Immortalata in poesie, film, foto e dipinti, la pasta è diventata una delle principali caratteristiche culinarie e culturali di Partenope
Da secoli la pasta è un alimento caratteristico di Napoli e si distingue in menuta, fina, janca, longa e così via. Gragnano e Torre Annunziata, tra gli altri, sono noti in tutto il mondo come luoghi di produzione di eccellenza.
Nella lingua partenopea, inoltre, ci sono diversi modi di dire che riguardano questo alimento tanto amato da uno tra i sovrani più napoletani che abbia regnato all’ombra del Vesuvio.
Il Re Nasone e la pasta a teatro
Ferdinando IV di Borbone era ghiottissimo di spaghetti, a tal punto da mangiarli anche nel balcone riservatogli al Real Teatro di San Carlo. I popolani adoravano vedere il loro monarca mangiare un piatto di maccheroni con le mani, come facevano i lazzaroni.

Il celebre Re Nasone tentò di introdurre l’amato piatto, che allora si cucinava con lo strutto, il basilico e formaggi o salumi, a corte. La scelta portò a pesanti litigi con la regina, l’austriaca Maria Carolina.
Per evitare il ridicolo, il Maggiordomo Maggiore introdusse alla tavola reale una forchetta con quattro corti rebbi. Mangiare con le mani era proibito secondo l’etichetta di Corte!
Gli impastatori: lavorare a piedi nudi
Fino a ‘800 inoltrato, per mescolare la semola e la farina e realizzare così i maccheroni, c’erano gli impastatori di professione.
In una grande madia (mobile da cucina utilizzato come supporto per impastare la farina) questi lavoratori mescolavano gli ingredienti a piedi nudi. Gli impastatori continuavano nel loro lavoro di impasto anche mentre veniva versata l’acqua bollente nel contenitore.
Si riteneva che le piaghe dei piedi, causate dall’intenso calore, fossero guarite proprio da questo continuo mescolamento.
Rossini, un intenditore di altri tempi
Gli spaghetti, preparati in maniera così particolare, avevano molti appassionati, non solo tra le teste coronate e il popolo minuto.
Il celebre compositore Gioachino Rossini amava così definirsi “Pianista di terza classe ma primo gastronomo dell’universo“. Napoli e Roma erano i due centri dai quali il musicista si faceva spedire i tanto desiderati maccheroni.
Una sua lettera, risalente al 1859 è celebre perché Rossini si lamenta del ritardo di un carico di pastasciutta firmandosi al temine: “Gioacchino Rossini Senza Maccheroni“.
Due modi di dire sui maccheroni
‘Maccarone, cascame ncanna!’ è un proverbio utilizzato quando si vuole indicare qualcuno che desidera ottenere qualcosa senza fare nulla per ottenerla. In un certo senso, è come se qualcuno aspetti che dal cielo gli piova in bocca la pastasciutta. ‘Fare la pasta’, invece, significa ordinare le cose, mettere mano al disordine.