Essere clemente con se stesso è spesso deleterio
Essere clemente con se stesso, è spesso deleterio: se il gruppo “a” non è in sintonia con il gruppo “b”, è plausibile una diversità di opinioni; se il medesimo gruppo “a” non è d’accordo con il citato gruppo “b” e con un nuovo gruppo “c”, è possibile una difformità di valutazioni; se, sempre lo stesso gruppo “a”, non è in armonia con il gruppo “b”, il gruppo “c” e anche un gruppo “d” è senza dubbio un campanello d’allarme per il gruppo “a”: qualcosa evidentemente non è assolutamente in linea con la concordanza di intenti di tanti. Ma se, infine, il gruppo “a” non ha alcuna unità con i gruppi “b”, “c”, “d”, “e”, “f”, “g” ecc. qualche dubbio sorge e se i componenti di “a” non iniziano a porsi qualche domanda, i motivi possono essere individuati solo in una assoluta tracotanza o in un obiettivo che nulla ha a che vedere con gli intenti della maggioranza dei pareri.
I pervenuti per demagogia senza essere demandati
“Ci ispiriamo alle persone, disegniamo soluzioni”. Così si legge sul dorso della pubblicazione divulgativa di una famosa “catena” scandinava, specializzata nella distribuzione di mobili da montare e articoli per casa, negozi e magazzini. Mi è capitata a tiro tra la posta, “sfruculiandomi” e stuzzicandomi un poco la mente: dal soggettivo all’oggettivo.
Non è facile seguirne il senso, ma è assolutamente vero che, con una buona dose di atarassia, si può riconoscere a se stessi come e quando si è verificato; con una facile riflessione perché sarebbe auspicabile, anzi necessario, che si riscontrasse oggi.
Se la verifica è intima e sincera, il riscontro lo si auspica palpabile all’esterno. Essere clemente con se stesso è spesso deleterio
Ad esempio, nell’attuale contesto di dilemma in cui versiamo è facile immaginare il soliloquio: da una parte sopportare, dall’altra prender l’armi? No, è evidentemente più semplice. E’ sufficiente un segno, una scheda ed una matita.
Tuttavia, seguendo i vari dibattiti (si chiamano sempre così?) non si dovrebbe avere memoria e neppure cognizione di quello che eminenti menti asserivano un tempo:
“…uno stato deve impegnarsi per realizzare una politica concretizzata nell’equa distribuzione della ricchezza, perché se essa è in poche mani aumenta la povertà per le masse popolari…”;
“…i partiti dovrebbero cominciare a fare il loro mestiere, ossia a dotarsi di sensori per interpretare la società e di centri studi per proporre un progetto e un programma…”.
Come se non bastasse all’orizzonte, ove il dilemma dovesse risolversi in senso affermativo, si appaleseranno organi di secondo livello.
Della serie: scusate, ma il popolo chi è? Il popolo, ormai, assiste all’applicazione di voti ponderati e alle esternazioni di comodo.
Il popolo è composto da persone e sarebbe bene che ci si ispirasse alle persone, disegnando soluzioni. Ma è quello che sta scritto sul dorso della pubblicazione? Provate a pensarci. Anche a livello di rapporti interpersonali.
Sorrisi un tempo suadenti, oggi demagnetizzati
In effetti la situazione è palpabile e assolutamente riscontrabile; le bandane sono passate di moda e gli spessori si sono, inequivocabilmente, dissolti.
Chi poteva essere sinergico, dopo un primo approccio volenteroso e di piglio, si è dato alla fuga; gli interessi si sono concentrati su equilibri instabili, resi solidi per la conservazione della postazione e il raggiungimento di obiettivi all’insegna del “do ut des”.
Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, “Simme ‘e Napule, paisà”.
Però, ed è bene non dimenticarlo, ccà nisciuno è fesso. Due lustri si avviano all’epilogo: tanto basta. Per sé e per i suoi.
ambasciator.it
A title
Image Box text
STEFANO POPOLO
CEO & Founder
Classe 1993, fondatore di Ambasciator e giornalista pubblicista.
Ho pensato al nome Ambasciator per raccontare fedelmente la storia delle persone, come strumento e mezzo di comunicazione senza schieramenti. Ambasciator, non porta penna.