Come Roberto Mancini ci ha fatto innamorare della Nazionale in 34 partite

Roberto Mancini

Roberto Mancini ha fatto un vero e proprio miracolo: è stato in grado di riavvicinare l’Italia alla sua Nazionale di calcio

E’ il 13 novembre del 2017. Paolo Gentiloni è il presidente del Consiglio dei ministri, Donald Trump è il presidente degli USA e bisticcia con la Corea del Nord.

E’ il 13 Novembre del 2017, siamo a San Siro, sulla panchina della Nazionale di calcio italiana siede Gian Piero Ventura, e tutto va male. C’è la più cocente delusione della storia del calcio italiano: Italia-Svezia finisce 0-0 e gli scandinavi strappano il pass per i mondiali del 2018, relegando l’Italia a vederli dal divano. Il sistema calcio italiano è nello sconforto, e mai come in questo momento i tifosi azzurri sono stati così disinnamorati della Nazionale. Ventura viene sollevato dall’incarico, seguono mesi di lunghe riflessioni, finché nel mese di maggio del 2018 viene nominata la nuova guida tecnica: Roberto Mancini.

Risollevarsi dalle ceneri

L’arrivo di Roberto Mancini provoca una strana sensazione. Nell’inconscio dei tifosi azzurri agisce ancora l’atroce delusione di novembre. A livello affettivo, il pathos emozionale non trova in alcun calciatore italiano un degno rappresentante. Il calcio d’Italia – non in Italia – sembra essersi fermato quella sera di novembre a San Siro.

E’ il 14 maggio 2018, ed ecco l’ufficialità del nuovo ct, Roberto Mancini; le cose iniziano ad andare meglio – ma non lo sappiamo ancora. Perché l’accoglienza è fredda, tra poco meno di un mese iniziano i mondiali e noi non siamo lì, cosa vuoi che ce ne freghi di chi sarà il nuovo allenatore. Il Mancio si trova, dunque, ad avere a che fare con una diffidenza che si veste da indifferenza, con poca scelta e una generazione che ha partorito pochi talenti da prestare alla causa. Un po’ lo immagino di fronte allo specchio mentre sistema con la pinzetta le sue curatissime sopracciglia chiedendosi: “E mo’ che faccio?“.

L’obiettivo è ridare credibilità

Ci è toccato vedere i nostri simpatici vicini mangia-baguette sollevarci sul muso la Coppa del Mondo mentre eravamo intenti a crogiolarci sui nostri divani. Non una cosa estremamente piacevole. Mancini non parte benissimo: tra le amichevoli e la Nations League raccoglie risultati misti. Ma c’è la sensazione che voglia portare qualcosa di nuovo. Ma i cuori azzurri sono ancora troppo assopiti in un torpore ferito.

E’ il 10 ottobre 2018, a Genova, a poco meno di un anno da quella notte San Siro. C’è un’amichevole di poco conto contro l’Ucraina. La partita non è entusiasmante e viene pareggiata 1-1. Perché è così importante? Perché da quel momento l’Italia non perderà più. Segue un’eccezionale percorso di qualificazioni ad euro 2020: 10 vittorie su 10, segna tanto (37 gol) e gioca bene. Inserisce giocatori giovani come Zaniolo, li affianca ai senatori, punta su tutte le risorse a disposizione. L’Italia inizia ad attirare l’attenzione.

La credibilità ritrovata

Anche i tifosi più scettici si avvicinano ad Euro 2020 con un pizzico di entusiasmo, con una positiva voglia di “vediamo cosa sappiamo fare”. Supera agevolmente il girone, un po’ più a fatica l’Austria, meglio il Belgio e va in finale superando la Spagna ai rigori. Li ha già conquistati tutti, il Mancio.

Il grande merito di questa gestione tecnica è di aver riavvicinato i tifosi all’Italia. Se guardiamo con fiducia al Mondiale del 2022, lo dobbiamo a Roberto Mancini e al suo staff, al suo coraggio e alla sua tenacia. La forza di cambiare il DNA di una nazionale storicamente reattiva trasformandola in una squadra proattiva di qualità e dinamismo. Oltre alla capacità di cementificare un gruppo di bravi ragazzi che si riconosce in se stesso.

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