La scorsa primavera le reazioni sono state varie e contrastanti: non tutti hanno tirato un sospiro di sollievo nella rinnovata possibilità di uscire
La sindrome della capanna: cos’è?
La sindrome della capanna, detta anche sindrome del prigioniero, è un malessere che ha colpito molte persone nell’atmosfera immediatamente successiva al lockdown.
Può sembrare strano, ma a coesistere con i numerosi assembramenti ci sono state, secondo le stime, circa un milione di persone che presentano difficoltà a riprendere ad uscire.
Si tratta di uno stato di ansia causato dall’allontanamento dalla “comfort zone” domestica.
Separarsi dal “nido” -con tutte le componenti che lo caratterizzano- non rappresenta un sollievo per quanti ne sono affetti ma l’esposizione a un pericolo. Chiaramente in questo contesto, il nemico è perfettamente impersonato dal Covid-19.
Come si manifesta la sindrome della capanna
Nel rinnovato clima di precarietà che viviamo in questo secondo semi-lockdown, è bene dare spazio al problema.
Il soggetto affetto da questa sindrome, manifesta disagio nell’abbandonare la propria zona sicura per riprendere le proprie attività, che siano esse legate al lavoro o al semplice diletto.
La sindrome si manifesta dopo un protratto periodo di alienazione dalla realtà quotidiana. Si tratterebbe, quindi, di una semplice reazione di adattamento. Il meccanismo è simile a quello che caratterizza molte altre sindromi, come ad esempio quella di Stoccolma: assuefazione ad abitudini potenzialmente dannose. Abitudini che si fatica ad abbandonare perché conosciute e percepite come sicure.
Tra i sintomi più tipici, ritroviamo la mancanza di motivazione nel compiere i gesti più semplici e una crescente angoscia nella possibilità di trovarsi all’esterno. A questi bisogna aggiungere una serie di conseguenze sul piano motorio: pigrizia e riduzione della mobilità fisica.
La percezione dell’esterno alimenta la sindrome
A contribuire a questo stato di angoscia, c’è sicuramente la percezione che abbiamo avuto del mondo esterno durante il lockdown: le informazioni penetravano nella nostra “area protetta” filtrate dai mass media, i quali dipingevano l’esposizione all’esterno come potenzialmente fatale.
Chiaramente, ciò che colpisce la psiche dell’affetto è semplicemente l’idea di una dimensione estranea e incontrollabile, che va a contrapporsi con lo scenario protetto in cui si vive.
L’insidia più dannosa, è sicuramente il timore nell’avere rapporti sociali: l’isolamento non fa che incrementare i sintomi di angoscia della sindrome.
La sindrome della capanna: una semplice reazione di adattamento
La sindrome della capanna scaturisce dall’incapacità di controllare il contesto in cui ci si trova. Più a lungo si asseconda questa condizione, più difficile sarà venirne fuori. Bisogna, dunque recuperare più velocemente possibile le proprie energie, tanto mentali quanto fisiche.
Nella maggioranza dei casi questo dannoso meccanismo viene scardinato nel giro di tre settimane, diventando progressivamente più gestibile.
Alcuni utili consigli per affrontare la sindrome della capanna
Ciò che consigliano gli esperti, è sicuramente riuscire a riprendere più velocemente possibile la consuetudine a frequentare il mondo esterno, ma con gradualità: iniziando da luoghi conosciuti, in cui ci si sente a proprio agio e in compagnia di persone fidate. Anche i tempi possono allungarsi progressivamente.
Inoltre è scientificamente provato che riprendere l’attività fisica, aiuti a ritrovare l’entusiasmo. La forma fisica è di fondamentale importanza per essere a proprio agio.
Infine è bene mantenersi informati, ma senza esagerazioni: occorre documentarsi sempre e solo da fonti pienamente affidabili.
Le conseguenze delle informazioni superficiali, sono state piuttosto evidenti in diversi ambiti, occorre selezionare.
Una volta seguiti questi consigli, è bene ricordare che, già da molto prima del Covid-19, esistevano moltissimi pericoli e minacce a cui eravamo – e siamo ancora- esposti quotidianamente. Bisogna concentrare il proprio pensiero sulla giornata ed eliminare preoccupazioni inutili. L’incontrollabile resterà tale in qualunque caso.