Dal 1° dicembre la Sony distribuirà nelle sale italiane “The Woman King”, pellicola con protagonista Viola Davis
“The Woman King”, pellicola diretta dalla regista statunitense Gina Prince-Bythewood, uscirà nelle sale italiane giovedì 1° dicembre, distribuito da Sony Pictures. Il film, co-prodotto da TriStar Pictures ed Entertainment One, vede tra i produttori l’attrice Viola Davis, anche protagonista di questa pellicola che porta sul grande schermo le vicende, spesso romanzate, delle guerriere africane per eccellenza: le Amazzoni del Dahomey.
Breve trama di “The Woman King”
Il film racconta le complesse vicende del Regno del Dahomey, oggi Repubblica del Benin, all’inizio del XIX secolo: un paese dove combattevano per il loro sovrano sia uomini sia donne. Nanisca (Viola Davis) è il comandante in capo di un’unità militare tutta al femminile, che nella lingua Fon è indicata come Agojie, Mino (le nostre madri) o Ahosi (mogli del re).
Il generale cerca di assistere il suo sovrano, Re Ghezo (interpretato da John Boyega), nella lotta contro l‘Impero Oyo e gli schiavisti europei, rappresentati in “The Woman King” da Santo Ferreira (Hero Fiennes Tiffin). Oltre alla Davis, grande interpretazione dell’attrice sudafricana Thuso Mbedu, che interpreta Nawi, guerriera dal ruolo molto importante nel film.
Le Amazzoni del Dahomey

Uno dei pregi più notevoli di “The Woman King” consiste nell’aver portato al cinema una vicenda africana poco nota al pubblico, ma di grande importanza storica. Le donne guerriero del Regno del Dahomey sono riuscite a conquistare un posto nell’immaginario collettivo del Benin, e non solo.
La storia delle Agojie è strettamente connessa al Dahomey: sembra che sia stato il terzo Re di quel grande regno africano, Houegbadja (sovrano dal 1645 al 1685) ad aver riunito il primo gruppo di guerriere, le gbeto, allo scopo di cacciare elefanti.
Il loro apogeo, come soldati, avvenne con Ghezo, Re dal 1818 al 1858, quando le Mino furono inviate a combattere con i paesi vicini, per bottino e schiavi da vendere agli europei. Le unità, costituite da donne addestrate sin da piccole, erano formate da cacciatrici, fucilieri, mietitrici, arcieri e artiglieri (utilizzavano fucili Winchester e cannoni).
Per addestrarsi dovevano prendere d’assalto campi trincerati con spine d’acacia e le donne più coraggiose erano segnalate con tre strisce di calce sulla coscia. L’esploratore britannico Richard Francis Burton, che conobbe ben le Amazzoni del Dahomey, riporta il discorso di una di loro, tenuto durante una parata militare nel 1850, che tradisce bene la loro forma mentis:
“Come il fabbro prende la barra di ferro e col fuoco ne cambia forma, così noi abbiamo mutato la nostra natura. Non siamo più donne, siamo uomini.”
Visto poi che diverse di loro non avevano marito (era vietato sposarsi durante il periodo di permanenza nell’esercito) si allestì per loro un gruppo di prostituti.
I bianchi combatterono contro questi temibili avversari durante la prima (1890) e la seconda (1892-1894) guerra franco-dahomeiana: i francesi vinsero per le armi più moderne ma rimasero completamente scioccati dall’impiego in guerra di queste disciplinate donne.
La Francia conquistò il Dahomey ma rimase affascinato da queste donne guerriere ricordate così bene in “The Woman King”.