Sono passati due giorni da quel che è sembrato un golpe da parte delle 12 squadre della Superlega, ma il clima è tutt’altro che sereno
Quant’è bella la domenica per chi ama il calcio: di mattina si sveglia, dà una sbirciata in cucina, si mette addosso due stracci, va a farsi un aperitivo, torna a casa alle 12:30 e parte con l’anticipo. Poi prosegue con un abbondante pranzo familiare, si svacca sul divano e dalle 15:00 fino alle 23:30 non c’è per nessuno. Ma l’ultimo bivacco domenicale è stato disturbato dall’annuncio della Superlega. Nelle 48 ore successive l’opinione pubblica si è spaccata. Un esempio è il caos Superlega tra i tifosi del Chelsea.
Una competizione divisiva
In 48 ore ne abbiamo sentite di ogni: UEFA e FIFA che minacciano l’esclusione dalle rispettive competizioni le società irridenti della Superlega. Ex giocatori che ne chiedono la retrocessione e, meno frequentemente, qualche spunto di riflessione interessante. Certo, ci siamo sorbiti anche i pipponi retorici sul calcio che era e che non è più, ma credo che sia anche ora di chiuderli negli sgabuzzini dei boomer. Sembra che nell’odierna società occidentale non si possa uscire dalla binarietà delle opinioni: puoi essere a favore della Superlega oppure contro. Ovviamente nel primo caso sei uno che odia lo sport, nel secondo un comunista. Beh, ho banalizzato. Ma è davvero così: nella pochezza culturale del dibattito sportivo italiano, si fa la corsa per etichettare. Tanto poi nessuno se ne frega di cosa stia realmente accadendo.
Le cause della Superlega
A prescindere dal fatto se si farà o meno questa competizione, va detto che la UEFA avrebbe dovuto e potuto intervenire prima. Il Financial Fair-play (uno strumento per l’auto-sostentamento finanziario) ha compiuto 10 anni.
In questa decade, mai come prima, abbiamo assistito in ambito nazionale ed internazionale allo scavo di un solco profondo tra le squadre che hanno i soldi e quelle che ne hanno meno. Nato per impedire investimenti folli, ha creato l’humus perfetto per far sì che le grandi potessero aggirare l’ostacolo e diventare ancora più forti. Con quali strumenti? Plusvalenze fittizie, finanza creativa, iper-valutazioni. Un castello di carte che attendeva soltanto una folata di vento per cadere. Ed è arrivata con il covid-19. Niente stadi, niente soldi, ritardi nei pagamenti degli sponsor e dalle televisioni: da un giorno all’altro le maggiori società di calcio europeo si sono trovate senza introiti con un sacco di soldi da pagare. La torta offerta dalla UEFA per la Champions League è di 1,95 miliardi di euro da distribuire tra le squadre che vi partecipano. La vincitrice della coppa guadagnerebbe 82,2 milioni di euro più una parte variabile data dal market pool e dal ranking. Per i 12 club della Superlega non è abbastanza.
Pro e contro della Superlega: il caos Superlega generato dai tifosi del Chelsea inasprisce il dibattito
La stima dei ricavi da redistribuire per le venti squadre che dovrebbero partecipare alla Superlega, è di 4 miliardi annui. Più ricavi, meno squadre. Ed è un primo punto a favore. Il secondo è senza dubbio il fatto che non ci sia alcun rischio per i membri fondatori di rimanervi fuori: ciò significherebbe avere introiti alti e fissi ogni anno, garantendo continuità di investimenti grazie alle risorse. Ma questo comporta anche una grande macchia per l’etica sportiva: è giusto che un club partecipi ad una competizione per diritto dinastico?
Ritengo sia questa la grande pecca della Superlega: un sistema chiuso e piatto in cui, alla lunga, le stesse squadre si affronterebbero fino alla noia. Quindi, sembrerebbe una “rivoluzione” totalmente economica di salvaguardia dei club fortemente indebitati che, negli anni, per colpe loro e degli organi di controllo, hanno adottato una gestione societaria scriteriata. Ma il problema del calcio europeo è risolvibile soltanto con maggiori introiti? Con il lievitare dei ricavi, si alzeranno anche i costi? Se così fosse, non ci sarebbe Superlega che tenga: andrebbero prima ridotti i costi di gestione, come suggerisce Karl-Heinz Rummenigge.
Caos Superlega: protesta dei tifosi del Chelsea. Si va verso la sospensione del progetto
È nel caos, la Superlega, per via dei tifosi del Chelsea. Hanno bloccato il pullman della squadra e la protesta è diventata molto calda. In seguito ai tafferugli, si parla già di una possibile rescissione contrattuale del Chelsea nei confronti della Superlega. Dopo il rifiuto del Bayern Monaco e la non chiara posizione del PSG, Florentino Perez e Andrea Agnelli potrebbero perdere un altro alleato. Nelle ultime ore anche il presidente del Barcellona Joan Laporta ha fatto intendere che i negoziati con la Superlega sono tutt’altro che terminati. Dopo le proteste dei tifosi, le parole di Klopp e Guardiola, i dubbi dell’opinione pubblica, in Inghilterra nella serata di ieri le sei squadre britanniche affiancate dall’Inter in Italia hanno avviato le pratiche per l’uscita dalla competizione. Sembra che la “rivolta” si stia sgretolando. Insomma, tra tanti dubbi e molte illazioni, la Superlega ha sconvolto il calcio gettandolo nel caos. La risoluzione più prossima sembra sia il congelamento del progetto, ma la speranza dei tifosi dovrebbe essere una sola: che si trovi un accordo tra le parti, che i club e gli organi del calcio maturino una collaborazione più sana economicamente e più produttiva qualitativamente; perché il calcio sarà pur in mano ai ricchi, ma chi lo anima con la passione (e i “pochi” soldi) è sempre la gente comune.