SIC EST: il documentario dal cuore napoletano di Filomena Carillo e Flavio Ricci. In anteprima alla 19° edizione dell’Ischia Film Festival
Israele, Francia, Finlandia, Cina, Stati Uniti, Polonia, Portogallo e Italia. Quest’anno ben otto paesi si contenderanno il premio per il miglior film alla 19esima edizione dell’Ischia Film Festival. L’edizione si terrà in formula ibrida – in presenza ed online – dal 26 giugno al 3 luglio sull’isola verde e Covid free, precisamente nei suggestivi spazi del Castello Aragonese d’Ischia. Nel programma dell’evento, reso noto circa una settimana fa, tra i tanti film che verranno proiettati in anteprima italiana e/o mondiale all’Ischia Film Festival, c’è il documentario tutto partenopeo SIC EST. Prodotto da Maestri di Strada Onlus e Associazione Tycho, diretto da Flavio Ricci e con la sceneggiatura di Filomena Carillo, il film verrà presentato oggi, giorno d’apertura del Festival, in prima serata alle h. 21.00 alla Casa del Sole.

Sic est: questo è… QUESTO SEI
Sinossi. Daniele ha 18 anni ed è arrabbiato. Lavora 14 ore al giorno in una pizzeria per soli 20 euro e pensa che le cose non cambieranno mai. Mauro vuole assolutamente conoscere il mondo e guarda oltre i palazzoni di Ponticelli. Arianna è sopravvissuta a un dolore senza voce che l’ha segnata da bambina. Ma ora è determinata: ha deciso di iscriversi alla facoltà di scienze politiche e vuole vivere in centro città.
Lucia ha solo 15 anni, ha una passione per la danza e viene dal Lotto O, che tutti però chiamano Lotto Zero, scambiando la lettera per il numero, a suo dire perché da lì “nulla comincia e nulla finisce”. L’altra Lucia, invece, più grande di lei, si è sempre vestita di nero per paura di sentirsi inadeguata, eppure ora ha deciso di sfoggiare un bell’abito giallo. Per l’occasione, la truccherà Patty, un’altra ragazza che, come tutti loro, ha rischiato di abbandonare la scuola e perdersi in quel limbo di noia e precarietà che annienta molte giovani vite in periferia. E poi c’è Carmine che, seppur non ne vuole sapere di parlare, sta diventando un ottimo educatore e studia l’arte del mimo.

La periferia è uno stato d’animo
Questa è la storia di alcuni ragazzi dei quartieri periferici di Napoli Est: Ponticelli, San Giovanni e Barra. Alcuni ragazzi che, mentre si raccontano, mostrano quel mondo emarginato e pre-giudicato in cui si è tanto giovani, tanto incoscienti e tanto spavaldi. Con le loro storie spiegano che “la periferia è più uno stato d’animo che una vera zona geograficamente limitata. La periferia è più negli occhi di chi li guarda che nei loro occhi. Sono solo giovani che sognano e desiderano risorse e opportunità per realizzarsi, che vogliono crescere e serenamente stare al mondo per, magari, cambiarlo.”
In questa “realtà compromessa”, la scuola è un territorio di frontiera, il confine preciso che divide il mondo “reale” della strada da quello “irreale” delle aule. In quest’ultimo mondo ideale, fatto di regole e parole, gli educatori cercano di aiutarli a farsi strada, o meglio un ponte, che li porti fuori da lì. E lo fanno educandoli alla scoperta di se stessi e delle passioni nascoste. Ed è proprio ciò che fa da sette anni l’Associazione Maestri di Strada Onlus: il lungometraggio, infatti, oltre a porre sotto i riflettori una realtà spesso dimenticata o ignorata, testimonia anche l’impegno sul territorio di Maestri di Strada.
“Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo,
gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo“.

Il diritto di essere ciò che si è
“Quello che ne è derivato è una geografia sentimentale del territorio, differente dal contesto quotidiano che chiede, spesso con incessante insistenza, di diventare estranei ai propri desideri per soccombere alla paradossale logica del bisogno, della forza e della rivendicazione ad ogni costo. Qui, invece, l’unica rivendicazione presente è quella di poter raccontare se stessi, anche attraverso la realizzazione nel proprio mestiere o nell’espressione del proprio talento. Le loro azioni – spesso performative – e le loro parole, hanno il potere di trasformare la percezione di sé e dei quartieri in cui vivono.”
Tra interviste frontali, riflessioni e momenti di performance art dei ragazzi (danza, canto, poesia, mimo e altro), Sic Est racconta storie di vita vera, di cambiamento e crescita e, soprattutto, della forte consapevolezza di poter essere liberi di essere ciò che si è.
