Sabato 9 Ottobre l’assalto alla sede Nazionale della CGIL da parte del movimento NO Green Pass
Potevano scegliere di organizzare una cena divertente e rumorosa, dato il folto numero di partecipanti, e passare un sabato di inizio Ottobre in maniera sobria, più o meno, in un ristorante del centro a bere e chiacchierare circa le loro vite, ma invece no. Dopo tutto non avevano nemmeno il Green Pass per poterci entrare al ristorante. Ecco perchè, l’autodefinitosi “Movimento NO Green Pass”, ha scelto di trascorrere un paio d’ore all’aria aperta, laddove la certificazione verde non è obbligatoria, per mettere subbuglio e sconquasso tra le strade del centro di Roma, fino ad arrivare all’indegno assalto alla sede nazionale della CGIL.
Individuarli non è di difficile compito: ci sono militanti di Forza Nuova, ristoratori del movimento IoApro e tanti lavoratori no vax senza più partito e senza più bandiere che, dal 15 Ottobre, senza Green Pass si troveranno a dover rinunciare anche allo stipendio. Un mix di gruppi organizzati e “cani sciolti” che, prima ancora delle piazze reali, ha come punto di incontro la piazza virtuale delle chat. Da Whatsapp a Telegram, dove da giorni si assiste a una vera e propria chiamata alle armi, venduta come un vero e proprio colpo di stato.
Gli slogan? “La resistenza non ha confini”, “Le piazze d’Italia si fermeranno e scenderanno a Roma contro il Green Pass per il lavoro e la libertà”. E ancora: “Manifestazione a tempo indeterminato”.

Chi sono i NO Green Pass?
La fotografia della piazza che ne viene fuori dagli accaduti di Sabato 9 Ottobre è quella di un popolo eterogeneo. L’estrazione sociale non è, per forza di cose, da assimilare solo ad un ceto sociale di medio/basso livello, così come non va fatto lo stesso errore pensando che, tra quelle persone, i livelli di istruzione medi siano bassi o nulli. È così, ma non del tutto. La manifestazione di sabato rientra nella categoria di quei fenomeni complessi da analizzare. E come per tutti i fenomeni complessi, banalizzare o generalizzare, resta un errore e, come tale, non va fatto.
Dire che è stato un sussulto di un movimento sostanzialmente fascista è corretto, ma non inquadra tutto il problema, che resta più ampio e necessita di alcune valutazioni. I fascisti esistono e navigano nei bassi fondi, come dei parassiti, aspettando il momento adatto per attaccare e per uscire allo scoperto. Sono dei topi di fogna, ma questo lo sappiamo già. Ma i movimenti e le manifestazioni portate avanti in tutta Italia in questi giorni, erano davvero composte solo ed esclusivamente da fascisti? No, per fortuna, perchè i nostalgici del ventennio, pur essendo un problema importante da sradicare dalla società politica di questo paese, non sono tanti, ma fin quando ci saranno, continueremo ad avere una difficoltà oggettiva.
Liquidare la questione con “I fascisti hanno invaso le piazze” equivale solo a fare un regalo importante e gratuito a chi, mosso da ragioni di stampo fascista, prova a districarsi nel panorama sociale italiano attraverso questa bandiera. I fascisti si inseriscono in questi movimenti di stampo populista, facendo propri anche slogan appartenenti ad una resistenza tipica di sinistra, proprio per questo motivo: moltiplicarsi agli occhi della stampa e di quella parte di popolo che un po’ li disprezza e un po’ li teme.
Perché la cosa buffa è che questi partiti, che storicamente hanno soppresso le resistenze, vogliono ritornare in auge proprio facendosi promotori di una presunta rivalsa sociale che debba andare a ribaltare il potere centrale, democratico e costituente, per provare ad imporne uno nuovo (mica tanto), univoco e uniforme.
