nascosti, degli uomini che portano sulle spalle statue rappresentanti tutte le cose esistenti.
Dietro a questi uomini un fuoco proietta sulla parete della caverna le ombre delle statue; gli uomini incatenati, costretti a guardare davanti a sé e impossibilitati a voltarsi, scambiano le ombre che appaiono sulla parete della grotta per la vera realtà.
Per Platone, se gli uomini incatenati si liberassero, in un primo momento verrebbero accecati dalla luce del Sole, mai vista fino ad allora. Ed è esattamente quanto accade a Neo non appena gli viene rivelata la verità sul suo mondo: rifiuto, disgusto, repulsione. Neo è un uomo per cui la verità è la finzione.

Ma Neo deve liberarsi dalla verità, abbandonare se stesso e ciò che è stato fino ad allora. Non essere più Thomas Anderson ma diventare l’Eletto. Accettare la realtà. Ed è evidente che verità e realtà non coincidano affatto sempre e comunque. Quindi, ecco Cartesio: per il filosofo francese bisogna dubitare di tutto, dei sensi, del raziocinio, della matematica.
E se esistesse un Dio sadico e annoiato che mi convincesse del fatto che 2+2 fa 4? Se la risposta fosse 5? Questo è l’estremo dubbio cartesiano possibilmente incarnato nel Genio maligno. In Matrix è rappresentato dalla civiltà delle macchine, che verrà approfondita e spiegata nel secondo film.
Ma cosa separa la realtà dalla finzione? Cosa la coscienza dal sonno? C’è una pellicola sottile e impercettibile. Ed è ecco scorgere Schopenhauer e il Velo di Maya. Neo è alla ricerca della verità dietro al fenomeno sensitivo, dietro alla realtà così come impacchettata e presentata: cerca il noumeno, dunque.
E Dio è morto. In tutto il film non se ne parla. Mai un riferimento. Dio non c’è. E se non se ne parla, significa che è morto. Ecco Nietzsche. E il suo Zarathustra è Neo: consapevole della sua superiorità sull’umanità, ma anche del dolore che la affligge, della causa disperata dell’uomo e, soprattutto, portatore di una volontà che lo rende mai vinto e mai domo, sempre ostinato a combattere le macchine.
Non poteva mancare Marx, in attesa di Resurrections
L’uomo che si scaglia contro il potere. L’uomo che vuole la libertà dal peso che lo opprime L’uomo che si realizza liberandosi, che si unisce in un senso propriamente proletario, subordinato e minoritario: perché nel film l’uomo è semplicemente “accessorio della macchina” e ad essa si ribella.
E come non pensare al luddismo? Il movimento operaio caratterizzato dal sabotaggio della produzione industriale e dalla distruzione delle macchine.
Il nuovo capitolo del franchise sarà in grado di riprendere questa profondità tematica? Non resta che aspettare una manciata di settimane per capirlo. Nel frattempo, vedremo cosa ci ha dato il secondo capitolo: Matrix Reloaded.
