Origine della pasta. L’antica leggenda del mago Cicho e della sua prestigiosa invenzione nel racconto della grande scrittrice napoletana
Leggende napoletane
Matilde Serao è una delle più influenti intellettuali napoletane nel periodo a cavallo tra Otto e Novecento. La fondatrice del quotidiano Il Mattino, scrupolosa osservatrice della realtà partenopea, estremamente eterogenea e dalle evidenti spaccature sociali, nel suo libro Leggende napoletane. Libro di immaginazione e di sogno, ci offre una singolare e interessante versione della leggendaria origine della pasta: quella del mago Cicho e dei suoi esperimenti.
La leggenda del Mago Cicho e di Jovannella
La grande scrittrice racconta che Cicho era un mago buono, lavorava per la felicità dell’uomo e, dopo molti anni di travaglio, poté dire di avere raggiunto la sua meta, grazie ad una strabiliante scoperta.
Accanto al mago, abitava una donna maliziosa, Jovannella, moglie di uno sguattero del re. Jovannella spiava giorno e notte il vecchio stregone, avendo giurato a se stessa di scoprire i suoi segreti, anche a costo di morire. Tante furono le peripezie che, un giorno, riuscì nel suo intento. «La nostra fortuna è fatta» – disse Jovannella al marito Giacomo – e andò dal re per presentare la scoperta: prese il fior di farina, lo impastò con poca acqua, sale, uova e maneggiò lungamente l’impasto per raffinarlo e renderlo sottile come una tela. Lo tagliò in piccole strisce, lo arrotolò a forma di piccoli cannelli e stese al sole quella meraviglia.
Il pranzo e la beffa di Chico. Origine della pasta
Giunta ora di pranzo, preparò una caldaia d’acqua bollente e vi rovesciò i cannelli di pasta. Cotta a punto, la separò dall’acqua e, in un bacile di maiolica, la condì con formaggio e sugo. Il grande Federico, quindi, gustò la vivanda ed, estasiandosi, chiese a Jovannella spiegazioni in merito al prezioso connubio. La donna, astuta e furba, rivelò al sovrano che la ricetta le era stata suggerita dirattamente da un angelo in sogno: il re, dunque, diede immediatamente disposizioni al cuoco di corte perché potesse imparare a realizzare il gustoso piatto e donò a Jovannella cento monete d’oro.
Passegiando un giorno per le strade di Napoli, un piacevolissimo profumo di vivanda, proveniente da un’abitazione sotterranea, rapì l’attenzione del povero Cicho. Spinto dalla curiosità, entrò in quella casa e vide una pentola sul fuoco ed un tegame. Erano maccheroni, gli confidò la massaia che li preparava, la cui origine – aggiunse – era attribuita ad una ricetta “angelica”. Nessuno ha mai più sentito parlare del mago Chico: qualcuno dice che il diavolo lo rapì, altri – ancora più fantasiosi – credono che si aggiri ancora oggi nelle cucine della nostra amata città, a “inventare” nuove pietanze per la gioia dei napoletani.