Santa Maria Capua Vetere: “li abbattiamo come vitelli”. 52 arresti tra agenti e funzionari

Santa Maria Capua Vetere

Un ispettore del reparto Nilo e sette agenti della penitenziaria sono finiti in carcere, altri 18 ai domiciliari

Obbligo di dimora per tre ispettori e sospensione dell’esercizio del pubblico ufficio per altri 23 soggetti, tra cui il provveditore campano Antonio Fullone. Accusati a vario titolo delle violenze avvenute lo scorso anno nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

È di 52 misure cautelari, a cui vanno aggiunte le sospensioni, il bilancio del blitz che dalle prime ore di questa mattina vede impegnati i carabinieri di Caserta nei confronti di agenti e funzionari del carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Si tratta di personale in servizio, con diverse mansioni, presso il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria della Campania. Nello specifico, i fatti sarebbero avvenuti nel penitenziario di Santa Maria Capua Vetere. Durissime le contestazioni: tortura pluriaggravata, lesioni personali pluriaggravate, falso in atto pubblico, maltrattamento aggravato, calunnia, frode processuale, depistaggio e favoreggiamento personale.

Questa la corposa sfilza di reati contestati a vari appartenenti ai reparti di polizia, polizia penitenziaria e funzionari di vario livello dell’apparato amministrativo penitenziario campano.

Le rivolte dello scorso anno

In particolare, si è trattato della reazione “istituzionale” alle rivolte di aprile dello scorso anno. Mentre l’Italia si trovava nel pieno dell’emergenza da Coronavirus, nelle patrie galere si diffondeva il malcontento e la frustrazione per la mancanza di interesse delle istituzioni nel prevenire la diffusione del virus in un ambiente, quello carcerario, che per sua natura impedisce il rispetto delle basilari norme sul distanziamento sociale.

Come una scintilla, le rivendicazioni – legittime – da parte dei reclusi, si sono diffuse a macchia d’olio in tutta la Penisola. Da Bologna a Foggia, quasi ovunque si sono registrati tensioni e scontri tra forze dell’ordine e detenuti. Le proteste sono rientrate nei giorni seguenti, non senza una scia di polemiche, tanto sulle cause che hanno portato ai disordini, quanto sulle modalità con cui si è riportato l’ordine all’interno della struttura.

Cosa è successo a Santa Maria Capua Vetere

Stando a quanto si è appreso nel caso del carcere di Santa Maria Capua Vetere, circa 150 detenuti preoccupati per la diffusione del contagio, hanno inscenato una protesta occupando sei sezioni del penitenziario. La rivolta si placa solo a tarda notte, con l’impegno da parte della direzione ad effettuare lo screening per rilevare il numero di positivi presenti.

Il giorno successivo, il provveditorato organizza una perquisizione straordinaria nei confronti di quasi 300 detenuti della sezione Nilo. Nel carcere casertano entrano 283 agenti, tra appartenenti al corpo penitenziario ed altri al servizio del provveditore regionale per la Campania. Gli agenti, a questo punto, avrebbero costretto i detenuti a sfilare tra i corridoi della sezione, o fatti inginocchiare mentre ricevevano calci, pugni e manganellate. Tutto rigorosamente da dietro, per non farsi riconoscere in viso.

Lo stesso gip, nell’ordinanza, definisce i fatti del 6 aprile 2020 come una “orribile mattanza”. Le indagini dei carabinieri di Caserta, sono coordinate del procuratore aggiunto Alessandro Milita e dai sostituti procuratori Daniela Pannone e Alessandra Pinto, mentre l’accusa è in mano alla procuratrice Maria Antonietta Troncone.

Le chat tra poliziotti

“Li abbattiamo come vitelli”. Questo il contenuto di una delle frasi shock ricavate dall’analisi delle chat utilizzate dai poliziotti per organizzare l’incursione al penitenziario di Santa Maria Capua Vetere. Ma non è tutto. Gli agenti pare volessero organizzare minuziosamente la “mattanza”. In uno dei messaggi a disposizione, inviato il giorno delle rivolte, si legge un soggetto istruire i colleghi affinché si presentino con “chiavi e piccone in mano”. Per poi concludere con “li abbattiamo i vitelli. Domate il bestiame”.

Le denunce e l’indagine

Già nei giorni successivi, i familiari dei reclusi denunciano quanto trapelato dal penitenziario sammaritano. La procura avvia subito un’inchiesta e acquisisce le registrazioni delle telecamere a circuito interno.

E oggi arrivano i primi arresti per una vicenda che, se dovesse essere confermata, sarebbe l’ennesima prova della necessità di riformare il sistema giuridico e penitenziario, anche e soprattutto “dall’interno”.

Le parole del garante regionale

E in questa direzione vanno le dichiarazioni del garante regionale per le persone private della libertà, Samuele Ciambriello, che ha commentato la vicenda sottolineando che “qui non si tratta di nuocere al corpo di polizia penitenziaria. Le mele marce però vanno individuate e messe in condizioni di non screditare il corpo cui appartengono”. E conclude: “Va fatta giustizia, senza se e senza ma”.

Link agli archivi dell’associazione Antigone: https://www.antigone.it/

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