Napoli pride 2021, “Jesce sole” 25 anni dopo: il diritto conta ancora

Napoli pride

Luglio è stato il mese del Napoli pride: per la prima volta, dopo 25 anni, anche nel capoluogo campano si è tornati a parlare di diritti

Questo luglio 2021 non sarà ricordato unicamente per le ondate di caldo africano. A scalfire un solco ben impresso nella storia il Napoli pride 2021. Tenutosi a piazza Dante, sabato 3 luglio, ha visto tanta partecipazione cittadina e un numero consistente di ospiti d’eccezione. Sembrava che l’emergenza Covid potesse limitare tutto: la manifestazione, gli obiettivi, la parata, invece Napoli ha messo su in quattro e quattr’otto un bel momento di incontro.

Tutto ciò è avvenuto, esattamente 25 anni dopo il primo Pride nazionale di Napoli, con lo stesso slogan “Jesce o sol”, la stessa risoluta scelta di parlare di diritti attraverso la partecipazione collettiva.

Dal 29 giugno 1996 al 3 luglio 2021

Tempi diversi, nuove generazioni, problemi analoghi e una situazione politica in fibrillazione su alcuni temi cruciali. Dal 1996 ad oggi è stato fatto tanto.

Lo ha dimostrato piazza Dante, gremita di giovani e adulti, con i cartelli, le scritte sulle t-shirt, i baci. L’amore trionfa su chi non ci crede o non vuole capire.

Poi gli interventi a staffetta di Alessandro Zan, promotore dell’omonimo e discusso ddl, delle associazioni di Napoli Arcigay che hanno organizzato tutto, Alfi (Associazione lesbica femminista italiana), Associazione Trans di Napoli. Gli artisti figli di altri tempi ma in prima linea per la causa, Franco Ricciardi, poi quelli di altri luoghi, Arisa madrina dell’evento.

“Jesce sole” lo slogan che non poteva essere più azzeccato

“Jesce sol” in dialetto significato “esce il sole” . Come se dall’oscurantismo imperante si possa vedere quanto fa bene ascoltarsi, comprendersi, interrogarsi. E se oggi la strada è ancora impervia ma in parte definita, è perché 25 anni fa qualcuno aveva capito che bisogna parlare fino allo sfinimento, con rumore, presenza, costanza.

I diritti non sono materie da sottovalutare e basta poco perché siano spacciati per privilegi e neanche troppo distanti dalla nostra terra (la situazione insostenibile in Ungheria e poi col partito di Duda in Polonia).

Se oggi la strada è percorribile è perché 25 anni dopo non si è mollato più niente ma ancora ci si prodiga contro ogni forma discriminazione e violenza.

Con l’unico mezzo più destabilizzante per chi è più scettico: il dialogo produttivo. Sembra una narrazione già ampiamente sondata e piena di retorica ma di fatto assieme alla mobilitazione buona diventa cambiamento, rivoluzione.

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