Il 1º ottobre 1949 veniva proclamata la Repubblica Popolare Cinese. Le parole di Mao ci aiutano a comprendere meglio la filosofia di questo paese
Dopo una terribile guerra civile tra i nazionalisti del Generalissimo Chiang Kai-shek e le forze comuniste guidate da Mao Zedong, quest’ultimo riuscì a proclamare pubblicamente la Repubblica Popolare Cinese (nome ufficiale Zhōnghuá Rénmín Gònghéguó) il 1º ottobre 1949, a Pechino, in cima alla Porta di Tienanmen. Le sconfitte truppe nazionaliste ripararono a Taiwan, sull’isola di Formosa, dove fondarono la Repubblica di Cina.
Alleanza tra contadini e operai
La Repubblica Popolare si basa su “una dittatura democratica popolare fondata sull’alleanza tra operai e contadini”.
Per comprendere questo evento epocale che ha ancora ripercussioni al giorno d’oggi – la Cina continentale è ancora governata dal Partito Comunista Cinese – può essere di aiuto analizzare alcuni dei detti e delle frasi celebri pronunciate dal Grande Timoniere durante i suoi lunghi anni alla guida della nazione più popolosa del mondo.
La lotta popolare per un comunista cinese
Dai celebri aforismi di Mao si possono ricavare diversi elementi su come fosse percepita la lotta rivoluzionaria per la dittatura del proletariato.
“Ogni comunista deve comprendere questa verità: il potere politico nasce dalla canna del fucile”.
Il governo non lo si assume tramite elezioni ma con l’uso politico della violenza: la forza deve essere utilizzata per uno scopo preciso.
“Solo chi non ha paura di morire di mille ferite riuscirà a disarcionare l’Imperatore”.
Per risultare vittoriosi è necessario combattere senza pensare ai possibili rischi. Anche se un nemico (l’Imperatore) sembra essere più forte, la lotta deve essere proseguita fino alla conclusione vittoriosa del conflitto.
“La gente è come l’acqua e l’esercito come il pesce”.
In caso di guerra partigiana, se nuclei armati, non importa le dimensioni, sostano o passano per un villaggio, una città o una regione devono trattare con rispetto le popolazioni locali. In caso contrario, la gente del posto non aiuterà i combattenti. Durante la Guerra Civile, le forze comuniste cinesi non potevano razziare a piacimento: dovevano pagare tutto e rispettare proprietà, donne e anziani.
“Le armi sono un fattore importante nella guerra, ma non il fattore decisivo; sono le persone, non le cose, che sono decisive”.
Mao, in questa frase, affronta un dilemma che dura da quando si sono combattuti i primi conflitti nella Storia. Ciò che conta, realmente, sono gli uomini che brandiscono le armi, non queste ultime. La forza d’animo come elemento decisivo è un elemento ricorrente nella dottrina filosofica militare asiatica: basti pensare ai giapponesi che volevano continuare la guerra contro gli Alleati anche dopo il lancio delle Bombe Atomiche di Hiroshima e Nagasaki.
Come governare la Cina?
“Ora, la Guerra Popolare di Liberazione è stata fondamentalmente vinta e la maggior parte delle persone nel paese è stata liberata”. Così si espresse Mao nel suo discorso per la proclamazione della Repubblica. Era venuto il momento di governare, ma in quale modo?
“Le classi combattono tra loro, alcune hanno la meglio, altre la peggio. Così accade nella storia della civilizzazione da centinaia di anni”.
Nella versione marxista della Storia, il motore di quest’ultima è in sostanza spiegabile attraverso una lotta incessante tra le classi. Dopo la monarchia, l’aristocrazia e la borghesia deve arrivare il turno delle classi sfruttate: gli operai e, per Mao, i contadini.
“Colpirne uno per educarne cento”.
La paura può essere un’arma molto convincente nell’inculcare l’obbedienza nel popolo. Se si colpisce una persona, secondo Mao Zedong, si potrà “educare” un numero molto maggiore di cittadini, i quali colpiti dalla paura, non opporranno resistenza nelle decisioni prese dal governo.
“Non dispiacerti di ciò che non hai potuto fare, rammaricati solo di quando potevi e non hai voluto”.
Le decisioni politiche, e non solo, devono essere prese quando è possibile realizzarle. Scegliere il momento giusto per l’azione è fondamentale per raggiungere lo scopo prefissato.
“Tutti i reazionari sono delle tigri di carta”.
Non bisogna temere i capitalisti perché, secondo la concezione comunista, non rappresentano una minaccia reale. La Storia è dalla parte degli operai e dei contadini, sono loro ad avere diritto ora alla conquista e alla gestione del potere, non la borghesia sfruttatrice.
Concludiamo l’articolo con un altro aforisma del Grande Timoniere, perfetto per comprendere la Cina di oggi e quella di ieri: “Senza contraddizione non c’è vita”.