Il substrato sociale della manifestazione
Se non sono tutti fascisti, allora da chi sono composti questi movimenti? L‘humus sociale è folto ed è composto maggiormente da quella fetta di popolazione figlia della dissonanza tra scolarizzazione, più alta delle precedenti generazioni, e realizzazione economico-sociale, invece più bassa. Persone, figlie di una destrutturazione politica che negli ultimi anni ha impedito la costruzione e la realizzazione di una working-class, che di working ha pochissimo. Un neo-proletariato senza arte e né parte. Una massa di persone che, per quanto istruita, non ha valore o peso specifico nei settori di competenza, risultando precaria in tutti i loro aspetti.
Queste masse di persone, agiscono in funzioni di stimoli, spesso contrastanti rispetto al sentire comune di quel momento. Sono contro, a prescindere. Così facendo hanno finalmente la possibilità di trovare un’identità sociale, quasi politica. Questa cosa li fa sentire vivi e appartenenti ad una categoria di persone, diversa da quello che loro hanno evitato negli anni. Ecco chi sono i NO Green Pass. Ed in questo panorama, i fascisti trovano terreno fertile. Il Green Pass è solo un espediente, null’altro. È il motivo per cui possano trovare sfogo per la loro rabbia e la loro frustrazione, alimentando così i consensi di questi partiti.
È una società “Simpsoniana”: una massa facilmente indirizzabile che, sfruttando una causa, trova modo di unirsi in coro sotto un nome unico, proprio come nei tanti episodi della famiglia americana più famosa del mondo, chiara fotografia di una società senza punti di riferimento.

L’attacco alla CGIL e il problema della matrice
Attaccare la sede Nazionale della CGIL equivale ad attaccare la fondamenta più importante, la garanzia principale, di una democrazia come la nostra. A prescindere dai tanti difetti e ritardi dei sindacati, i lavoratori organizzati sono il presidio fondamentale di una democrazia sociale. I fascisti lo sanno bene e infatti sono le prime cose che assaltano. Oggi i nipoti, ieri i nonni.
I partiti italiani non possono voltare le spalle dinanzi ad un problema del genere: l’assalto è stato di stampo fascista, l’infiltrazione di Casapound, Forza Nuova ed altri movimenti di questo genere è palese e chiara e lo si è potuto evincere anche dalle personalità che hanno preso parte agli scontri e che hanno già ricevuto condanne per gli eventi di Piazza del Popolo.
Il centrodestra non può, in maniera omertosa, ignorare il fatto che questi movimenti godano dell’appoggio di gruppi di estrema destra. Il problema, reale, è che i gruppi di estrema destra oggi rappresentano un bacino d’utenza ancora troppo vasto ed importante per il centrodestra, che non è per nulla pronto a rinunciarvi, giocando sempre una partita sporca ed ignava a riguardo, bypassando il problema.
Non riconoscere la matrice equivale ad essere complici di tutto questo, dando tacito consenso.
“Attento fascio, che nun ce metto niente (a scioglierti)”
La frase, iconica, di Isabella De Bernardi in una scena di “Un sacco bello” di Carlo Verdone, rivolta a Mario Brega, la conosciamo tutti. Probabilmente, la stessa frase, starà passando nelle menti di chi, finalmente, si è reso conto che è arrivato il momento di estirpare il problema. Partiti a stampo fascista, movimenti del genere, vanno sciolti ed immediatamente.
Maurizio Landini, segretario generale della CGIL ha così commentato:
“Quello di sabato è stato un disegno preordinato e coordinato. È stata un’azione squadrista e fascista, non ci sono altre definizioni, la scelta di colpire la Cgil e il mondo del lavoro è un atto inaccettabile. Tutte quelle formazioni che si richiamano al fascismo vanno sciolte e questo è il momento di dirlo con chiarezza.”
Intanto Valentina Cuppi, presidente del Partito Democratico, ha lanciato una petizione su Change.org per sciogliere i partiti di matrice fascista. La petizione, ha raggiunto già le oltre 70mila firme in poco meno di 10 ore ed è destinata a salire ulteriormente.