Suicidio a Torino: migrante pestato

Suicidio

Il migrante di Ventimiglia si è tolto la vita nella notte tra sabato ventidue e domenica ventitré

Pestato a Ventimiglia un giovane migrante originario della Guinea. Era in Italia alla ricerca di una vita migliore. È stato accusato da alcuni italiani di aver rubato un telefonino; i tre l’hanno inseguito fino a far cadere il giovane. Il pestaggio è stato registrato dalle telecamere di sicurezza, ed è avvenuto con armi illecite. Calci, bastonate, così Musa Balde (questo il nome del giovane) è stato aggredito. Successivamente è stato trasportato al pronto soccorso con una prognosi di dieci giorni e dopo esser stato dimesso, è stato portato in un centro di accoglienza sito a Torino. Ha scelto il suicidio come via d’uscita.

Non rimarrò a lungo qui dentro

Le condizioni fisiche e psicologiche di Musa erano critiche. Aveva parlato con il suo legale (Gianluca Vitale), dicendogli: “non rimarrò a lungo qui dentro”. A causa delle sue condizioni di salute è stato posto in isolamento, al Cpr (Centro di permanenza per il rimpatrio) e si è impiccato nella sua stanza con un lenzuolo bianco. La sua vita era diventata insostenibile, chiuso in una sorta di “galera, un lager”. È così descritto il centro, delle vere e proprie stanze asettiche dove sono presenti arabi e uomini di colore. L’accusa di furto è stata da lui respinta difendendosi, ha affermato di star chiedendo elemosina.

Flash mob per Musa Balde: no al suicidio!

A Imperia è stato così organizzato un flash mob per solidarietà, per sensibilizzare a favore di questi migranti sempre discriminati. In piazza Dante ad Imperia, uno dei rappresentati ha dichiarato:

Oggi non è una posizione di solidarietà, ma una posizione che si fonda sulla rabbia, perché oggi c’è una persona in meno al mondo e questo accade per colpa di leggi atroci che di anno in anno sono diventate sempre più spietate.[…] Per noi è incomprensibile che tu possa essere picchiato e finire pure in galera, perché i Cpr sono galere, lager. E quindi uno possa subire un torto venti volte. Noi siamo qua perché a Mussa abbiamo voluto bene. I ricordi sono personali. Abbiamo subito censure e toccato con mano la voglia di fermare esigenze di libertà ed eguaglianza e se siamo arrivati a questo punto è per una responsabilità collettiva delle persone più coscienti. Anche di quelli come noi”. 

Francesco Scopelliti

La storia di una brutalità

La sua non è una mancanza sorda, infatti il sostegno è arrivato dai componenti dell’associazione “la talpa e l’orologio”. Questi ultimi si occupano dell’accoglienza dei migranti. Queste persone sono scese in piazza per gridare contro la brutalità e il razzismo. Il ragazzo, era già stato espulso dall’Italia precedentemente perché irregolare. Al giovane è stato mostrato il video dell’aggressione e da lì Balde non ha avuto pace. Non è riuscito a sopportare il fatto che sarebbe probabilmente stato traghettato nel suo paese d’origine.

Suicidio in nome della libertà

Musa Balde è un ragazzo originario della Guinea, sottoposto a continue minacce e discriminazioni. Egli, come tutti gli uomini che provengono da paesi diversi a milioni di chilometri dalla loro patria natale, in cerca di un futuro migliore. Ed è proprio ciò che stava facendo Musa, lottava perché a ventitré anni aveva una vita davanti, mentre il razzismo, la xenofobia, l’hanno spinto ad un gesto estremo, il suicidio. Che un giovane ragazzo non dovrebbe mai compiere, sebbene in preda a un disastro fisico e psicologico. Siamo purtroppo i componenti di un Paese dove il razzismo è all’ordine del giorno e la tutela di queste persone è in balìa della crudeltà delle persone. L’unica vittima è il giovane migrante, al quale probabilmente non sarà neanche fatta giustizia, in quanto i tre aggressori sono solo domiciliati e tale magma di odio continuerà ad esistere e penetrare nell’ideologia della civiltà odierna.

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