Omero era un razzista? Secondo una docente, sì
Nessuno di noi, leggendo l’Odissea, avrebbe mai pensato di definire Omero un razzista. Qualcuno, però, l’ha fatto. È successo in America: Heater Levine, una docente della Lawrence High School nel Massachussets, ha deciso di rimuovere il grande classico dal programma scolastico.
Secondo la docente, il testo di Omero rappresenta un esempio di razzismo e di mascolinità tossica e, per questo motivo, non sarebbe corretto assegnarlo a degli studenti. La notizia fa immediatamente scalpore, portando a diverse critiche da parte di autori e letterati.
#DisruptText: la nuova censura
In seguito all’avvenimento, su Twitter è nato un nuovo hashtag: #DisruptText. Un movimento che ha portato critici, insegnanti, editori ed autori a “censurare” alcuni dei più grandi classici. Secondo molti, è soltanto l’ennesima follia della cancel culture (il movimento che tende a cancellare grandi elementi della storia). Secondo i sostenitori, invece, sarebbe un movimento corretto e necessario a rimuovere ogni forma di razzismo, indipendentemente dal valore storico e culturale di una qualsiasi opera.
La principale polemica si è svolta sulla contestualizzazione storica: è inevitabile che in certe opere vi siano elementi sessisti e razzisti, considerando l’epoca in cui sono state realizzate. Ma per la cancel culture, la storia non conta.
Politicamente (s)corretto
Non è la prima volta che il politically correct porta alla censura o all’elisione di qualche classico o personaggio storico. Ne è stato vittima Colombo durante i movimenti del Black Lives Matter, come ne sono stati vittime serie tv del calibro di Scrubs. Nell’ultimo periodo, oltre all’Omero “razzista”, si è preso di mira anche un grande classico dei musical: Grease. Secondo alcuni, infatti, il musical risulterebbe misogino, omofobo e parrebbe sostenere la cultura dello stupro. La polemica è nata da una frase della canzone “Summer Nights” cantata dagli amici di Danny Zuko (interpretato da John Travolta): “Tell me more, did she put up a fight?” (dimmi di più, lei ha lottato?). Secondo il pubblico che ha scatenato la polemica, la frase sembra incitare allo stupro.
Un mondo sempre più orwelliano
E se la pandemia non fosse bastata ad immaginare la vicinanza ad un mondo distopico, ci pensa la cancel culture. Il movimento, infatti, è stato diverse volte associato ad una forma di dittatura. La censura del politically correct, sembra avvicinarsi sempre più all’indice dei libri proibiti dettato dalla controriforma. E, come se non bastasse, l’intera faccenda riporta alla mente il distopico 1984, di George Orwell. Il libro parla infatti di una nazione in cui ogni libro viene riscritto, ogni immagine ridipinta, ogni statua rinominata e così via. Nonostante le buone intenzioni del movimento del politically correct, si fa sempre più fatica a distinguerlo da una vera e propria dittatura.